mercoledì 9 febbraio 2011

GOLD - Capitolo n. 60

Capitolo n. 60 – gold



Kevin si passó le mani nei capelli, abbozzando un sorriso, poco convinto – “Daddy mi dispiace… io pensavo che…”
Guarda, non sono arrabbiato con te, ma vorrei davvero capire cosa pensavi che accadesse. È stata una prova?”
Geffen era seduto alla scrivania del suo ufficio, a metá di quel mattino in cui non sapeva dove Jared fosse finito, collegato via web cam con il compagno.
“Ma è andato a casa…?”
“Non cambiare discorso Kevin.” – disse deciso.
“E meno male che non sei incazzato con me… non sembra proprio…”
“Kevin!”
“Non era una prova del cazzo, accidenti!” – esclamó strizzando le palpebre, nascondendo gli occhi lucidi.
Glam sprofondó nella poltrona – “Come siamo arrivati a questo punto… Io… io me lo chiedo di continuo…”
“Daddy io non volevo che tu soffrissi… io volevo…non lo so neppure io… so solo che vorrei non perderti Glam…”
“Avete ingabbiato il mio cuore, in una di quelle morse medioevali, che se mi muovo appena mi stritola… qualunque cosa faccia sbaglio. Tu stai male, Jared sta male, io sto anche peggio, hai ragione, non è una prova, è una gara a questo punto.”
“Daddy guardami…hai… hai l’aria di uno che vuole decidere e tagliarci fuori tutti… e… e mi spaventi.”
“Kevin tu hai il diritto di fare ció che ti piace e se questo vuole dire andartene per il pianeta a suonare, a me sta bene, posso aspettarti, come tu facevi nella nostra casa a Los Angeles, mentre io ero in udienza o in studio, con l’unica differenza che eravamo abbastanza vicini da raggiungerci in pochi minuti…L’amore fa superare le distanze, la lontananza… E potevo anche non credere nel tuo ritorno, potevo anche non darti fiducia, ma avevo delle garanzie precise e non le ho rispettate. Jared è piombato qui ed ha spezzato tutte le mie certezze, ha demolito il legame che mi univa a te ed io l’ho aiutato a farlo.”
“Glam lui ti ha solo ricordato quanto lo amassi… e quanto lo ami anche ora, in un modo in cui non hai mai amato nessuno… neppure me. Lo hai scritto, ricordi?”
“Certo che lo ricordo Kevin, cosí come ricordo il tuo valore e quanto sei migliore di Jared, glielo ho detto.”
“Potrei essere la persona migliore del pianeta, ma non mi amerai mai nello stesso modo.” – disse con amarezza, sconfortato e deluso.
“Vorrei che tu fossi qui per dimostrarti che non è cosí Kevin.” – ribatté risoluto Glam, che lo sentiva sfuggirgli tra le dita, come acqua, come vento, oppresso da un dolore in mezzo al petto, che gli toglieva il respiro.
Seguí un silenzio assurdo.
“Kevin…”
“Lui tornerá sempre da Colin… ed io verró… verró sempre dopo Jared…È come il centro di mondi troppo lontani… adesso…” – sembró spegnersi, come l’immagine dentro al monitor, che lasció il posto al logo di Msn.
L’ansia si impadroní di Glam, che dovette prendere un calmante, per poi chiedere aiuto a Sebastian.
Lui corse, misurandogli la pressione e contando le pulsazioni – “Cosa è successo? Non dovresti venire al lavoro, il tuo organismo è ancora debole.” – lo rimproveró, senza immaginare il dramma che rivestiva i pensieri di Geffen, come una pellicola scura e soffocante.
Si stabilizzó.
“Grazie dottore…”
“Ora ti accompagno a casa.”
“No… no mi sono trasferito qui.”
“Cosa? Non lo sapevo… scusa, ma perché non vai da Pamela?”
“Forse… forse domani, oggi rimango qui.”
“Va bene Glam. A proposito, da me c’è Syria, posso farla passare a trovarti?”
“Certo… come sta?”
“Bene, se non fosse per questa anemia… e poi anche il suo sistema cardiovascolare è delicato, ma ha molto coraggio. Sai dove trovarmi, ho da fare.”
“Ciao Sebastian, ci vediamo.”

La ragazza bussó educatamente e nello stesso modo entró, per poi salutare Glam, steso sul divano, con un sorriso, che sembró sollevarlo da pensieri cupi.
“Ciao piccola, che bella visione…” – disse, tendendole la mano.
Lei sembró stringerla, come un naufrago in alto mare, davanti ad una tavola galleggiante.
“Glam hai un brutto colorito… cosa è successo?”
“Siediti che ti racconto…”
Lei si sistemó, senza lasciare il suo appiglio, dandogli un bacio sulla guancia, che Glam ricambió affettuoso – “E il cucciolo?” – chiese sfiorandole il pancino sempre piú evidente.
“È qui… o… la cucciola…stiamo benino.” – rise, schernendosi.
“Giusto, tutto puó essere.”
“Tu sembri l’unico ad interessarsi davvero alla cosa… Jared è distante, non che mi tratti male, ma non ha nessun… entusiasmo…”
“Forse ti manca la tenerezza e l’attenzione, che ti sarebbero dovute… ed hai ragione.”
“Non pretendo nulla, ma un minimo… Pazienza.” – scrolló le spalle.
“Abbiamo avuto un brutto litigio e non so dov’è o meglio… forse tra poco lo scopriró, aspetto una telefonata… È giusto che tu lo sappia.”
“Eri convalescente da Jared, vero?”
“Sí, ma è stata una pessima idea, avuta per lo piú da Kevin, che non gradiva la mia permanenza accanto a Pamela…”
“Ma Pam come infermiera è molto piú sexy di Jared!” – la sua battuta inaspettata fece ridere Geffen, che le accarezzava i capelli, dandole poi un buffetto.
“Pam è davvero affascinante, ma è solo la madre delle gemelle, un’ottima amica ed una donna che ho amato davvero ed a cui voglio un bene immenso…”
“Ed è l’unica a poterti fare le romanzine…”
“Ah Syria se vuoi provarci, puoi farlo anche tu ahahahah a tuo rischio e pericolo.” – esclamó divertito, interrotto poi dalla vibrazione del cellulare.
Rispose, annuendo con la testa – “Ok Dimitri… ti ringrazio, sei sempre il segugio migliore dell’isola, ci vediamo ciao.”
“Trovato Glam?”
“Trovato… Dai, chiamo un taxi e ti riporto a casa, poi io proseguo, verso il mio … destino. Le cose bisogna affrontarle, passandoci in mezzo, non amo svicolare.”

Shannon posó il mazzo di chiavi nel vuota tasche dell’ingresso, dove notó delle valigie pronte.
Tomo era seduto al centro del living, con una birra in mano, vuota a metá.
“Cosa sono quelle, dove andiamo?” – domandó avvicinandosi a lui, che si alzó, fissandolo.
“Quelle sono le tue cose e non andiamo, tu vai, dalla parte che preferisci, magari dal tuo amante.” – ribatté secco, senza tradire emozioni particolari.
“Tomo sei impazzito?”
“Qui se c’è qualcuno che ha perso la testa quello sei tu Shan ed io non ho voglia di cadere in depressione come Colin ed imbottirmi di sedativi per dormire e stimolanti per stare in piedi! Sono stufo marcio delle tue bugie, dei tuoi silenzi, di passare ore ed ore da solo, perché tu preferisci farti sbattere da qualcuno che ritieni meglio di me!!! Se le cose stanno cosí, vai da lui, VATTENE!!!” – ormai i suoi urli potevano essere sentiti a due isolati di distanza.
Shannon faticava a coordinare le idee, accampare scuse sarebbe stato deleterio, da un lato si sentí come sollevato, dall’altra soffriva come un cane.
“Dov’è nostro figlio…?”
“Nostro?? MIO figlio! È da Vicki, al sicuro! Questa è casa sua e noi non ce ne andremo! Subirá giá abbastanza traumi nel sapere che ha un padre bastardo come te!”
A quel punto Shan gli diede uno schiaffo, al quale Tomo rispose con una successione di pugni, al viso ed all’addome del compagno, che si accasció, sputando sangue.
“Alzati!! Ti spaccherei la faccia, cosí quello stronzo che ti porti a letto vorrá vomitare la prossima volta che vi vedrete!!”
Shan si alzó, senza prendere niente, solo le chiavi, ma appena varcata la soglia, Tomo fece volare i trolley sul pianerottolo, sbattendo la porta.
A quel punto lui le raccolse, tornando in auto, dove scoppió a piangere.
Voleva telefonare a Jared, ma non ne aveva il coraggio.
Pensó che Tomo non avesse capito che era Rice il suo rivale, ma di certo gli avrebbe fatto terra bruciata intorno, a partire dalla End House.
Qualcosa gli diceva che era meglio non correre da Owen, cosí preferí un semplice albergo, avvisandolo comunque sull’accaduto.
Lui si precipitó, per vedere come stava.
Sfiorava le labbra segnate da un piccolo taglio – “Brucia…?”
“No… No Owen… non come il resto di me…”
“Tesoro come posso aiutarti?” – lo strinse.
“Prima o poi doveva succedere… Ora la mia prioritá è Josh…”
“Certo, chiamo l’avvocato e…”
“Ma quale avvocato Owen!Non voglio fare la guerra a Tomo, vorrei solo… vorrei solo dirgli tutto.”
“Facciamolo insieme allora.”
“Owen ascoltami… Tomo non sa niente di noi, non immagina che abbiamo una relazione… In fondo non mi ha lasciato parlare, mi ha aggredito senza darmi anche una sola possibilitá di difendermi…”
“Difenderti?... Tu pensi allora di tornare a casa, come se nulla fosse accaduto, come se… se noi fossimo un… equivoco?!” – disse duramente, negli occhi e nella voce.
“Fammi respirare… se mi ami davvero, non soffocarmi… ti prego… Owen ti prego…” – lo abbracció, angosciato, ritrovando i suoi baci.
Fecero l’amore a lungo, disperatamente.


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