lunedì 7 febbraio 2011

Capitolo n. 57 – gold



La lavanda gastrica fu tanto risolutiva quanto devastante per Colin, che supplicó i tre amici di non dire niente, soprattutto a Jared.
Simon annuí, tornando nel corridoio, mentre Jude e Robert, dopo avere promesso di tacere, se ne andarono in bagno a lavarsi i volti stravolti.
Law inizió a piangere, dando calci ai getta carte in metallo.
Downey lo lasció sfogare, poi, avvicinandosi con cautela, posó le mani sulle spalle del compagno, provando a calmarlo – “Colin non fará la fine di Gary…” – “Lo pensi davvero, Rob?!” – domandó esaurito e stanco.
Gary Bloom era un attore teatrale di enorme talento. Lui e Jude erano amici fraterni: si confidavano su tutto, soprattutto sulle rispettive vicende amorose.
Se per Law, le avventure in cui si cacciava erano lascive e divertenti, le emozioni di Gary erano a tratti penose: innamorato di un impresario londinese, che teneva alle apparenze, piú che a lui, senza risparmiargli umiliazioni a ripetizione, difendendo con ipocrisia il focolare domestico, una moglie e due figli infelici, che in realtá lo odiavano, ma assecondarlo aveva il proprio tornaconto.
Solo Gary lo adorava senza secondi fini, ma a quell’idiota non bastava mai.
La vigilia di un Natale fu l’occasione per tentare l’impossibile: Gary si presentó a casa dell’amante, ma fu insultato a tale punto da non riuscire a superare la notte, senza ubriacarsi e poi bucarsi.
Il ragazzo non era un eroinomane e cadde nelle fauci di un mostro senza scrupoli: roba tagliata male, con della stricnina, il sergente che informó Jude, arrivato per primo all’alloggio di Gary, in pena per il suo silenzio, sembrava pronunciare una tiritera incolore.
Law colse il disprezzo negli occhi del poliziotto, che scrutava le foto di Gary insieme al compagno, capendo la situazione, senza avere alcun rispetto di lui e di ció che non conosceva.
“Tesoro… andiamo a casa… sei a pezzi… Ti prego Jude.”
Lui si voltó di scatto, stringendolo forte.
“Sei… sei tutta la mia vita Rob… Ti amo cosí tanto…”
“Lo so piccolo… ora vieni via con me.”

Geffen fissava la gente giú in strada, presa in mille impegni giornalieri.
Aggrottó la fronte, massaggiandosi la gamba ferita.
Kevin stava arrivando, tenendo per mano Lula, che un’assistente gli aveva affidato.
Il bambino stava mangiando una merendina al cioccolato, sbrodolandosi con gioia.
Si fermarono sulla porta della stanza di Glam, che si giró, sorridente.
Kevin si inginocchió, sistemando al meglio il bimbo – “Ehi… guarda che pasticcio… papá non deve vederti cosí…” – disse allacciandogli le scarpe e stupendosi, come Lula, per quelle sue stesse parole, per le quali anche Glam ebbe un sussulto nel petto.
“Amore ciao… che sorpresa, c’è anche la nostra piccola peste…”
“Ciao daddy… eccoci qui… come stai?”
“Bene… e tu, fatta colazione cucciolo?” – disse prendendo in braccio Lula, tutto trepidante di raccontargli il concorso di disegno, che aveva vinto con un acquarello raffigurante i bimbi dell’asilo ed il loro benefattore.
“Ah sí… ecco il capolavoro del nostro… del nostro bambino…” – e mostró il foglio coloratissimo.
“Kevin… che sta succedendo…?” – gli mormoró incuriosito dal suo atteggiamento.
“Ti… ti dispiace Glam?”
“Affatto!... ne sono… felice…” – gli diede un bacio, senza farsi problemi per Lula, che lo stava coccolando con devozione.
Kevin li abbracció entrambi – “Mi mancherete… Nonno Antonio mi sta aspettando all’aeroporto, decolliamo tra mezz’ora… devo proprio andare…”
“Ne parliamo allora quando torni…”
“Sí daddy… sicuramente ne riparliamo… ora, peró devo chiederti un favore.”

Robert era paziente e comprensivo, ma non c’era mai nulla di sdolcinato nei suoi gesti.
Conservava da sempre un fascino incredibile, che alimentava una tensione amorevole od erotica, a seconda dei contesti in cui lui e Jude si muovevano.
I loro ricordi erano a piú sfumature, ma mai banali.
Jude lo aveva subito portato a letto, bisognoso di annullarsi in lui, abbandonandosi al suo possesso assoluto.
Robert non aveva mai smesso di baciarlo, con una dolcezza intrisa di voluttuose sensazioni, in un crescendo che lo portó con calma a varcare quella fessura calda e stretta del suo ragazzo inglese, innamorato come un collegiale alla prima cotta.
Jude si emozionava per tutto, era partecipe e disponibile, si apriva completamente a Robert, capace di raccogliere anche il minimo cambiamento di umore nell’altro.
Scivolando con le mani sino ai glutei di Jude, lo sistemó leggermente di lato, scorrendo poi tutta la sua schiena inarcata per il piacere imminente.
“Ecco… cosí, sei bravissimo…” – sussurró dissoluto ed avido delle labbra di Jude, che inizió ad ansimare maggiormente, ad ogni nuova spinta, da quel momento, sino al culmine, provando un orgasmo magnifico.

Jared andó ad aprire, dopo avere chiuso il portatile.
Stava scrivendo un’email al fratello, preoccupato per il suo strano atteggiamento durante una telefonata all’ora di pranzo.
“Glam… Dio ma ti hanno dimesso?!” – disse, aiutandolo ad entrare, incerto sulle stampelle.
“Come vedi si sono stancati presto di avermi intorno…Posso sedermi?”
“Certo… vieni, andiamo sul divano… Potevi telefonarmi.”
“Hai ragione, scusami, ma era una sorpresa… cioè una richiesta di… Kevin.”
“Non ti capisco…”
“Venti giorni di convalescenza, da te… Preferisce sapermi qui, piuttosto che con Pamela.”
“E tu cosa preferivi?” – domandó quasi provocatorio.
“Vorrei solo…” – esitó, poi con uno sforzo notevole, si rimise in piedi – “Forse Kevin non ha considerato una terza opzione. Il centro medico, dove ho il mio studio ed una stanza dove dormire.”
“Ma smettila di brontolare! Accidenti… bene arrivato…” – lo accolse tra le braccia, piangendo.
“Jay… Jared per favore...”
“Non ce l’hai con me, vero?”
“Direi di no. Ma…non ho cambiato idea…”
“Su di noi? So cosa è successo con Kevin…”
“Ma spiegami una cosa.” – sprofondó di nuovo tra i cuscini.
“Cosa Glam?”
“Come funziona questa alchimia tra te e Kevin?”
“Al… alchimia…?” – balbettó, prendendo da bere.
“Dormite insieme, complottate insieme…” – disse con simpatica ironia.
“Kevin ed io ci vogliamo bene ed amiamo… amiamo lo stesso uomo, ti sembra cosí strano?”
“Non è per polemizzare Jared, ma in frangenti simili io ho fatto a botte con l’avversario.” – ribatté fissandolo, ricambiato dallo sguardo blu, che si illuminó – “Ma noi siamo diversi e forse… forse ci siamo legati ad un uomo che è unico…” – abbassó il volto, incrociando le braccia.
“Qualunque cosa sia, a me sta bene, non voglio che vi scanniate, soprattutto a causa dei miei errori.”
Jared rise amaro – “Io sono uno di questi… errori?”
“Assolutamente no Jared, non dirlo neppure per scherzo.”
“Ok, finiamola adesso… scendo a fare la spesa.”
“Non serve, porteranno qui dei viveri tra poco… Grazie per l’ospitalitá Jared.”
“Ma questa è casa tua… sei tu ad ospitarmi e non ti ho mai ringraziato davvero Glam.”
“Figurati… dai siediti ed aggiornami… se ti va.”
“D’accordo…cosa vuoi sapere?”
Parlarono della mensa, dei figli e della fisioterapia, a cui Geffen doveva sottoporsi.
Jared sistemó le provviste e preparó la cena.
Guardarono un dvd, I ponti di Madison County, ma, mentre Glam si era ormai rilassato, Jared consumó mezza scatola di kleenex, commuovendosi per la trama drammatica e struggente.
Rannicchiato come un bambino, provó a calmarsi, ma poi finí per rifugiarsi sotto alla doccia, chiudendosi dentro il bagno ed accendendo la radio, ma i suoi singhiozzi arrivavano a Geffen senza incertezze.
Una volta tornato, sembró calmo.
“Tutto a posto Jay?” – gli domandó con tenerezza.
"Dormiamo… dormiamo insieme?”
“Sí e spero di… di non disturbarti con questo tutore.”
“Non mi prenderai a calci spero…” – sorrise incerto.
“Per nulla al mondo ti farei del male.”

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