venerdì 11 febbraio 2011

GOLD - Capitolo n. 64

Capitolo n. 64 – gold



I loro occhi si stavano interrogando felici, fu Colin a rompere il silenzio – “I bambini non ci sono… se ti accontenti di me, io sono qui…”
“Possiamo… possiamo stare insieme? Adesso?”
Colin lo bació di nuovo, piú intenso.
Senza neppure ricordarsene i passi ed i rumori, durante quel breve tragitto, si ritrovarono nella penombra della loro camera, isolandosi da tutte le realtá, che avevano oppresso i loro cuori da troppo tempo.
I palmi delle mani di Colin, plasmavano ció che sentiva in quelli del compagno, fino ad intrecciare le dita, per stringerle allo spasimo, in un orgasmo bellissimo.
Si sollevó appena dal corpo di Jared, ammirandone la perfezione e la solaritá, perdendosi nelle iridi rubate ad uno spazio di mare, che ancora dovevano vivere, muovendosi in lui profondamente, ricominciando ad amarlo, pervaso da eccitazione ed appagamento totali.
Urló la sua estasi, ritornando a stringerlo, ripetendo il suo nome, che non aveva mai smesso di invocare quello di Farrell, a cui sembró di vivere un’allucinazione, tanto era incredibile avere lí il suo Jared – “Ti amo, ti amo… ti amo… Jay… mio Dio… Jay…” – piangeva e godeva di lui, come se fosse la prima volta.

Geffen compró un puzzle.
Lui odiava i puzzle, ma lo compró ugualmente.
Sparse i pezzi sullo scrittoio della casetta sulla spiaggia ed inizió ad osservarli.
Il soggetto era Saint Michel, l’isola francese, un posto incantevole e distante.
Scelse quasi a caso, preferendo qualcosa di complicato.
Molti dettagli, mille pezzi.
Sbuffó.
La convalescenza era deleteria per le sue abitudini iperattive, quindi controllava le calorie, il cibo, faceva pesi, ma era talmente inappetente dopo la partenza improvvisa di Jared, che l’ultimo problema sarebbe stato quello di ingrassare.
Il suo cellulare ricevette un sms di Kevin.
Voleva quasi non leggerlo, ma non poteva evitarlo.
§ Ciao Glam… perdona questo mio silenzio, ma avevo bisogno di buttarmi nel lavoro per qualche giorno e staccare la spina… anche se è impossibile… Impossibile non pensarti, non soffrire, non sbagliare… Mi sono sbronzato e sono stato da cani, ma almeno tu non eri il primo pensiero, visto che dovevo preoccuparmi solo di vomitare… Ora va meglio… Cioè… meglio…Lasciamo stare. Siamo in Olanda, ci sono… ci sono una marea di fiori…Vorrei… io vorrei solo averti accanto daddy…Ti amo. §
Lo chiamó subito, ma Kevin non rispose.
Invió un altro messaggio, pochi minuti dopo.
§ Scusami… non ce la faccio… scusami davvero Glam. §
Geffen fece volare tutto, rovesciando il tavolo, per poi accasciarsi sul pavimento per raccogliere tutto, come una furia, piangendo ed imprecando.

Miss Wong suonó la campanella della cena, un’abitudine introdotta da Jared, che la trovava divertente, soprattutto nel vedere i bambini e gli ospiti accorrere da ogni parte della End House, come se fosse sempre una festa.
Colin si affacció, controllando che ci fossero tutti – “Ehi piccoli, papá ha una sorpresa per voi…”
Tutti alzarono gli occhi ed esultarono nel vedere Jared – “Papiiiiii!!!” – gli corsero tutti incontro, atterrandolo sugli scalini, baciandolo e stringendolo nel loro immenso amore.
Farrell aveva chiesto loro di non opprimere mai di domande sul tipo “Sei qui per restare?” o “Vero che non parti?” – convincendoli che sarebbe stato Jared a dire quando non se ne sarebbe piú tornato ad Haiti.
Si concentrarono, invece, sul suo lavoro alla fondazione, domandando dei piccoli, delle montagne di patate che lui era costretto a pelare, dei dottori ed anche di zio Glam.
“Lui sta bene, cammina con il bastone ed un tutore al ginocchio…” – disse tradendo un certo imbarazzo.
Colin sorrise – “Glam è una roccia e poi deve avere fatto un patto con il diavolo… o con qualche angelo custode…”
“Hai ragione amore…cosa ne dite di vedere un film tutti insieme? Un bel cartone in 3 D?”
La proposta fu accolta con entusiasmo, cosí si trasferirono alla sala di proiezione, dove tutti accucciolati sotto a grandi coperte di pile, giocando con gli occhialini appositi ed i pop corn, trascorsero un paio di ore in piena armonia.

“Tu lo sapevi che mio fratello era partito per i Caraibi?” – domandó Jared prima di coricarsi, armeggiando con il telefonino.
“No tesoro… non ne sapevo nulla...” – rispose sereno riponendo gli occhiali da lettura, dopo un’ultima occhiata alle battute delle scene in programma durante il primo giorno di lavoro.
“Giri di nuovo con Joel?” – chiese con un sorriso.
“Sí Jared… ti manda i suoi saluti… avevo bisogno di un po’ di tran tran da set… o di caos… e delle urla di Claudine…” – rise, per poi tossire arrossendo.
Jared se ne accorse, allungandosi al suo fianco – “Ehi… che succede Cole?”
“Nulla… nulla. Sono ancora sorpreso per questa tua breve vacanza… vorrei che… tu lo sai Jared, ma posso dirti solo che non vedo l’ora di vederti restare.”
“Succederá… te lo prometto.”
“Non serve… è il nostro domani, è giá scritto ed io ti ameró ogni giorno di piú, nell’attesa che ció si realizzi.” – su quelle parole sigilló le proprie labbra a quelle di Jared, rimandando la confessione su quell’overdose di farmaci, che lo aveva portato sull’orlo di un baratro, dal quale non si era ancora allontanato.
Durante la notte, considerando il fuso orario, Colin si rifugió in bagno, per mandare un sms a Jude, dove gli chiedeva se avesse detto qualcosa a Jared su quanto era successo, ma lui lo rassicuró.
§ Te lo avrei detto, in compenso sono felice che lui sia da te… Ti abbraccio forte, chiamami quando vuoi, tanto con Robert si dorme poco, a presto… §
Quando Law schiacció il pulsante dell’invio provó una fitta fastidiosa alla bocca dello stomaco, della quale si dimenticó subito, grazie alle carezze di Robert, che alle sue spalle lo stava cingendo amorevole.

“Vado a prendere l’auto a noleggio, aspettatemi qui, poi andiamo in albergo e subito in spiaggia, ok ciurma?”
“Ok Shan… prendiamo i fumetti, vero Josh? Tu cosa vuoi?” – domandó Tomo sorridendo.
“Caramelle… e sigarette, grazie piccolo…” – e lo bació.
Una volta nell’abitacolo, prese il cellulare per chiamare Owen.
“Shan… finalmente…”
“Ciao…ho pochi minuti, non sono a Los Angeles…”
“Siete partiti?”
“Sí… sí Owen, è stato necessario…Tomo era distrutto, gli ho detto la veritá ed ora io non so come potrá finire fra di noi…”
“E di noi Shan…? Noi che fine faremo? O siamo giá finiti…?” – domandó angosciato, ma senza enfasi, quasi severo.
“Io ti amo Owen… ti amo e mi manchi… ma mi sono sentito morire nel vedere il ragazzo che adoro da una vita, umiliarsi e supplicarmi perché non rovinassi la nostra famiglia… Lui ed io abbiamo un figlio ed è una cosa serissima, anche se siamo una coppia gay, noi siamo genitori al cento per cento di Josh, di cui siamo responsabili, ma che soprattutto adoriamo.”
“Non chiederei di meglio che avere un bambino con te Shan, tu… tu lo sai… e ti amo… ti amo Shan…” – ripeteva il suo nome, come se servisse a farlo tornare da lui.
“Quando torno verró da te, non posso farne a meno, nemmeno se lo volessi… ciao Owen, ti bacio…” – e riattaccó, lasciando Rice in preda ad un sofferenza fisica e mentale, che non conosceva.

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