giovedì 24 febbraio 2011

GOLD - Capitolo n. 82

Capitolo n. 82 – gold



Il secchiello in argento mandava luminescenze gradevoli sul viso di Kevin, steso sul letto della camera di Geffen.
Il bassista dei Red Close stava immobile, in una sorta di dormiveglia, causato da tutto l’alcol ingurgitato
Glam slacció un paio di bottoni della casacca del giovane, dopo avere pescato un cubetto di ghiaccio, spostando la bottiglia di champagne, ancora sigillata;
inizió a passarlo sui capezzoli di Kevin, che schiudendo le labbra, cercó un po’ di ossigeno, inarcando lievemente la schiena.
“Daddy…”
Geffen sorrise.
“Daddy cosa stai…?” – “Cosa sto facendo?”
Finí di spogliarlo, completamente.
“Sto cercando il tuo perdono Kevin…” – glielo sussurró nel collo, dove posó i primi baci, di una lunga sequenza, con i quali inondó il suo petto, i suoi addominali sempre piú scolpiti, soffermandosi nel suo ombelico – “Sei… adorabile… sei il mio cucciolo d’uomo…” – sembrava come un vento, tra le sue parole, le carezze, Kevin sí sentí pervadere, poi avvolgere, dapprima da lontano, poi sempre piú intimamente.
“Glam… Glam non voglio…”
Lui si sistemó al suo fianco, stringendolo sul cuore, ma poi lo riportó sotto di lui – “Dimmi ció che vuoi allora…” – gli disse piano.
“Io voglio… io ti voglio… tutto per me…” – gli cinse la vita, aggrappandosi a lui, iniziando a piangere.
“Siamo una famiglia Kevin… tu ed io… e voglio che sia cosí per sempre…!” – entró in lui, con quella volontá e con il suo sesso, senza fargli male, le membra di Kevin completamente rilassate, ma dopo un istante vivide e pulsanti, come i suoi respiri, calde, come il suo sudore e la saliva, che la sua lingua lasciava come arabeschi sulla pelle di Glam.

I Ritter erano cugini alla lontana, amanti da una vita.
Kurt e Klaus, proprietari della casa discografica K&K, poca fantasia, ma un giro di affari impressionante.
Un’etá tra i quarantacinque ed i cinquanta anni, oscura al gossip, che li tacciava di vanitá ed indiscussa bellezza.
Facevano la corte da tempo al gruppo di Chris, promuovendo il tour europeo, ma puntando a fargli firmare un contratto di esclusiva mondiale.
Erano arrivati nel locale in cui Geffen aveva prelevato Kevin, insieme ad alcune ragazze, che pensavano potessero interessare al leader della band.
Nel corso di poche ore si erano resi conto che i loro sospetti erano fondati.
A Chris non interessavano quelle bellezze, piuttosto la tequila lo aveva sciolto, rendendolo malleabile al loro corteggiamento serrato.
Le parole di Tomo rimbombavano nel suo stomaco, dolorose, lasciando il sapore amaro dell’ennesima sconfitta.
Li portó nella sua suite, ondeggiando da una parete all’altra del corridoio.
Loro se lo mangiavano con gli occhi torbidi, ancora prima di farlo realmente, avvinghiati sul materasso ed impegnati in un amplesso a tre senza freni.
Fumarono dell’erba, buttando sul comodino diecimila dollari in contanti – “Li vali sino all’ultimo centesimo piccolo…” – ansimó Kurt, sodomizzandolo, mentre il sesso dell’altro invadeva la bocca di Chris, a cui non importava niente di quanto potessero diventare brutali o appassionati, avrebbe anche rischiato la vita: ad essa il ragazzo non dava piú alcun peso.
Era come un palazzo bombardato e tutte quelle macerie soffocavano il suo buon senso.
Li sentiva dappertutto, come una malattia, un morbo deturpante.
Gli vennero dentro piú volte, senza mai provocargli un vero orgasmo.
Chris aveva staccato la spina, lui era solo un fantoccio, una bambola di gomma, da usare, maltrattare e gettare.

Shannon portó Josh a scuola.
Mandó un laconico sms ad Owen, dicendo che si sarebbero visti a cena.
Tomo era nel suo studio, costruiva un cubo in vetro, gli piaceva quella scultura, ma il progetto della sua giornata era un altro.
“Tesoro sei di sopra?”
“Sí Shan… Sali, devo parlarti.”
Lui arrivó da lui sorridente, ma per poco.
“Tomo vuoi qualcosa da bere?” – domandó smarrito, davanti al suo sguardo severo.
“No. Voglio solo una cosa adesso.”
“Cosa…?”
“Voglio che te ne vada, torna da Owen. La notte scorsa abbiamo commesso l’ennesimo sbaglio.”
“Tomo ascoltami…”
“No. Ascoltami tu. Voglio rispettare i tuoi sentimenti per Rice, voglio fare questo ultimo sforzo. Cerca di fare lo stesso con i miei.”
“Stai… stai parlando di Chris?”
“Sto parlando di me. Chris è arrivato in un momento in cui ero libero e penso di esserlo ancora. Ti sei trasferito dal tuo nuovo compagno, dopo che ha fatto l’amante, dopo tutti i vostri porci comodo. Poi ti rifai vivo, pronto ad essere sincero con nostro figlio e fai esattamente il contrario: gli nascondi la veritá e continui a fare quello che ti passa per la testa e sotto alla cintura dei pantaloni!” – parlava senza mai abbassare le sue iridi di quarzo cupo.
“Posso dire qualcosa anch’io Tomo?!” – ribatté Shan disperato.
“Qualunque cosa tu possa dire, non cadró un’altra volta nel fango, lasciandomi ingannare da te.”
“Io… io ti amo Tomo…”
“Anch’io ti amo e lo sai benissimo, ma non ti è bastato quando ti facevi sbattere da quello stronzo.”
“Perché stiamo discutendo…? Io sono qui…io voglio stare con te…Tomo…”
“Porteró Josh alla End House, per un paio di giorni. Devo fare una cosa e devo farla subito.”
“È … è anche mio figlio …”
“Puoi stare con lui, ma qui, a casa sua, non portarlo da Rice. Se mi prometti di non fare stronzate, occupatene pure, sei suo padre, ne hai tutto il diritto.”
Shan si tormentó la faccia – “Non… non ne sono in grado…quando torni chiamami ed io saró con voi… nella nostra casa…”
“Come vuoi tu Shan. Come vuoi tu.”

Glam uscí dalla stanza per andare a recuperare un giornale e delle aspirine.
Vide uscire da quella di Chris due uomini sconosciuti, che parlavano in tedesco, ridacchiando, come soddisfatti di qualche cosa.
Capí poche parole, ma sufficienti a farlo bloccare davanti alla porta del cantante, rimasta aperta.
Entró osservando uno spettacolo poco piacevole: Chris era avvolto da lenzuola intrise di umori, un odore di marijuana e brandy nauseante.
Spalancó le finestre, chiedendo a Kevin, via cellulare, di raggiungerlo immediatamente.


TOMO

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