mercoledì 6 aprile 2011

One shot – Old me for the first time the last time

One shot – Old me for the first time the last time




Robert Downey Junior si fermó dietro alla porta del camerino di Jude Law, bloccato da alcune espressioni colorite da parte del collega all’indirizzo di qualcuno, con cui stava probabilmente parlando al cellulare.
Erano poche settimane che giravano il loro film su Holmes, ritrovandosi ad essere inseparabili da un minuto all’altro.
Si divertivano davvero, anche dietro alle quinte e nelle lunghe serate londinesi.
Mangiavano, parlavano, ridevano, con il resto della troupe, scoprendosi ogni istante di piú.
Sembrava una di quelle alchimie magiche, che nessuno riesce davvero a spiegare, soprattutto in un ambiente come quello del cinema, dove o si era davvero amici oppure ci si detestava con il sorriso stampato sulla faccia da cazzo, che il resto del mondo conosceva.

Al terzo “Vaffanculo sei una stronza!!” decise di entrare.
L’ennesima invettiva era arrivata con un rumore secco: il telefonino di Law, scagliato contro al muro ed andato in pezzi.
Jude stava rannicchiato in un angolo, singhiozzando silenziosamente.
Robert chiuse e corse da lui.
Lo avvolse, con un fare paterno – “Jude… cosa ti prende… Dio alzati…”
Lui tremava, sembrava avere il respiro spezzato – “Calmati Jude, con chi stavi parlando?” – domandó ansioso nel vederlo in quello stato.
“La… la mia ex moglie… la madre dei miei figli… non vuole lasciarmeli vedere per il week end… è un’egoista patentata, sa solo ricattarmi! … la detesto…”
“Mi dispiace… dai asciughiamo queste lacrime…”
“Grazie Rob… ha rovinato anche la nostra serata…”
Downey sorrise – “No, non ci riuscirá mai nessuno… ma te la senti di andare al ristorante?”
Jude si strofinó la faccia arrossata – “Temo di no…mangiamo da me? Ordiniamo qualcosa… ti va Robert?”
“Sí, certo. Va… va meglio?” – gli scompiglió i capelli, ma avrebbe voluto riprenderlo sul petto e consolarlo fino a fargli tornare il sorriso.
Provava emozioni intense quando si ritrovava quegli opali piantati ovunque.
“Sí…sei l’unica persona che mi rende felice.”
Lo disse con la naturalezza di un “Rob che ore sono?”, ma era limpido e spontaneo, come dal primo momento, da quelle stretta di mano “Che onore conoscerti Robert… è da tanto che speravo di lavorare insieme…” – “Lusingato…dimmi di te, se ti va.”
A Jude andava eccome di aprirsi davanti a quegli occhi scuri, che sembravano velluto, erano morbidi, come le sue confidenze, anche se non si erano mai spinti oltre il limite di tutti i loro segreti, ma sarebbe avvenuto presto, ne erano certi.

Law aveva un elegante appartamento in un quartiere esclusivo di Londra.
La pioggia autunnale picchiettava sui vetri del salone, dove si erano sistemati, ai piedi di un divano, al quale si erano appoggiati, bevendo birra e sgranocchiando patatine con polpette di pollo piccanti.
“Mmm buone…non è stata una cattiva idea, vero Rob?”
“Assolutamente magnifica… mi piace la tua casa, é… confortevole, vissuta…”
“Per il casino?” – rise.
“Oh finalmente Jude…”
“Co…cosa?”
“La tua allegria. Pensare che esistano persone, che possono svilirla é… un delitto Judsie… Ti dispiace se ti chiamo cosí?” – sorrise.
“Judsie?... è… tenero… approvo!”
Era come un bambino, delizioso ed innocente, anche se ne aveva combinate di tutti i colori, una reputazione di uomo anche antipatico, altezzoso, smodato nel bere, sembrava la biografia di un altro e non del Law, che Downey conosceva.
“Quando troverai un nomignolo affettuoso anche per me, saró altrettanto comprensivo.”
“Lo sarai sicuramente Rob…” . lo disse mentre toglieva i vassoi vuoti, prendendo delle salviette in un beauty dimenticato accanto ad un trolley mezzo vuoto – “Ecco vedi, tutto a tiro, in questo macello…”
“Tieni pronte le valige Jude?”
“Lo ammetto. Sai la voglia di scappare a volte mi prende, come un nodo allo stomaco e mi devo fare una seduta di training autogeno per rispettare gli impegni di lavoro. Ultimamente, peró non serve, ogni mattina non vedo l’ora di raggiungerti.”
“Sí questo film è divertente e…” – “Ma non parlavo del film, mi riferivo a te ahahahah…”
Downey diventó paonazzo, dandosi del cretino, visto che a quarantaquattro anni non sapeva gestire le proprie emozioni.
“Rob… ti ho offeso?” – domandó imbarazzato.
“No… no Judsie…” – mormoró, andando alla finestra, le mani in tasca, lo sguardo perso sulle luci della cittá.
Jude rimase immobile, agitato.
“Devo dirti una cosa Jude…”
“Ti ascolto.” – disse accennando un sorriso.
“A volte mi sento condizionato con te, Jude…io… io sono bisessuale.”
La stanza cadde nel silenzio, poi Jude lo ruppe – “Torna qui Robert, ti prego.”
Lui gli diede retta, riaccomodandosi al suo fianco.
“A me non importa se sei etero o gay o bisessuale, chi sono io per giudicarti?”
“Non ho mai pensato che tu mi giudicassi. È un discorso diverso… temo di deluderti o di allontanarti, se mi lasciassi andare, se mi prendessero cinque minuti di… follia…Cioè io non ho mai fatto certe cose, non salto addosso ai miei amici, ma tu… tu sei unico… Cazzo ora ti confesseró tutto quello che ho dentro, se no impazzisco Judsie…”
“Va bene…” – ribatté intimorito.
“Sono… terribilmente confuso da quando sei entrato nella mia vita. Sei diventato cosí importante, non riesco a concepire di perderti per le mie eventuali stronzate sentimentali… o per il fatto di poterti desiderare prima o poi…”
“Quindi non è successo Rob…?”
Lui non ribatté, ma Jude non si arrese, mordicchiandosi le pellicine del pollice sinistro.
Downey sbirció – “Non farlo… lascia in pace quelle unghie…” – rise piano.
Jude sbuffó – “Posso farti una domanda?”
“Sicuro…”
“Hai… hai un ragazzo?”
“No… non piú almeno, non è semplice da sposato.”
Jude sembró sorridere sotto ai baffi dovuti alla parte di Watson.
“Era giovane Rob?”
“Venticinque anni… un pochino, vero?”
“No… cioè sí…americano?”
“Francese, ma vive a New York, fa lo scultore, è anche fotografo…Acqua passata.”
“Lo amavi?”
“Gli volevo bene, ma poi era anche per il sesso…poco edificante detto in questo modo, ma era essenziale, per farmi correre da lui, forse lo fa spesso quello dei due che è piú… vecchio.” – fece una smorfia buffa e Jude rise.
“Com’è fare l’amore con un uomo?... Io l’ho fatto solo per finta, su di un set…”
Downey strizzó le palpebre – “Sí, ricordo… ho visto il film, eri bellissimo…”
“Grazie…avevo anch’io venticinque anni ai tempi del film su Wilde, come il tuo ex. Quindi sono attempato per te Rob, non corro rischi ahahah…ehm... scherzavo.” – puntualizzó, ma fu Robert a ridere a propria volta – “Guarda che non funziona cosí Judsie.”
“Sí lo immagino.”
“Comunque non sono in grado di spiegartelo, parlo del fare l’amore con un uomo… certo è bellissimo, sconvolgente se ami l’altro e se lui ti ama, orribile se subisci una violenza, se qualcuno vuole averti a tutti i costi… guarda a me sono accadute cose… violente…quando mi drogavo, quando sono finito in galera… cose che non auguro a nessuno Jude.” – sembró precipitare, con la voce, nei ricordi oscuri racchiusi nella sua anima, che era cosí aperta a Jude, che a quel punto lo abbracció, dolcemente.
“Mi dispiace Rob… Dio mi dispiace da morire…”
Piansero.
Law si staccó lentamente, guardando Robert dritto negli occhi – “Se… se quei cinque minuti…” – “Co… cosa Jude?” – ma Law lo stava giá baciando.
Sembrarono fondersi, una sensazione magnifica, che stava per fare implodere i loro cuori.
Infilarono le mani frementi sotto alle rispettive t-shirt, volevano sentirsi, accarezzarsi – “Judsie…fermati… un… un attimo…”
“Non… non ci riesco…” – gemette, trascinandolo sopra di lui, sul chester ampio, in pelle verde smeraldo.
Robert lo accoccoló tra i cuscini, sollevandosi ad ammirarlo – “Jude stiamo correndo troppo...”
“Voglio che accada… e voglio che sia tu, Robert… non è uno sfizio, non saró superficiale con te… non potrei mai. Ti spaventi se ti dico che… che mi sono innamorato di te?”
Robert in risposta affondó nel suo collo, aiutandolo a spogliarsi, cosí come Jude stava facendo con lui.
Scivoló poi nella bocca del biondo, assaporandolo con estrema lentezza.
Jude si abbandonó a lui completamente, provando sensazioni sconosciute.
Voleva sentire dentro di sé il sesso di un uomo, lo desiderava da tanto, ma non aveva mai trovato nessuno che gli facesse tremare il cuore, ad ogni sguardo, come accadeva con Downey.
L’attore americano esitó, ma la punta del membro di Jude era cosí bagnata, continuava a strofinarsi sul suo ventre, mentre le mani affusolate dell’inglese brandivano le sue natiche, spingendosi verso di lui per farsi penetrare – “Asp… aspetta Judsie… avrai tutto ció che desideri… avrai tutto da me…te lo prometto.”
Era ormai ai suoi capezzoli, eretti e scuri, una tentazione sconvolgente perché Robert non li succhiasse avido.
Jude si lamentó, per quanto il suo corpo gli facesse male, iniziando a masturbarsi, trovando un sollievo temporaneo.
Robert insistette anche sulle costole, infine l’ombelico, tormentandolo con la lingua caldissima.
Interruppe Jude – “Non toccarti… sei proprio come un bimbo curioso…ma io sono peggio di te…” – ridacchió.
Jude inarcó la schiena – “Tu… tu hai esperienza e metodo… sei la mia tortura questa notte Rob…” – sussurró, accarezzandogli i capelli.
“Apri le gambe… sei bravo, sai?...e bollente… Dio…”
Jude si chiese mentalmente cosa potesse fare a quel punto e quanto avrebbe rimandato l’amplesso vero e proprio, ma le dita di Robert lo stavano aprendo, come uno scrigno prezioso – “Ti scopo prima cosí…non essere impaziente...”
“Sei… sei dolce Robert…”
“Ripeti il mio nome cucciolo… ti aiuterá… sará un conforto, vedrai…”
Era come perdersi, in quel turbinio di sensazioni acri, poi succose, poi invasive, profonde e totali: il sesso di Robert era qualcosa di estraneo, glielo donó largo e duro, assurdamente troppo.
Jude tentó di sfuggirgli, istintivamente, ma poi gli si offrí generoso.
“Sssttt amore mio… abituati a ció che provo per te Judsie… te lo faró sentire tutto e tanto, cosí tanto…” – ansimó, ricominciando a spingere.
Jude stava soffocando un pianto nella gola, poi si arrese – “Respira con la bocca … andrá meglio… Judsie guardami.”
Gli specchi di ghiaccio, accesi da un’aurora boreale, fatta di sprazzi d’oro ed argento, era bellissimo, era un mondo di gioia, sudata ed ebbra di Robert, che ormai non riusciva piú a trattenersi.
Lo devastava, di baci, carezze, morsi, sperma e sangue, una virilitá smaniosa e torbida.
Quello era il vero Robert, l’uomo che aveva accumulato esperienze, notti selvagge, giorni oscuri, rimescolando poi tutto, fino a rinascere ed era cosí che ora Jude si sentiva, un passaggio traumatico, verso una nuova esistenza, in un giorno sconosciuto, ma senza paure, perché Downey non lo avrebbe lasciato mai.
§ Ti ameró per sempre Jude. §
Scritto blu inchiostro sul bigliettino in pergamena increspata, allegato ad un mazzo di rose e gardenie bianche, che Law trovó nel proprio camerino, quando arrivó sul set, dopo che si erano salutati all’alba.
Robert doveva fare un servizio fotografico, giá rimandato ad oltranza – “Non posso mancare… ci vediamo per pranzo… ciao Judsie, ti adoro.”
Un bacio interminabile, poi un distacco incerto, sofferto.
“Giurami una cosa Rob…”
“Cosa tesoro?”
“Che qualunque cosa accada, non ci negheremo mai un abbraccio, prima di andare via…”
Downey scrutó oltre quel bagliore radioso, proveniente dallo sguardo di Jude, per arrivare al principio di quella richiesta, portandoselo poi sul petto – “Sí… te lo giuro Jude.” – replicó deciso, baciando ancora una volta il suo sorriso.

THE END



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