martedì 5 aprile 2011

One shot – The ending and the beginning

One shot – The ending and the beginning


Jude stava affondando il viso, tra le pieghe di quel copriletto damascato, mentre i denti di Robert affondavano nella sua nuca ed il suo sesso nel corpo dell’attore inglese, che non riusciva mai a farlo smettere, di fargli male e di trattarlo in quel modo.
Primavera del 2011, Londra, un altro film insieme, parecchie settimane da condividere, vecchie abitudini da rispolverare.
Come quegli amplessi animaleschi, dai quali Jude Law dipendeva, senza sapere opporsi ad una grettezza, che mai nessuno avrebbe letto nell’animo di Robert Downey Junior: simpatico, affascinante, professionista affermato, complice di sbornie e risate per l’intero staff.
A vederlo avvinghiato a quel modo, ma, soprattutto, in quel modo a Jude, sembrava un altro, ma era davvero lui.
Voltó Jude afferrandolo per le spalle, dopo essergli venuto dentro con brutalitá, riprendendolo per un estremo affronto – “Non… non ti ci abituare Judsie!” – e spinse forte, facendolo urlare, perché colpiva il punto piú esposto in Jude, quello che avrebbe dovuto donargli un’estasi di sensi, che comunque lo pervasero – “Gridi come una puttana…bello vero?!” – ringhió, per poi staccarsi volgarmente da lui, che tremava, piú per quelle parole, che per il resto.
Cercó un cuscino, si coprí con esso, come se si stesse vergognando, perché era cosí che Downey lo aveva fatto sentire.
“Rob…” – disse con un filo di voce, mettendosi seduto, guardando nel vuoto, come cristallizzato.
“Cosa?” – si accese una sigaretta, rivestendosi.
“Ma… ma dove stai andando…?”
“In camera mia. Domani giriamo all’alba, non ho voglia di averti addosso tutta la notte, dormo male e non è il caso.”
“No… hai ragione… non è il caso.” – replicó mesto, senza insistere perché si fermasse lí con lui.

Steven Fry era un attore molto stimato.
Alla produzione venne in mente di ingaggiarlo per la parte del fratello paranoico di Holmes.
Jude fu felice di rivederlo, avevano girato una pellicola su Oscar Wilde, nel lontano 1997.
“Avevi venticinque anni, Dio il tempo è volato, sei sempre incantevole e sempre piú bravo, sono felice per la tua carriera ed il successo che hai ottenuto Jude.”
Glielo disse al primo giorno di riprese e Law si emozionó: c’era molto rispetto tra loro ed all’epoca avevano sostenuto il ruolo di amanti, realizzando alcune sequenze molto intime, che ricordavano senza imbarazzi.
Robert fu molto corretto, ma freddo, nell’interagire con Fry, che si dimostró rispettoso e brillante nel ruolo assegnatogli.
Alloggiavano tutti nello stesso albergo, a piani differenti.
Jude decise di scendere da Steven, era davvero sconvolto ed aveva bisogno di una persona matura, che sapesse consigliarlo.
Fry era apertamente gay, con un passato di depressione per la sua condizione di emarginato, che poi si risolse conoscendo il compagno, un certo Daniel Cohen, con cui aveva una relazione ormai storica.

“Jude…?”
“Ciao Stevy… posso entrare?”
“Certo… certo, accomodati.”
Si era fatto un lungo bagno, indossava una vestaglia di seta a righe blu ed oro, su dei pantaloni del pigiama, nella stessa stoffa pregiata.
“Una tisana? O… qualcosa di piú sostenuto Jude?”
“No… cioè… va bene la tisana.”
Law aveva dei jeans strappati ed una casacca di cotone sottile, le maniche lunghe, che coprivano il dorso delle sue mani, con lo scollo a V ed una sciarpa intorno al collo.
“Non hai caldo con quella Judsie?” – chiese passandogli l’infuso fumante.
Lui in risposta la tolse, abbassando lo sguardo lucido.
Fry osservó i segni recenti, arrossati e vividi, come il respiro di Jude, che aumentó di poco.
“Cosa ti è successo…?”
“Lui… lui non mi risparmia mai il peggio…” – posó la tazza, prima che cadesse.
“Lui… lui chi Jude?”
Inspiró – “Rob… Robert…”
“Capisco.” – ribatté, con un tono costernato.
“Non riesce ad amarmi…non riesce… lui non ci riesce o non ne è capace o… o io non valgo alcun amore da parte sua, Steven.”
“Quando è iniziata questa storia?”
“Ci siamo incontrati per Holmes ed è successo… quasi da subito, non so bene perché, lui… lui mi diceva che era solo sesso, di non illudermi, perché io… io mi ero innamorato senza pensarci… senza valutare… In questi casi si valuta Steven? Si razionalizza…?” – domandó smarrito, rannicchiandosi sulla poltrona.
“Assolutamente Judsie.”
“Tu… tu almeno sei felice con Daniel?”
Fry borbottó sarcastico – “Siamo in una pausa di riflessione, lui ha una cotta per un pittore in erba, sai non mi do molta pena, tornerá, del resto ci siamo fatti qualche dispetto durante la nostra relazione…” sorrise.
“Mi… mi dispiace…”
“Non devi tesoro, io sto bene, ci amiamo, è questo che conta. Quello rammaricato sono io, per te, non sapevo nemmeno che ti piacessero anche gli uomini.” – e gli diede un buffetto, per alleggerire la conversazione.
“Davvero non lo avevi capito?... a me piace Robert…è stato l’unico, per ora…”
“Non hai fatto una buona scelta allora… ma in amore nessuno sceglie, è l’amore che sceglie noi.”
“Mi umilia in continuazione…mi prevarica…abusa della mia mente e del mio cuore, come se… come se lui si divertisse e…Dio mio…” – inizió a singhiozzare, disperato.
Fry provó a calmarlo, ma non era semplice.
Sembrava una crisi, fatta di convulsioni e lacrime.
Lo fece stendere sul letto – “Jude respira… bevi un po’ d’acqua, non spaventarmi, vuoi che chiami qualcuno?”
“No… no Stevy… resta qui con me…va… va meglio…scusami…”
“Ma per cosa? Qui chi si deve scusare non sei tu, che diamine!”
Jude rise piano per quel suo modo sempre british di imprecare, accarezzandogli il volto – “Sei… sei un uomo speciale…”
“No, sono terrorizzato, eri pallido, ora… ora riprendi colore…Jude devi uscirne, devi ribellarti!” – esclamó, sollevandolo ed appoggiandolo allo schienale imbottito.
Law si piegó sul suo petto, dove Steven lo accolse, sfiorandogli i capelli con un bacio leggero.
Seguí un silenzio, che Jude avvertí come armonioso.
Scivoló lentamente fino alle labbra di Steven, baciandole, dapprima con una certa esitazione, poi profondamente.
Il contatto divenne intenso e Fry riuscí soltanto a sussurrare – “Jude…non…” – “Non cosa…?” – “Sei… mi sei cosí caro Judsie…” – e lo strinse.
Jude lo portó sotto di lui, spogliando entrambi con gesti intrisi di stupore.
Fry non riusciva a credere a ció che stava accadendo.
Si sentiva brutto, vecchio e per nulla meritevole di ricevere attenzioni da un uomo giovane e stupendo come Jude Law: glielo disse, ma il biondo lo zittí con un altro bacio, scendendo fino al suo inguine, massaggiando la sua erezione, che finí presto nella sua gola.
Le dita di Fry premevano sulle guance di Jude, che si erse, boccheggiando in cerca di ossigeno - “Prendimi adesso Stevy…prendimi…” – e si chinó per baciarlo.
Steven lo penetró, gemendo.
Jude aveva le iridi colme di lacrime – “Sono… sono ancora sporco di lui… Steve…”
“Sssttt piccolo… non… non mi importa…sei un sogno Jude…un sogno…”
Era terribilmente lubrificato e caldo, fu semplice arrivargli sino in fondo.
Il movimento dei fianchi di Jude divenne presto febbrile e totalitario, mescolato alla masturbazione su sé stesso, che lo rendeva un semi Dio alla visione di Fry, a cui sembró di impazzire per la gioia.
Fu un orgasmo magnifico.

Make up, costume, Fry era pronto a girare.
Rideva con Jude, in quei camerini a cielo aperto, sulle battute del copione.
Watson aveva giá girato due scene con delle comparse, mentre Downey stava aspettando in un angolo, spiandoli.
Sapeva che erano amici, ma quel mattino c’era qualcosa di diverso.
Jude non lo aveva neppure salutato e lui non ci diede peso, ma adesso quelle risate iniziavano ad infastidirlo, anche perché Law gli appariva felice, spensierato.
“Ok, allora pranziamo insieme Stevy…”
“Sí… sará un piacere… grazie Jude, per tutto.”
“No, grazie a te, a dopo.” – e gli diede un bacio sulla tempia, a palpebre serrate.
Camminó poi verso Robert, che aveva ascoltato quelle poche frasi – “Buongiorno Jude.”
“Ah sei qui, buongiorno a te.” – e gli passó oltre.
“Jude senti…”
Law si bloccó – “Che c’è?”
“Mangiamo al pub dopo, ti va?” – abbozzó un sorriso.
“Ho giá un impegno, un’altra volta.” – e se ne andó, senza concedergli altre possibilitá di dialogo.

Nel pomeriggio erano in pausa.
Downey chiamó diverse volte Law, ma aveva staccato il cellulare.
Evitó messaggi, ma poi decise di scendere alla suite di Fry, visto che Jude non era nemmeno nella propria.
Steven gli aprí con un sorriso – “Salve Robert.”
“Salve… mi dispiace disturbarti, cercavo Jude…”
“Prego. Jude?”
Downey varcó la soglia, scrutando tutto intorno.
“Sí… non lo trovo da nessuna parte.” – rise nevroticamente.
“Sta riposando.”
“Co… cosa? Riposando?”
“Sí, certo. Succede sempre dopo che fa l’amore o mangia.”
Robert provó uno spasmo allo stomaco - “Cosa diavolo… cosa diavolo stai dicendo?”
“Ti sto dicendo qualcosa di Jude. Cosa volevi da lui? Non vorrei svegliarlo per un motivo di scarso rilievo.”
Downey indietreggió, passandosi i palmi sudati sul viso esterrefatto – “Scarso rilievo? Buffo… è buffo questo momento…”
“Davvero Robert?”
“Tu… tu mi tratti con supponenza… cosa cazzo ti ha detto di noi Jude?!” – divenne iroso.
Fry era flemmatico, ritornó in poltrona e si accese una sigaretta, offrendone un’altra a Downey – “No, grazie.”
“Jude merita il meglio di ognuno di noi, non credi Robert?”
Dietro alle ante scorrevoli della camera da letto, Law stava ascoltando.
“Si… sicuramente…” – balbettó.
“Ok, siamo d’accordo su di un punto fondamentale della nostra conversazione yankee.” – e gli fece l’occhiolino, sputando fuori il fumo ed una smorfia di lieve disgusto, nella direzione di Robert, che tossí, cercando il palmare, fingendo di rispondere ad un sms.
“Devo… devo andare, ma riprenderemo il discorso Steven.”
“Quando vuoi.”
Downey si diresse all’ingresso, mentre l’altro abbassava le tapparelle, portando l’ambiente in una fresca penombra; non visto, Robert fece cadere un cartoncino, che impedí alla porta di chiudersi totalmente, cosí da potere rientrare appena Fry si fosse allontanato, come sembrava intenzionato a fare.
Infatti andó a coricarsi al fianco di Jude, che era nuovamente sotto alle coperte: sorrise a Steven, accoccolandosi poi sul suo cuore, avvolgendolo con le gambe – “Hai ascoltato?” – “Sí Stevy…Sei stato fantastico, vorrei affrontarlo io con tanta risolutezza, ma ne sono incapace…”
“Tu ci riuscirai benissimo, al momento giusto Judsie.”
Robert, a pochi metri, li vedeva bene ed imparó a detestare quei nomignoli, ma ció che piú mal sopportava era che Fry chiamasse Jude con quel Judsie, che lui gli aveva attribuito, quasi fosse un privilegio.
Law adorava essere chiamato cosí da Downey, ma il dirglielo non cambió le cose tra loro, era solo un dettaglio, anzi, gli faceva un favore, appunto.
Jude andó a prendere da bere a Steven, con una gentilezza fanciullesca, nel frigo bar inglobato nel cassettone.
Rimase al centro del materasso e poi prese per i polsi Steven; erano nudi ed avvolti da una luce dorata, per via dei pesanti tendaggi, dai quali filtravano i raggi del sole di aprile.
“Angelo mio…” – Fry lo bació, allungandosi tra le sue gambe ed adagiando Jude sul lenzuolo candido.
Prese dal cassetto un gel ed inizió a toccarlo, preparandolo con cura e capacitá.
Jude sfiorava le coltri, poi si dedicó agli zigomi dell’altro, attirandolo per baciarlo.
Downey, spettatore statico, stava sudando, a pugni chiusi, occhi sbarrati.
Steven segnó il contorno delle labbra di Jude – “Sei pronto…?” – e Law annuí, radioso.
I suoi fianchi raccolti nelle mani di Fry, mentre il sesso di quest’ultimo si stava giá muovendo tra le sue membra pulsanti.
Jude era in uno stato di grazia: Steven lo inondó di baci sulle costole – “Solletico…?” – rise e Jude si morse il labbro inferiore – “Sí Stevy…”
“E… e adesso Judsie…?” – si inclinó esperto, andando a stimolargli la prostata, facendolo sussultare: Jude inarcó la schiena, poi si appese al sembiante di Steven, che lo inghiottí, sprofondando nell’incavo della spalla sinistra di Jude, il cui volto rimase ben visibile a Robert, in tutto il piacere che stava provando.
“Ecc…eccomi…ommioddio Jude…”
Vennero insieme, erano sconvolgenti nel godere cosí tanto l’uno dell’altro.
Robert aveva il cuore che batteva all’impazzata: avrebbe voluto urlare, spaccare tutto, ucciderli, ne era certo e si spaventó per quegli impulsi.
Steven e Jude andarono a farsi una doccia, nel bagno adiacente.
Si facevano dispetti giocosi, per poi tornare a rilassarsi.
“Domani ho gli ultimi ciack Judsie, che peccato…”
“Miseria… ma verrai a trovarmi?”
“Sicuramente. Daniel torna lunedí, ma domenica sono ancora un uomo libero.”
“Allora avevi ragione sul tuo fidanzato…ok… facciamo un pic nic domenica?”
“Perfetto. Jude potrai sempre contare su di me.”
“Lo so Steven…se ti chiedessi di vederci… qualche volta… per fare l’amore…”
Fry sorrise, baciandogli la fronte – “Correró, anzi mi schianteró!” – scoppiarono a ridere, baciandosi poi con ardore.
Downey si sentí mancare, era come in apnea.
Come un automa riuscí ad arrivare alla hall dell’hotel, salire in auto e partire, senza destinazione.

Guy era sulle spine – “Ma dove cazzo è finito??!! Jude hai visto Robert??”
“No… ma ci sono problemi?”
“Problemi?? Un disastro, è sparito da ieri!!”
Law rimase perplesso, poi fissó Fry, che gli fece un cenno.
“Judsie credo che tu debba andare a cercarlo. Il tuo momento è arrivato, prima di quanto pensassi.”
“Steven io…”
“Non temere, ora sei tu il piú forte. Prendi in mano la tua vita: salvalo oppure affondalo, ma non smettere di amarlo per la rabbia od il rancore, perché è lui che tu ami Jude, non dimenticarlo.” – gli arrise, con saggezza e malinconia, stringendolo per l’ultima volta e dandogli un bacio, lontani dai curiosi.
“Grazie Stevy… forse so dove trovarlo…a presto.”

Ce lo aveva portato lui in quel posto, appena fuori cittá.
C’era un bosco di castagni, un sentiero fatto di ghiaia colore cenere, cespugli di ribes e mirtilli.
Jude pensava fosse un segnale romantico per Robert, ma lui si preoccupó solo di scopare in auto, dopo una passeggiata vuota dei concetti amorevoli, che l’altro avrebbe voluto ascoltare.
Downey era prono su di una delle panchine, in legno bianco latte.
Jude parcheggió e si diresse verso di lui, con due birre, che stappó una volta seduto.
“Strano che tu sia arrivato proprio qui, in questo meraviglioso angolo di mondo, Robert.” – disse sereno, passandogli la bottiglietta, che Donwey rifiutó – “Non ho sete.”
“Buon per te.” – ed arricció il naso, facendo spallucce.
Downey si irrigidí – “Come mai non sei a farti sbattere dal tuo vecchio?”
Jude non si scompose, girandosi a fissarlo – “Tu non mi ferirai piú, sai? Quindi risparmia il fiato.”
“Allora perché sei qui?”
“Mi gusto lo spettacolo. Credevi di essere cosí superiore al mondo dei sentimenti puliti, che solo io potevo donarti, invece sbagliavi. Guardati, fai quasi pena, ma la veritá è un’altra. Fai unicamente schifo.”
Si rialzó, buttando nel cestino le Becks – “Ecco, tu sei un vuoto a perdere, Robert Downey Junior.”
Fece alcuni passi, poi sentí l’altro inveire contro alla sua schiena – “Io ho sofferto come un cane nella mia vita Jude!! COSA CAZZO NE SAI TU DELLA MIA VITA??!!”
Law tornó indietro, furente – “E TU COSA CAZZO NE SAI DELLA MIA EH ROBERT??!! TU LA MIA L’HAI DISTRUTTA SENZA ALCUN RIGUARDO DA QUANDO TI CONOSCO!!!”
La sua rabbia investí Robert, come un treno in corsa, ad un soffio dalla sua faccia stravolta.
Sembravano di granito, spietatamente saldi nelle rispettive convinzioni.
I quarzi di Robert liberarono due lacrime, che precipitarono come mosse dal vento dei rimorsi, che non riusciva piú a nascondere a Jude.
Le mani di Downey salirono dalle dita di Jude, che stava sfiorando con un tremolio, fino alle sue spalle, poi alla nuca, che cinse con delicatezza estrema, terminando quella breve corsa con un lungo bacio.
Lo attiró a sé, aderendo al corpo di Jude, mescolandosi a lui, fondendosi in lui.
Law lo avvolse nel proprio abbraccio, abbandonandosi a quel bacio – “Non… non ti ho mai sentito cosí tanto Rob…”
“Ti supplico non lasciarmi Jude… prenditi la mia inutile vita. Io ti amo… ti amo, ti amo… ti amo.”

La collina era tempestata di campanule selvatiche, Robert aveva sistemato il plaid e Jude stava apparecchiando, cercando nella cesta in vimini il necessario.
Mangiarono dei tramezzini, bevendo tè caldo e conclusero quel pranzo con una torta di frutta.
“Buon compleanno Robert…”
“Te ne sei ricordato… Dio vieni qui…” – lo bació con trasporto, rotolandosi poi sul prato ancora bagnato di rugiada.
Le loro risa sembravano lambire il cielo.

THE END





LAW AND FRY ON OSCAR WILDE 1997


STEVEN FRY SUL SET DI HOLMES N. 2 .2011

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