venerdì 1 aprile 2011

GOLD - Capitolo n. 120

Capitolo n. 120 – gold



Kevin stava guardando i tetti di Manchester, appoggiato allo stipite della porta finestra, in quella camera di albergo, che divideva con Chris.
Avevano deciso di dormire insieme, solo questo, come superstiti di una stesso naufragio.
Andavano avanti per inerzia, spiandosi nei medesimi gesti, l’attesa di un sms o di una telefonata, di un cambiamento o di una svolta, ma non sarebbe successo, almeno Chris ne era convinto.
Kevin parlava tutti i giorni con Lula e sentirsi chiamare “papá” gli piaceva.
Con Glam scambiava solo messaggi ed ancora una volta gli aveva dato piena fiducia, in cosa poi ormai neppure piú lui lo sapeva.
Il suo compagno era di sicuro tornato tra le braccia di Jared, che non gli dava scampo, come quei virus senza antidoto.
Chris gli aveva persino dato un consiglio – “Lascia che si sfoghino, che Glam si stanchi di Jared o viceversa, a questa distanza non puoi farci nulla.”
Stancarsi? Ridicolo, dopo tanti anni, quei due non si sarebbero mai frenati nel vedersi o stare insieme se nessuno si poneva in mezzo: che vita, peró, sarebbe stata? Fare la diga umana ed arginare quell’onda anomala, che era l’amore tra Glam e Jared, bella soddisfazione.
Le riflessioni si accavallavano anche a quel risveglio, mentre in un letto a pochi passi da Kevin, c’era un ragazzo meraviglioso, sensuale e dolcissimo, che, a quel punto, non aveva occhi che per Tomo il croato, Tomo che aveva ripreso Shannon in casa, Tomo che aveva un figlio con lui e che aveva scelto la famiglia o la strada vecchia, poco cambiava.
Niente cambiava.

Colin si diede una ripulita, fece la barba ed indossó il completo regalatogli da Jude e Robert, che erano in salotto a parlare con Brandon.
“Dai sali, vai da lui.” – disse con tenerezza Downey, ma Law ebbe un’esitazione – “No, vai tu amore, volevo chiedere alcune cose a Brandon…”
Quando Farrell lo vide affacciarsi, gli corse incontro, abbracciandolo con un trasporto, che stupí piacevolmente Robert.
“Ciao campione… Dio, sei uno splendore!” – e sgranó quei pozzi di pece, schiudendosi in un sorriso incantevole.
A Colin sembró di vedere sé stesso, avevano gli stessi colori del resto, ma tra dieci anni ed avrebbe voluto avere il carattere di Downey, ma in modo particolare, le sue certezze, anche se non granitiche.
“Perdonami Rob… perdonami perché è solo colpa mia se tu e Jude avete litigato…”
Era stato aggiornato via email con poche righe su quanto accaduto dopo la sua festa.
Downey scrolló le spalle – “È tutto passato ed a volte, sai, è bello avere una ragione per poi fare pace… anche se mi ero preso solo un po’ di tempo, non abbiamo discusso con Judsie…”
Colin sospiró, dandogli una carezza sullo zigomo – “Tu e lui non dovrete mai lasciarvi, siete nati per stare insieme, siete un’unica persona e siete bellissimi.” – quindi si allontanó, cercando mestamente le scarpe.
Robert tossí, quasi imbarazzato – “Colin hai notizie di Jared?”
“Sí… insomma con il cellulare, il computer… Mi ha promesso che tornerá tra due settimane, ma ci credo poco…”
“E perché? Se lo ha promesso…”
“Lo ha fatto solo perché gli facevo pena ed era palese quanto desiderasse risalire su quell’aereo ed arrivare il prima possibile ad Haiti. Mi ha anche raccontato che lui e Glam hanno fatto un passo indietro, ma sono certo che … che non è cosí. Pazienza, probabilmente merito questa agonia o forse con Jared non si puó avere alternative. O si accettano le sue … alterazioni del cuore… o si rinuncia a lui, per poi non avere piú un motivo decente per vivere…”
Stava seduto sul bordo del materasso, tormentandosi le mani, durante quella spietata disamina, osservato da Robert, ma anche da Jude, che aveva sentito tutto e che andó ad inginocchiarsi davanti a lui.
“Ehi uk buddy… perché non lasci questo posto triste e vai a divertirti con il tuo uomo, che è una delle persone migliori che io conosca…?” – disse, scompigliandogli i capelli.
Jude aveva un nodo alla gola, che salí alle sue iridi stellate d’argento, era terribilmente in ansia per le condizioni del suo migliore amico e non sapeva piú come aiutarlo: “Fallo anche tu irish buddy… vai dal ragazzo che ami e riportalo in questa casa, a riaccenderne la gioia…”
“Prima non lo avrei fatto per rispetto, ma adesso mi sento davvero svuotato da qualsiasi entusiasmo… non ne ho nessuna voglia Jude.”
Finalmente si strinsero, rialzandosi entrambi.
Robert si uní a loro, come a raccogliere le poche forze rimaste e tentare un estremo salvataggio della situazione.

Jared dormiva arrotolato al cuscino, Glam fissava la sua schiena, aggrottando la fronte, immerso nel suo senso di colpa.
Aveva bisogno di lui, di viverlo, di amarlo, non era in grado di resistere a quella continua tentazione ed ossessione, che Jared rappresentava.
I sentimenti per Kevin lo avevano solo distratto da quello che realmente provava e non erano serviti a salvarlo.
Certo quel termine lo faceva realmente vergognare, a quel punto degli eventi: aveva anche adottato Lula, insieme a Kevin, una seconda barriera, un dissuasore efficace per rinunciare a Jared?
La sua esistenza era dagli inizi un vero casino e solo con Kevin aveva acquisito un’autentica dignitá come essere umano.
Ora era soltanto un mostro, questa l’aspra conclusione, inutile e vuota, come quel rapporto malsano.
Seguiva i lineamenti di Jared, il suo profilo perfetto, poi le due gemme, che riflettevano la luce, rimandando al suo cuore spiragli di blu e cenere, mentre si destava cambiando la modulazione del respiro: era da togliere il fiato, era un’esagerazione di incanto e, giusto o sbagliato che fosse, era tutto per Glam.

Shannon sfioró le spalle di Tomo con un bacio.
“Ti amo… piú che mai…” – mormoró, per poi cinturarlo, tra il petto ed i fianchi, ripossedendolo per l’ennesima volta, quel mattino di giugno.
Lui si concentrava su quel legame ritrovato, sul loro bimbo, che gioiva rivedendoli insieme, ma un vuoto insopportabile, si era aperto nel cuore di Tomo.
Appena gli fu possibile prese il suv e si assentó per fare la spesa.
Stava rannicchiato sul sedile, nel parcheggio del market di West Hollywood, a singhiozzare, mentre cercava la frase giusta da scrivere a Chris, non poteva rimandare oltre.
Infine preferí telefonare, per fargli sentire quanto soffrisse.
Chris aveva appena fatto una doccia, Kevin era rimasto nel locale con gli altri a festeggiare l’ennesimo sold out e non aveva voglia di andare a dormire troppo presto.
Quando vide il nome di Tomo, un tremolio lo investí dal petto alle mani – “Pr… pronto… ciao…” – balbettó, accasciandosi sulla moquette.
“Tesoro… ti… ti chiedo scusa… ti chiedo scusa Chris…”
Lui non riusciva a coordinare una risposta, ma scoppió a piangere, unendo le loro lacrime, mescolando i singulti all’impulso di esprimere ogni emozione – “Ti amo Tomo… io ti amo…”
Fu inaspettata e lucida, quella veritá che non si era persa nel rancore, il cuore di Chris era puro e Tomo lo aveva maltrattato o anche peggio, lo aveva usato.
“Devo vederti Chris… devo… io… vorrei…”
“Il mese prossimo sono a New York… il quindici credo… ora partiamo per la Russia e poi il Giappone… Se ne vale la pena, mi aspetterai, vero…?”
“Sempre…”
Avrebbe voluto aggiungere un ti amo, ma sentí un clic dalla parte opposta e si morse il labbro inferiore, deglutendo amaro, per poi scagliare il telefono contro al parabrezza, prendendo a calci tutto il resto.


CHRIS

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