mercoledì 13 aprile 2011

GOLD - Capitolo n. 131

Capitolo n. 131 – gold



Tomo e Claudine diedero il cambio a Jared.
Robert e Jude andarono a casa, dopo averlo accompagnato alla End House.
“Grazie ragazzi… per tutto…”
“Figurati Jared, ci sentiamo verso sera…” – disse Robert, scompigliandogli i capelli.
“Jude me lo saluti tu…?” – sussurró, visto che Law si era riaddormentato.
Downey annuí, con fare simpatico, per poi ripartire.

Shannon aveva portato Josh a nuoto e poi cercó di rintracciare Owen.
Le prime cinque chiamate andarono a vuoto, poi finalmente gli rispose.
“Sí dimmi…” – disse con tono incolore.
“Dove diavolo sei?” – chiese di rimando con irruenza il batterista dei Mars, fermando l’auto.
“In barca, sono al porto.”
“Vai a fare un giro?”
“L’idea era quella Shan…” – replicó con una certa rassegnazione.
“Sei… sei solo?”
“Ma certo che sono solo cazzo!” - sbottó, chiedendo poi scusa – “Abbi pazienza… sono nervoso… Shan ci sei ancora?”
“Sí sono qui… Potrei fare un passo da te? Volevo finire il discorso dell’altro giorno.”
“Credo sia meglio di no Shan. Cosa ci sarebbe ancora da dire?”
“Come vuoi, io avrei voluto solo…lascia stare, ciao Owen.” – riattaccó mestamente.
Shannon si sentiva soffocare, tra l’ostinazione e la razionalitá, un conflitto impari.
Rimise in moto e si diresse al molo dove solitamente era attraccata la Deep Water.
Owen stava sistemando dei cuscini e degli asciugamani, l’equipaggio aveva il giorno libero, Shannon se ne rammentó solo in quell’istante.
Salí velocemente parandosi davanti ad Owen, che reagí con un certo stupore – “Che diavolo ci fai tu qui?!”
“Sai cosa non ha funzionato tra noi?! Vuoi saperlo sul serio Owen?!”
Senza dargli il tempo di ribattere, Shan proseguí, dopo avere ripreso fiato, spezzato dall’agitazione.
“Tu mi trattavi come una cosa! Una delle tante cose che possiedi o delle persone a cui dai ordini ogni giorno… ma io non sono un tuo dipendente e tanto meno una tua proprietá… hai subito spogliato di ogni tenerezza e gioia il nostro legame, anche se con Josh eri fantastico, ma alternavi troppi stati d’animo, soffocandomi di continuo! Io non sono un damerino oppure un fantoccio da esibire a corte! Io ero solo un uomo che si era innamorato di te, forse dal primo istante, anche se ci siamo comportati da animali, ma il vero di noi alla fine è emerso e ci abbiamo provato…Ma non ha funzionato, purtroppo.”
Rice si mise a sedere, gli mancava un battito.
“Ok… ok la colpa è mia dunque… Il fatto invece che tu sia tornato di corsa da Tomo, devastato dalla gelosia quando è apparso Chris, questo non centra nulla, giusto Shan?” – domandó ironicamente, ma con estrema amarezza.
“Puó darsi… certo se avessi avuto un buon motivo per non dare peso alla sua relazione, se la mia prioritá fossi stato tu, come all’inizio…”
Owen scattó in piedi: “Non vuoi proprio prendertela la responsabilitá di questo fallimento, non vuoi davvero ammettere che sei soltanto uno stronzo!” – gli urló ad un soffio dal viso arrossato dell’altro.
Shan fece un passo indietro, abbassando gli occhi lucidi – “Oppressione… un peso sul cuore, ecco cosa sentivo ogni volta che mi scopavi in quel mausoleo, che tu chiami casa e che dicevi essere anche mia, ma io mi sentivo solo un estraneo…”
Due lacrime rigarono il volto di Owen – “Io… io ti facevo l’amore…nella nostra casa…Quindi è questo ció che ricordi di quei momenti, è questa la sensazione che ti è rimasta dentro?”
Shannon annuí e fu come ricevere una pugnalata per Rice.
L’ennesima.
“Vattene… spiega tu a Josh il motivo per cui non potró piú fare parte della sua esistenza, spiegagli che mi fai schifo, adesso anche l’ultima incertezza è volata via…”
Sparí sotto coperta, chiudendo lo sportello della cabina a chiave.
Dall’obló vide Shannon avviarsi lentamente, piegato quasi sul volante, ad asciugarsi un pianto lacerante.

“Robert vieni da me…”
“Un attimo tesoro… Non volevi qualcosa da mangiare? Ecco qui… croissant al cioccolato e latte fresco…” – disse amorevole, appoggiando il vassoio sul letto, sul quale Jude lo stava aspettando, ricoperto solo da un lenzuolo di seta e lino colore avorio.
Downey lo imboccó, nutrendolo anche di baci sulle tempie e gli zigomi, mentre Jude mangiava e lo spogliava, trepidante ed innocente come un cucciolo.
Lo sistemó sotto di lui, salendogli sulle gambe e poi sul sesso, sul quale fece scivolare dapprima la bevanda, che precipitó dalla sua bocca, attraverso il suo petto, infine sé stesso, lasciandosi penetrare da Robert con una calma snervante.
Affondó le dita tra i suoi capelli corvini, inebriandosi con il loro profumo, infilando la propria lingua in tutti gli incavi disponibili di Downey, che gemeva, spingendo i fianchi verso l’alto il piú possibile – “Sentimi Judsie… sentimi anima mia…” – ansimava, mentre con le mani gli stava stritolando il punto vita, sottile e tonico, come tutto il corpo di Jude, che si inarcava in un possesso spasmodico, fino a godere sul ventre di Robert, senza neppure essere sfiorato da lui, mentre il seme caldo del compagno lo invadeva e lo colmava.

Tim corse quando Rice gli propose un giro al largo.
Lo trovó giá piuttosto brillo, ma non ci fece caso, visto che portó lo yacht con una destrezza rassicurante.
Gettó l’ancora e non gli diede neppure il tempo di spogliarsi, che gli era addosso, come una bestia ferita.
Tim accettava tutti i suoi giochetti erotici, da sempre, proponendone di nuovi, in caso di carenza di fantasia.
In compenso Owen non gli fece mancare una buona dose di cocaina.
Ne sniffarono diverse piste, per poi ributtarsi su di un divano angolare, dove Rice inizió a sbatterlo come una furia.
Il giovane artista si spaventó solo a quel punto, ma non aveva scampo, visto che Rice si era premunito di legarlo ad un corrimano in ottone, posto sul retro della testata, con una corda troppo spessa ed un nodo cosí complesso, che era impossibile liberarsi.
Lo fece sanguinare, era completamente invasato da un delirio di onnipotenza sconsiderato.
Gli venne in gola, rischiando di strozzarlo.
Neppure i singhiozzi di Tim lo impietosirono.
Lo abbandonó in quell’angolo per un paio d’ore, addormentandosi stordito dal mix di tequila e droga.
Tim partí il giorno seguente per New York; non sarebbe mai piú tornato a Los Angeles.




TIM

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