mercoledì 13 aprile 2011

GOLD - Capitolo n. 130

Capitolo n. 130 – gold



“Vorrei sapere cosa non ha funzionato tra di noi Shan… solo questo.”
Owen si stropicció la faccia, fissando poi il suo interlocutore, che aveva finito il terzo bicchiere di vino ed il suo branzino al cartoccio.
“Forse abbiamo cominciato con il piede sbagliato… nel modo sbagliato intendo…”
“Dovevamo lasciare tutto in quel modo? Forse saremmo ancora insieme.” – replicó mesto.
“No Owen, non credo proprio. Le storie fatte solo di sesso alla fine stancano oppure…”
“Oppure ci si innamora?” – e prese la mano di Shan, abbandonata tra il cestino del pane e la brocca di acqua fresca.
Lui non la ritrasse, stringendo quella di Rice, che sorrise – “Sí… sí certo è successo… Owen ascolta il bambino ti adora e vorrei… vorrei che mantenessimo almeno la nostra amicizia…” – e si divincoló, cercando le sigarette.
Erano su di una terrazza, vista sull’oceano, un panorama spettacolare, ma molto distante dalla loro attenzione.
“Per Josh? Cosa sono adesso? Lo zio che stava con il padre? Un surrogato di fratello…?”
“No, no… sei lo zio Owen perché lui si è abituato a chiamarti cosí e…” – “Certo non speravo che mi chiamasse papá, ma non sono… io non sono un bel niente, a quanto pare.” – disse rabbiosamente sconfortato.
“Sono tornato dal mio compagno, mi sto sforzando di ricostruire la nostra famiglia, non farmene una colpa, ti prego Owen…”
“Ti stai sforzando? Non è molto positivo ció che dici, perché è faticoso, per Chris, per il ricordo di lui? Tomo non è un bastardo, lui ci teneva a quel ragazzo!”
Shan si irrigidí – “Quindi io sarei l’esatto contrario? Un bastardo fatto e finito, che ti ha ingannato?!” – ribatté seccato.
“Sei abbastanza maturo per comprendere il tuo comportamento e, se ti fosse sfuggito, non è mai stato esemplare, né con me e tanto meno con il tuo ex… oh, scusa, il tuo compagno.” – puntualizzó, estraendo la Visa, da un porta carte di credito raffinato, come il resto di lui.
La cameriera tornó dopo mezzo minuto, per fargli firmare la ricevuta, sotto lo sguardo ormai imbarazzato di Shan.
“Devo andare, qui non c’è piú spazio e tempo per me. Grazie comunque, dai un bacio a tuo figlio.”
“Owen aspetta un attimo…” – si alzó insieme a lui, che sistemando la sedia, gli aveva giá dato le spalle.
Shan rimase immobile, seguendolo mentre se ne andava senza piú voltarsi indietro.

“Ho… ho parlato con Robert… è il padre che vorrei, comprensivo, intelligente…”
“Non innamorartene Chris…” – disse Tomo dolcemente.
“Potrebbe succedere… ma io amo un altro…” – replicó sorridendo, in quella video chiamata.
“Sei dimagrito…”
“Anche tu Tomo… stai lavorando?”
“Combino ben poco… ho fatto questa…”
Gli mostró una lastra di vetro, sulla quale aveva stilizzato un primo piano del leader dei Red Close.
“Ehi… lo conosco quel tizio… è un pazzo, che…”
“Che mi ama, Chris?”
Lui scrolló le spalle, sospirando – “Da impazzire…”
“Io… io proveró ad essere a New York… non so cosa inventarmi, ma…”
“Lascia stare, non voglio farti litigare con Shan.”
“Prima o poi succederá… questa situazione mi sta annientando, perché è come se fossi sospeso, non ho mai provato nulla di simile, neppure quando stavo con Vicki e mi sento in colpa… terribilmente in colpa cucciolo…” – ed accarezzó il monitor.
“Ti aspetteró…vorrei fosse giá domani, ma mancano tre settimane… purtroppo.”

Jude si stava massacrando le unghie, seduto su di un divanetto davanti alla stanza di Colin.
Il led era nuovamente acceso sul rosso.
Jared stava arrivando con un borsone pieno di biancheria pulita.
“Ehi campione…”
“Ciao Jay!” – scattó in piedi, sentendosi sollevato.
Si abbracciarono – “Sta di nuovo male?”
“Sí… che giornata…”
“È un incubo che pensavo di avere seppellito, invece è tornato…”
“Parli del suo primo ricovero?”
“Sí… fu terribile anche allora, con l’aggravante dell’alcol…Rientra a casa Jude…” – sorrise.
“Sicuro?”
“Sí, vai da Robert, stai con lui, facci l’amore, tu che puoi, è un uomo magnifico, che ti adora e che vive per te.”
Law sgranó gli occhi azzurro grigio, riprendendo fiato – “A volte… a volte si danno per scontate le cose Jared ed è uno sbaglio grave…”
“Sí lo é. Adesso vai, io rimango con Colin, sará una notte tremenda, so di cosa parlo.”
“Abbi cura di te… e di lui, ciao Jared.”

Il soffitto si avvicinava e Colin si coprí il viso con l’avambraccio tremando ed urlando.
Era solo l’ínizio.
Gli effetti di quel farmaco erano destinati a durare almeno sei ore, poi tutto sarebbe andato meglio, ma non prima dell’alba.
Jared salí sul letto, vestito di una t.shirt e dei jeans in cotone bianco, sembrava un infermiere.
“Ho… ho freddo… Jay…”
“Sono qui, non ti lascio… ora calmati Cole.”
Erano parole inutili, le sue reazioni erano fuori controllo e Jared lo sapeva.
Il primario gli aveva consigliato di lasciare fare al personale, ma lui era ostinato e convinto che Colin avesse bisogno solo di lui ed aveva ragione.
“Ci chiami immediatamente se…” – “Lo faró dottore.”
Uno scambio di occhiate veloci e frasi di circostanza, Jared non vedeva l’ora di chiudere quella porta e restare con Colin ed i suoi demoni, i loro demoni.
Per fortuna le crisi di vomito erano passate, restavano i tremori e le allucinazioni.
“Ja… Jared…quando nasce la bambina…?”
Colin si era calmato per pochi minuti, poi spalancó gli occhi ponendo quel quesito, che scosse Jared.
“La… la bambina Cole?”
“Sí… Becki… quando nasce… io… io non riesco a ricordarlo…” – disse disperato.
“A dicembre tesoro… mancano mesi…”
“Sí… sí… è … sei tanto generoso, darmi un figlio… è meraviglioso Jay…”
“Sí, sará cosí Cole…” – ribatté, trattenendo a stento le lacrime, che invece scendevano copiose sugli zigomi di Farrell.
Ricadde in una sorta di catalessi, era intervallata da momenti di scarsa luciditá, in cui chiedeva da bere e che ore fossero, con altri di totale alienazione.
Jared non aveva mai smesso di tenerlo sul petto, sfiorarlo con carezze e baci leggeri, assecondandolo nei suoi ragionamenti che vagavano nei loro numerosi ricordi.
“È arrivata la macchina Jay? Devo… devo ancora farmi la doccia…”
“No, dormi è ancora notte.”
“Ma… ma dovevamo girare… nel buio… i fuochi… Fobos è ancora lí ed il cagnolino di Steven ci ha pisciato contro…” – ridacchió.
Era vero, sul set di Alexander, un episodio divertente, non una farneticazione, anche se Jared l’aveva dimenticato.
“Oliver glielo spellerá vivo se lo rifará… Ora riposati… hai caldo?” – glielo domandó perché stava sudando.
“No…ma dobbiamo smetterla di fare l’amore senza accendere l’aria condizionata…sei troppo capriccioso Efy…ma sei bellissimo ed io morirei per te…”
“Lo so… ed io per te Alessandro…”
“Dovevamo… noi dovevamo restare lí…saremmo stati felici in Marocco… perché non l’abbiamo fatto Jay?”
Sembrava cosciente di ció che stava dicendo.
“Non lo so Colin…Ma lo siamo lo stesso… non trovi?” – ed inizió a singhiozzare, avvolgendolo per cullarlo.
Farrell stava di nuovo tremando, un istante dopo urlava, respingendo con gesti convulsi delle ombre, che gli camminavano ovunque, erano prima ragni, poi scorpioni, poi avvoltoi.
Jared si sentí allo stremo, improvvisamente.
Si spostó, per prendere un asciugamano ed un pigiama pulito, Colin non controllava la minzione ed era tutto bagnato.
“Cazzo!!” – ringhió non trovando ció che gli serviva.
Sentí aprire la porta e dei passi veloci.
Era Robert.
“Cercavi questo?” – mormoró passandogli un paio di pantaloni ed una casacca.
“Mio Dio grazie…”
“Ehi Colin, cosa combini? Dai cambiamoci…” – sorrise, mentre lui lo fissava, senza riconoscerlo da subito.
Downey aiutó Jared in quell’operazione, che si riveló semplice, nonostante qualche protesta di Colin.
Lo lavarono e Robert sostituí anche le lenzuola, dopo che lo avevano fatto sedere su di una poltrona, dove Farrell si assopí per qualche minuto.
Una volta destatosi, salutó l’amico – “Rob… cosa ci fai qui?”
“Do una mano a Jared, sei il solito casinista Colin, non credi?” – disse ridendo.
“Sí…e Jude?”
“Sono qui Colin… ciao…” – entró solo in quel momento, dopo avere ammirato il proprio uomo prodigarsi senza secondi fini, come faceva da sempre.
Anche Downey aveva passato momenti orribili in strutture come quelle e l’assistenza di qualcuno che ti vuole bene era la cura migliore per disintossicarsi da ogni male.
“Judsie… perché cazzo lo chiami cosí?”
“E perché tu chiami Jared con quel Jay?” – ribatté facendolo stendere di nuovo.
“Perché è cosí piccolo…hai visto la sua foto di quando era… lui e Shan si amano ed io non riesco a farmi capire da suo fratello…”
“E cosa dovrebbe capire?”
“Che non sono uno stronzo… che faccio sul serio con lui…dice che sono un puttaniere…”
Jared scoppió a ridere, senza farsi vedere, in effetti i primi tempi Shannon non era molto entusiasta di quella sua frequentazione con quell’irlandese inaffidabile.
“Invece non lo sei Colin?” – Downey ridacchió.
“No… no cioè… e tua moglie? Come sta Robert?”
“Abbiamo divorziato.”
“Per Judsie?”
“Sí.”
“Hai fatto bene…ma non era una baldracca…tu la conosci la Miller?”
Jude e Jared erano accovacciati in un angolo, sghignazzavano e piangevano, in un misto di isteria e spossatezza.
“Sienna?... certo…”
“E… e Cameron? La conosci Rob?”
“La Diaz? Ma cosa facciamo, la lista delle ex dei nostri fidanzati?”
“Io… io non mi ricordo se me le sono fatte… mmmm no… non mi sembra… ma su Sienna ho un dubbio…”
“Mai toccate, lo giuro!” – e si rivolse agli altri due, che ora stavano aprendo delle bibite.
Law si avvicinó e lo aiutó a bere – “Senti Colin, se anche te la sei … non me ne importa nulla.” – sorrise.
Colin ne prese un sorso, poi si rannicchió – “Jay possiamo dormire…?”
“Sí amore…”

Crollarono, Jude e Robert sul letto di Jared e questi avvinghiato a Colin, finalmente tranquillo.


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