martedì 19 aprile 2011

GOLD - Capitolo n. 137

Capitolo n. 137 – gold



Rice non sapeva cosa rispondere al messaggio di Shan, poi decise di scendere nel viale antistante la sua villa di Los Feliz, per accogliere Josh, che gli corse incontro con uno splendido sorriso raggiante, gridando “Zio Owen!!”
Si accovacció per raccoglierlo in un abbraccio caloroso e commosso.
Shannon li guardava, il respiro spezzato da un’emozione incredibile.
Solo in quell’istante si era quasi pentito di avergli portato il bambino, un’iniziativa che gli stava costando molti sensi di colpa e dubbi.
“Come stai campione?” – chiese ricacciando indietro le lacrime.
“Bene zio e tu?”
“Insomma… ho una leggera influenza…”
“Per questo non sei al lavoro?”
“Sí Josh… sei un amore… ti voglio bene, sai?”
“Anch’io tanto, tanto!”
Per i bimbi tutto era semplice.
Bianco e nero, amore oppure odio, anche se un piccolo non poteva conoscerlo, semmai esprimeva rifiuto istintivo verso chi non gli dovesse piacere.
Josh adorava Owen, per cui qualcosa di buono in quell’uomo a tratti cinico e spietato, doveva pur esserci.
Un orizzonte verso il quale si era affacciato spesso lo stesso Shannon, innamorandosene.
Ora avrebbe negato questa evidenza del cuore, pur di uscire dall’imbarazzo nel scrutare ogni sua espressione, ogni suo colore, sentendo i battiti aumentare nella vena del collo, dove Owen posava i propri baci quando erano a letto e non solo lí.
Ogni luogo era perfetto per congiungersi, in quella simbiosi di passione e desiderio, da sempre alla base di quella relazione finita nel peggiore dei modi.
“Vuoi un caffè Shan…?”
“Sí grazie…”
“Accomodati, tanto Josh è preso dalla sua play station…”
“Pensavo avessi smontato la sua stanza dei giochi…”
“No Shan, non è per Josh, forse spero ancora che un cucciolo entri nella mia vita, in qualche modo.” – replicó fissandolo, serio, ma senza cattiveria o presunzione.
Shannon tossí, alzandosi per uscire in terrazza a fumare.
Offrí una sigaretta ad Owen, che accettó, prendendo l’accendino e facendo fuoco – “Grazie…” – mormoró Shan a pochi centimetri da lui.
Fece un paio di tiri, senza spostarsi, come ipnotizzato dalle iridi azzurre di Owen, che non aveva mai distolto il proprio sguardo.
Il batterista dei Mars gettó la Camel, facendo altrettanto con quella di Owen, afferrandolo poi per la nuca e baciandolo con irruenza, all’improvviso.


“Verrai a New York, allora…? Posso sperarci Tomo?”
“Sí tesoro, ho deciso ormai. Forse Shan mi creerá qualche problema, ma ho intenzione di fare chiarezza con lui…”
“Ne sarei felice, ma penso sempre a Josh…”
“Anch’io ci penso Chris, ma sono stanco di fingere, di pensare a te quando… Chris mi manchi… mi manchi da morire e vorrei solo stringerti, fare l’amore, ritrovarci…”
“Avrai tutto ció che vuoi… ti amo sai?” – sorrise, con quell’innocenza intrisa di una sinceritá, che destabilizzavano Tomo, sempre piú consapevole che quel loro legame aveva radici profonde ed irrinunciabili.

“Ecco ci siamo persi buddy! Lo sapevo!”
Jude fece un saltino sul sedile del suv di Farrell, battendo sulle gambe una cartina stradale, che aveva garantito come metodo efficace per arrivare a destinazione, visto che il nuovo navigatore era andato in tilt.
Colin ridacchió, assecondandolo in quella scenetta isterica – “Oddiooo come faremo!!? Ci rapiranno gli alieni, la setta delle fatine dei boschi ci trasformerá in ranocchie e poi naaaaa … tu in una gallina, visto quanto starnazzi uk buddy aahahahh!!” – sghignazzava dandogli gomitate e scompigliandogli dispettoso i capelli.
“Coleee ti strozzo, se non la smetti di prendermi per il culo ok??!!”
“Ok provaci…” – e gli mostró il collo robusto, sul quale spiccava una catenina d’oro ed una medaglietta – “E questo chi é…?” – domandó Jude.
Colin si rabbuió – “Oh questo… un regalo, di Geffen… il protettore dei naviganti, perché noi siamo stati navi in tempesta, senza un porto sicuro, finché non abbiamo trovato l’amore vero… La storia era questa, ne ha una anche Jared ed un’altra lui, ovvio… penso anche Kevin, sí… sí, ce l’ha.” – sospiró.
“Colin mi dispiace…”
“Per cosa?” – abbozzó un sorriso, scrutando oltre il parabrezza per non mostrare quanto fosse malinconico a Jude, che gli accarezzó un braccio - “Per averti fatto ricadere in ricordi dolorosi…”
“Ma sai… in fondo quello era un momento bello per tutti, non eravamo tanto confusi e… mescolati…” – si strofinó la faccia – “Dai, ripartiamo, troveremo prima o poi una segnalazione…”
“Va bene… e spero un pub, ho una fame!”
“Pure io… una bella bistecca?”
“Magari Colin…offro io!”
“È il minimo con un autista come me!” – esclamó Farrell riappropriandosi, con uno sforzo non indifferente, del buonumore con cui si erano messi in viaggio.

Jared si addormentó sul divano nell’ufficio di Geffen insieme a Lula, dopo avere giocato agli indiani e cow boy, buttando all’aria tutti i documenti parcheggiati sulla scrivania.
Glam si mise a sedere osservando quella confusione ed i due colpevoli.
Sospiró, pronto a sgridarli, ma erano troppo teneri, abbracciati ed immersi in qualche sogno, i tratti dei volti rilassati, dai quali traspariva quel candore sereno, tipico di chi non ha problemi.
Forse solo in quei rari momenti Jared ritrovava la giusta pace con sé stesso: Glam rifletteva su quelle considerazioni, mentre si avvicinava a loro.
Sfioró con il palmo destro la fronte di Lula, che restó immobile, per poi ripetersi su quella di Jared, che arricció il naso, arridendo ad un’illusione – “Papá…”
Geffen si ritrasse, come se lo avesse violato con una bugia, ma poi tornó a lambire il suo profilo, finché non aprí gli occhi, ancora sognanti – “Ehi Glam… scusa per quel casino, ma…”
“Non importa… davvero, non cambierei nulla di… Vi voglio bene.”
“Anche noi… per sempre.”





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