sabato 30 aprile 2011

GOLD - Capitolo n. 146

Capitolo n. 146 – gold



Jared aveva acceso cento candele, cento piccole cialde in altrettanti contenitori in vetro, ad ampolla, nei colori marocchini, che Colin e lui amavano.
Avevano vissuto tanti momenti felici, ma quel periodo restava in assoluto il piú incredibile, per intensitá di emozioni e scoperte.
Rosso, ocra, oro, come i drappeggi che circondavano l’alcova a baldacchino.
Era semplice, anche se quel resort traboccava di opulenza e lusso.
Jared lo preferiva, per l’ottimo cibo vegan del buffet, ma al momento voleva nutrirsi solo di Colin.
Lui era appena entrato, guardandosi intorno, piacevolmente appagato alla vista di tanti ricordi, ricreati apposta per compiacerlo.
Chiamó il nome del compagno, posando le poche cose che si era portato nella sacca da viaggio, ritrovata in fondo ad un armadio.
Si sentiva un viaggiatore in cerca d’amore, come succedeva da quando lui e Jared si erano messi insieme.
Salivano su aerei, con destinazioni sempre diverse ed a volte assurde, troppo distanti dai rispettivi set o sedi di concerto, nulla riusciva a fermarli, né le urla di Claudine, tanto meno quelle di Shannon, loro si ribellavano ad ogni costrizione, pur di viversi.
Jared lo cinse da dietro, incrociando le braccia sul suo petto.
“Amore…” – sussurró Colin, assaporando il profumo della sua pelle, che scoprí nuda un secondo dopo.
“Hai sete Cole?” – chiese baciandolo tra il collo e la spalla.
“Di te… ma… avrei bisogno anche di una doccia…”
“Un bagno vorrai dire, mio signore…” – sorrise.
Quello che sembrava un gioco, era invece un rito, per loro.
L’unguento che Jared aveva usato per rendere il proprio sembiante liscio e luminescente, nel bagliore tremolante di quelle fiammelle, sapeva di mirra e riso gradevole ed eccitante.
Colin lo respiró a fondo, baciandolo con una sottile irruenza.
Sentiva la propria erezione ribellarsi sotto la tela dei Levis avorio, i capezzoli inturgidirsi e scontrarsi con la stoffa della casacca in lino chiaro, che Jared sfiló, sostituendo quel contatto con la propria bocca, succhiando intenso e deciso.
Colin piegó la testa all’indietro – “Cazzo… verró subito cosí Jay… pietá…” – rise incantevole.
Jared gli leccó le labbra, fissandolo ed ansimando, caricando di promesse ogni suo sguardo per Colin, che era giá in completa estasi.
Lo prese in braccio, era leggero e sinuoso, un corpo magnifico quello di Jared, almeno quanto quello di Colin, che si tuffó tra i vapori e le acque tiepide di una piccola piscina.
Jared si ancoró con le cosce a lui, che prese il proprio sesso, strofinandolo forsennatamente contro la fessura del compagno, che gemette impaziente.
Farrell si bloccó, stritolandogli quasi il viso e poi le costole, nel stringerlo a sé – “Se è un sogno, non svegliarmi piú… Jay sei tutto ció a cui tengo, con i figli che mi hai dato e quelli che hai cresciuto con totale devozione, sei il mio sposo, il mio amante e l’amico migliore… tu sei la mia vita, non dimenticarlo mai.” – e lo bació nuovamente, penetrandolo, sino in fondo alla sua anima, che scalpitó, per poi accoglierlo a pieno.
Jared deglutí, piangendo e pregandolo di non smettere – “Sono tuo Colin… è vero…è vero…”
Colin lo fece emergere, uscendo veloce da Jared, mettendolo seduto sul bordo, per gettarsi sul membro eretto e pronto ad essere inghiottito e pompato allo spasimo da lui, che non aspettava altro.
Jared gli afferró i capelli, premendo per la nuca ed acuendo gli affondi di Colin.
“Vieni… vienimi in faccia…segnami Jay… segnami di te dappertutto…”
Jared lo fece, masturbandosi ed urlando.
Colin si immerse completamente ed un attimo dopo era giá impegnato a spingerlo contro alla parete piastrellata, in una sequenza che Jared non riuscí a seguire, talmente preso a recuperare un minimo di luciditá.
Lo prese da dietro, avendo cura che Jared non si facesse male al volto contro a quel muro dove la condensa del calore, si mescolava a quella dei loro respiri.
“Sentimi… sono… sono dentro di te…Jay… Jayyy!” – era al limite e non si frenó oltre.
Jared si sentí colmare e purificare dallo sperma di Colin, che stava spargendo baci ovunque potesse arrivare.

Peter e Tomo fecero stendere Chris, mentre Brandon cercava nella valigetta lo stetoscopio ed il misuratore di pressione.
Il giovane cantante era in preda ad un’agitazione crescente, sudava e tremava, in un delirio di frasi via via piú sconnesse.
Tomo era spaventato, ma si impose di non perdere il controllo e di aiutarlo.
Robert corse al piano superiore, seguito da Jude.
Vedendo Downey, Chris si protese verso di lui, che si premuró di stringerlo, provando a calmarlo.
“Rob… Rob mi hanno fatto male…”
“Lo so piccolo… lo so…”
A quel punto gridó cosí forte, che Cody pregó Jude di chiudere la porta – “Spero che Kevin non abbia sentito!” – esclamó, preparando una siringa.
“Tomo prendi delle salviette, usa dell’acqua gelida!”
Lui le procuró in pochi secondi, tamponando Chris come gli stava indicando il medico, che con l’aiuto di Downey gli iniettó un calmante.
“Ok… ok, adesso ha rivissuto il trauma e si è sfogato al meglio… Ora deve dormire. Avanti Chris, è passata, quella notte l’hai chiusa in un cassetto, sei stato bravissimo…” – e dicendolo gli accarezzava la fronte, mentre Rob faceva altrettanto con le braccia.
La respirazione si stabilizzó finalmente.
Jude era immobile in un angolo, turbato ed inquieto.
Tomo riprese posto accanto a Chris, ringraziando i presenti per essersi prodigati per lui.
Vassily, presagendo la crisi del ragazzo, fece allontanare i bambini nel punto piú distante del parco, intrattenendoli con Kurt, oltre a Glam e Kevin, che avevano bisogno d’aria, dopo il colloquio con i poliziotti.
Meliti era rimasto nel salone con Shannon ed Owen, aspettando pazienti che qualcuno li aggiornasse.
Lo fece Peter, alcuni minuti dopo: Chris si era addormentato pesantemente, ma cuore e pulsazioni erano regolari.

Jude e Rob tornarono a casa, dopo avere salutato quella che consideravano ormai la loro famiglia allargata.
Lillybeth dormiva sul sedile posteriore, Downey guidava e Law era silenzioso.
“Tutto bene cucciolo?”
“Sí Rob… ma sono a pezzi.”
“Mi dispiace…Spero che…”
“Cosa…?”
“Spero che non ti dia fastidio il comportamento che tengo con Chris, ma è come un figlio per me.”
“Ma…ma non è tuo figlio…” – disse con tono riflessivo, come se stesse parlando a sé stesso e non a Rob, che si asciugó due lacrime dispettose – “Hai ragione Judsie, è proprio il figlio di nessuno, com’ero io e forse anche tu…Quelli come noi vengono forzatamente emarginati e tentano invano di riscattarsi, dimostrando al mondo di essere normali, all’altezza di aspettative ipocrite, fino ad arrivare a rinnegare sentimenti, sessualitá, diventando anche padri, pure di uscire da quel circolo vizioso di sospetti e voci, che sembrano infangare ogni nostro gesto, anche il piú legittimo. Figli di nessuno, appunto.”
Jude si irrigidí, inspirando forte – “È … è una predica?”
“No Jude, è la veritá. Se sbaglio, peró, dimmelo pure.” – replicó pacato ed assorto.
“Io… io non voglio fare scenate davanti alla bambina…” – singhiozzó piano, prendendosi il volto con i palmi tremanti, appoggiando i gomiti sulle ginocchia, piegato in avanti, come se stesse per crollare.
Rob fermó l’auto, disfacendo quell’assurda posizione, per baciarlo e toccarlo ovunque.
“Ti amo… ti amo, non dubitare di questo, MAI!” – gli disse convulsamente, mentre Jude ritrovava un minimo sorriso, per poi sprofondare nel suo petto rassicurante.

I fianchi di Jared si spingevano in Colin da un tempo che si era dilatato, come ogni cosa in loro, che non riuscivano piú a distinguere lo scorrere dei minuti e delle ore, diventata cosa di scarsa importanza ed alcun rilievo apparente.
Languivano ad ogni gesto reciproco, alzandosi a quella quota di un cielo libero, dove nessuno poteva raggiungerli, non in momenti come quelli.
Jared aveva provato una forte angoscia, nell’attendere l’arrivo di Colin, ripensando a Glam, ai suoi rimproveri, per avere perdonato il suo uomo, per essere tornato nel suo letto, per avergli permesso di riprenderselo, come se nulla fosse cambiato.
Eppure tante cose avrebbero mutato le loro esistenze, una su tutte Isotta, ma anche Syria.
Jared provó ad auto convincersi che era venuto il momento di dire la veritá a Colin, il motivo per cui tornava ad Haiti, rinnegando ció che sentiva per Geffen, come se non centrasse anche lui in quei continui rientri sull’isola, ma quando lo vide, sereno, gioioso e pervaso di aspettative, la buona intenzione svaní.
Sentirlo nel fondo delle viscere, che avvolgevano il suo sesso, averlo, dominarlo ed arrendersi a lui, era questo che adesso prevaleva in Jared, che non riusciva piú a staccarsi da un bacio, al quale consegnó l’esaltazione del suo orgasmo, accompagnando anche quello di Colin, tra le sue mani capaci, che mai lo avevano abbandonato.
Scivolarono, avvolti in un copriletto di seta pesante, sul parquet in ebano: madidi di sudore, provarono a riprendere fiato, ma non riuscivano a smettere di sfiorarsi, inginocchiati, uniti, aderendo l’uno all’altro, le dita che si intrecciavano ai capelli ed alle nuche, divorandosi ed estraniandosi da ogni presente, che era troppo poco per contenere il loro infinito amore .



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