lunedì 21 marzo 2011

GOLD - Capitolo n. 108

Capitolo n. 108 – gold



Jude andó nel primo bagno sul percorso verso l’uscita della End House, per rinfrescarsi il volto e riprendere il pieno controllo di sé.
Era pure sempre Inglese ed ogni tanto se ne ricordava.
Inforcó i Ray ban a goccia e si diresse alla piscina, dove Robert era pronto ad andarsene con la figlia Lillybeth.
“E Colin?”
“È al computer con Jared, ti saluta.” – replicó senza tradire la tempesta di emozioni, che lo stava divorando.
“Riportiamo la principessa e poi stiamo un po’ insieme Jude… ti va?”
“Immensamente amore.” – e lo accarezzó tra i capelli corvini e spettinati.

Colin prese il portatile e si infiló a letto, chiedendo a Jared di fare altrettanto.
“Sei stanco cucciolo?”
“Sí Jared, ho preso le ultime fiale di Xentol, mi fanno bene, ma spossano tutti i muscoli…”
“Lo vedo… peró sei sempre bellissimo…”
Si stesero su di un fianco, appoggiando sul cuscino l’HP di ultima generazione, con web cam e microfono integrato ad alta definizione, oltre alla connessione ad internet molto efficace.
Jared era un fanatico di tecnologia ed elettronica, ma anche Farrell aveva iniziato ad apprezzarne i benefici al loro rapporto a distanza.
“Certo non è come averti qui, ma questi aggeggi funzionano benissimo…” – ed accarezzó il monitor, che a pieno schermo gli rimandava i colori del compagno, provato dalle ultime ore, ma entusiasta di potere condividere quel momento con lui – “Ti amo Colin… e… e non vedo l’ora di riabbracciarti…”
Farrell sospiró, provando a trattenere le lacrime, ma non ci riuscí – “Io… io capisco che per te sia importante rimanere ad Haiti, ma…”
“Sto organizzando un concerto benefico…” – sembró giustificarsi, mentre una vocina insistente continuava ad esortarlo a rivelare la gravidanza di Syria, anche se sarebbe stato sbagliato farlo in quel modo.
Jared si convinse che il b.day di Colin sarebbe stato perfetto per renderlo partecipe di quella cosa, che lui non poteva non considerare meravigliosa, appoggiandolo e gioendo per la piccola Isotta.
“Cosa posso regalarti il trentuno?...” – provó a cambiare discorso.
“Il tuo affetto… la tua presenza… il tuo corpo, che desidero da morire…” – affondó la faccia nel cuscino, provando a concentrarsi su quella conversazione, ma il pensiero di Jude iniziava ad invadere ogni suo ragionamento.
Jared doveva tornare alla mensa, per la cena, quindi si salutarono, ma non prima di scambiarsi ogni possibile tenerezza, in due letti diversi, ma pure sempre uniti da qualcosa, che nulla avrebbe davvero distrutto e disperso nell’universo, come una supernova impazzita ed alla deriva.

Jude non rispose alle tre chiamate di Colin, silenziando il cellulare, per non insospettire Robert: era la prima volta che ricorreva a quell’espediente da amanti.
Lesse di sfuggita un sms carico di apprensione.
§ So di avere sbagliato, di essere in torto Jude… ma dobbiamo parlare di questa cosa… dobbiamo capire… io non voglio farti del male, ma non riesco a non averti nella mia vita, peró se questo è il prezzo da pagare, allora ti lasceró andare… perdonami, per tutto quello che non so, ti voglio bene, il tuo irish buddy… Chiamami. §
Jude sorrise su quel “tuo”, rispondendo velocemente, sentendo l’impulso di non poterne fare a meno.
§ Non esiste nulla di te che mi appartenga Colin…§ - e poi spense tutto, per non ricadere nello sconforto, agli occhi di Robert, che stava preparando una cena a lume di candela.
Era un uomo romantico, ma mai scontato.
Lo trovava virile e sensuale, anche quando distribuiva le posate sulla tovaglia verde mela e bianca, un tavolo rotondo sulla terrazza affacciata di fronte all’oceano, le iridi di pece che saettavano sui dettagli, perché tutto fosse perfetto, come la camicia candida, slacciata di poco, i pantaloni neri e le improbabili infradito acquistate in Grecia.
Jude andó ad accomodarsi, vestito di nulla: Downey strabuzzó lo sguardo e ridendo lo coprí con il proprio pullover – “Sei impazzito tesoro?”
“No! Ho voglia di mangiare cosí… fa caldo, tu sei troppo coperto invece…”
“Ok… ma… indossa almeno questo…”
Lui lo accontentó, girandosi sulla seggiola e mostrando la sua erezione svettante, pronta a prendersi tutto ció che voleva.
Robert deglutí, strappandosi quasi di dosso gli abiti griffati, sporgendosi verso la bocca dell’altro, catturandola per divorarla.
Ne seguí un bacio lungo e profondo, come le dita di Jude, che lo penetrarono, intrise di miele e composta di ciliegie, sempre presenti per deliziare l’assaggio di formaggi francesi, acquistati al negozio sottostante, dove erano ormai clienti assidui.
“Siediti… sopra di me… cosí, bravo…” – gemette Jude, che si sentiva tremare in ogni angolo del suo sembiante prestante e tonico.
Quando gli fu dentro, con un affondo deciso ed estremamente lubrificato, anche da una fellatio veloce ed appassionata, Jude urló piano il nome del suo amato, come a ringraziarlo all’infinito per tutto ció che rappresentava da quasi nove anni, meravigliosi ed incancellabili.
Diede una spinta di reni, facendo gridare anche Robert, in estasi e pronto a cavalcarlo con irruente gioia; non smettevano di baciarsi, leccarsi, nutrirsi l’uno dell’altro, finché l’orgasmo non devastó quell’estasi, bagnandoli reciprocamente di umori caldissimi e spontanei, per Downey, che non ebbe bisogno neppure di essere aiutato a raggiungere l’apice, tanto lo eccitava quell’amplesso invadente e totalitario.

Jared sbrigó i tavoli velocemente, voleva tornare a casa il prima possibile, per potere comporre alcune canzoni che aveva in testa dal mattino.
Geffen lo stava spiando con un sorriso, poi si sbloccó e decise di salutarlo.
“Ehi…Hai giá finito?” – domandó accarezzandogli una spalla.
Jared ebbe un fremito, ma cercó di controllarsi.
“Ciao Glam, sí ora me ne vado.”
“Quanta fretta. Cena con noi…”
“Ho giá preso qualcosa dalle teglie, lo so, non dovrei, ma avevo appetito…” – abbozzó una risata nervosa, ma l’altro non voleva arrendersi.
Preferiva non lasciarlo da solo, anche se poteva essere una scelta deleteria.
“Pamela ha preparato quelle frittelle con i germogli di soia… so che ti piacciono.”
“Ti ringrazio, ma ho da fare…davvero, non preoccuparti per me, sto bene Glam.”
“Ok, come vuoi, comunque se cambiassi idea… o se hai bisogno di me…” – “Ti chiamo, sí… lo so che ci sei…Buona serata.” – e se ne andó, anche se sembrava piú una fuga.

Gold.
Quella raccolta di pezzi si sarebbe intitolata cosí.
Il fatto è che non voleva dire “oro”, ma una cosa molto diversa.
“Glam old me in your arms…” – pensó ad alta voce, mentre riversava nero su bianco un mare di strofe e quel ritornello, ridotto ad una singola parola, che aveva un senso se collegata a “another time, another night - Gold, but you know how much I love you, - Gold, and kiss my eyes with your smile again…”
Riflettendo era tutto molto dolce, ma non mieloso, Jared detestava i sentimentalismi, ma si commuoveva ad ogni passaggio, asciugandosi il pianto con il tovagliolo a quadretti bianchi e rossi, in cui era avvolto un pezzo di cioccolato ripieno di crema e cereali.
Lula aveva dimenticato lí la sua pianola ed anche se non era il massimo, andava benissimo per i primi accordi di Gold.
Ritornando con la mente nel Maine, la sua creativitá si espresse in “Save me”, dedicata a Colin e poi in “My spirit is over”, sempre per lui ed ancora “Around our life” - in una visione corale del cammino, che avevano compiuto insieme, con molto dolore.
All’alba la dolcissima “My little may´s rose”, ispirata dall’arrivo della sua Isotta, praticamente una ninna nanna.
Jared era sfinito e soddisfatto.
Invió le tracce allo studio di registrazione, dove i suoi collaboratori dovevano travasare temi e testi, coordinando poi con lui gli arrangiamenti, per potere programmare una vera e propria incisione con il resto dei Mars nell’arco di un paio di mesi.
Crolló, senza sentire la sveglia e mancando al servizio della colazione.
Voleva solo dormire e sognare Colin, non chiedeva di meglio.



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