mercoledì 15 maggio 2013

ZEN - CAPITOLO N. 112


Capitolo n. 112  -  zen


“A volte penso al modo in cui tu stai accettando i miei sentimenti per Glam e … e per te … Ci penso a come vanno le cose, penso di continuo e poi non riesco bene a connettere Jude, mi sento sfinito ed è come impazzire …”
Downey lo disse nel buio della prima sera.
Si erano coricati presto, dopo avere mangiato una mega pizza con Camilla, la più felice nel tornare a casa, anche se adorava rimanere con zio Geffen.

Si tenevano per mano, scrutando entrambi il soffitto, nel riverbero di alcune lampade a forma di sfera, che mutavano colore a seconda della temperatura nella stanza.
Ora erano azzurro cielo.

Law si morse il labbro inferiore, sorridendo poi – “Le cose di cui parli, cambiano, è evidente …”
“La malattia sana le ferite sentimentali? Risolve i problemi di coppia …?”
“Forse … Anzi no, Rob, di certo è così”
“E’ … strano. Ed è come mi sento io, quando parlo con voi, con ognuno di voi”
“Come prima in auto, nel parcheggio dell’ospedale? Vi ho sentiti in imbarazzo, dopo essere saliti a bordo, con Cami”
“Parlavamo d’altro … Di Kevin”
“Ah ecco” – e si girò sul fianco, andando poi a posare la testa pesante, sul torace di Robert, che lo avvolse con cura.
“Io … io ecco vorrei …”
“Sì Robert. Anch’io.”


Jim impiattò le uova alla Bismark, decorandole con un ravanello tagliato con uno degli utensili, dono di nozze delle sue infermiere.
Hugh posò il giornale, sistemando la sedia.
Era molto tardi, quindi avevano deciso per una cena frugale.

“E questo? E’ l’occhio di Circe?” – chiese divertito.
“Che razza di paragone ti stai inventando?” – Mason rise, accomodandosi e passando l’insalata al marito.
“Mangiamo come le capre!”
“Come mai brontoli …? Credevo ti piacesse” – si crucciò spalancando gli occhioni  a cucciolo.
Hugh si sentì perso.
Spinse da parte i piatti e le stoviglie, arrampicandosi sul tavolo e abbracciando Jim, per baciarlo con foga.
Quasi si ammazzò durante quella manovra, cadendo con lui tra la sedia ed il carrello porta vivande, ma non si diede per vinto, spogliando, anzi strappando i vestiti di dosso al consorte, che si sentì pervadere da una voglia di lui altrettanto evidente.

Il pasto rimase intatto, mentre sussulti e grida salivano dal pavimento in legno, dove i due stavano consumando un amplesso febbrile ed eccitante.
Le loro grida di piacere si mescolarono agli spot in onda durante la partita di baseball, che non avrebbero guardato, fortunatamente ad un volume piuttosto alto.
I vicini, comunque, erano al lavoro oppure sordi.
A loro non sarebbe importato alcun rimprovero, anche perché si sentivano in cima al mondo, mentre si baciavano teneramente, senza smettere di toccarsi, nonostante fossero già venuti copiosi almeno un paio di volte.
Erano felici e distanti anni luce da quegli aggrovigliati rapporti, dove i nuovi amici non riuscivano quasi mai a districarsi, senza farsi male.
Avevano avuto un mare di problemi, ma ora sembrava funzionate tutto tra Jim e Hugh: anche l’idea di una probabile adozione; non restava che affrontare l’argomento.
Presto o tardi.


“Ma che diavolo …”
Geffen posteggiò, respirando quelle parole nello stupore di vederlo lì, accartocciato sul muretto antistante la villa di Palm Springs.

“Tom …!? Perché non ti sei fatto aprire, c’è Lula con Vas e Peter”
“Ciao Glam … No, scusa, prima volevo parlarti … Chiederti un favore” – disse tremando, inzuppato di pioggia.
“Dio prenderai un malanno, entriamo, dai” – lo esortò, digitando il codice di accesso a quella residenza incantevole.

Soldino corse a prendere dei vestiti puliti e degli asciugamani.
Stravedeva per Tom, che aveva aiutato il suo papà a camminare di nuovo, dopo l’incidente sulla scogliera.

“Hai fame?” – chiese vivace, mentre saliva sulle ginocchia di Geffen, che non esitò a coccolarlo amorevole.
“No piccolo … Cioè sì … un pochino”
“Dico a Vassily di prepararti uno dei suo russian sandwich!” – esclamò, precipitandosi in cucina, dove il body guard stava già mettendo sul fuoco una teiera rossa fiammante, come le gote di Tom.

“Ok, sei scappato da Los Angeles?” – chiese simpatico Glam, fissandolo.
“Più o meno …”
“Chris sa che sei qui?”
“No, può raggiungermi solo in reparto, negli orari che gli ho lasciato … Lui dovrà rispettare questa mia semplice condizione, nelle prossime due settimane, se vuole fare un passo avanti. Io non torno indietro Glam.”
“Ok piccolo … Adesso mangia questa delizia: salmone, caviale, insalata e maionese, con”
“Molto limone!!” – si intromise Lula, passando il panino a Tom, che lo mangiò volentieri.
“Andiamo a nanna soldino”
“Sì, domani arriva papake vero?”
“Sì angelo mio, con Tim, sei contento?”
“Sììì … Gli voglio tanto bene”
“E lui a te, saluta zio Tom”
Lula gli mandò un bacio con la manina, mentre stava aggrappato al padre, ormai in piedi – “Puoi sistemarti al primo piano, prima stanza a destra Tom … Noi siamo in mansarda.”
“Ti ringrazio … Dormite bene …”
“Anche tu, ciao.”


“Chris ma sei impazzito? Siamo cinquanta chilometri fuori dalla nostra zona”
“Stai un po’ zitto Clever, sapevo che veniva qui, cazzo!”
“Ma qui dove??!”
Il collega di Chris era nervoso e temeva una lavata di testa da parte del capo della polizia, se solo avesse saputo di quel pedinamento fuori programma.

“Quella è l’abitazione di Glam Geffen”
“Geffen, quel Geffen?? Hai saputo di O’Connor?”
“Cosa dovrei sapere?” – e lo guardò di sbieco.
“E’ arrivato in carcere piuttosto malconcio e nessuno ha saputo spiegarne il motivo, visto che dall’aula era uscito tutto intero.”
“Sai cosa mi frega di quel topo di fogna!”
“Pare sia stato il tuo amico Geffen a dargli una … ripassata”
“Affari suoi: ci sono testimoni, prove?”
“No Chris … So che l’ex di questo Geffen era stato stuprato ed immagino il suo stato d’animo, del resto accadesse a mio figlia …”
“Sì … Io comunque non ho fatto niente del genere al mio Tom” – disse più mesto.
Con Clever non aveva segreti.
“Lo so Chris. E’ una crisi passeggera, dovete chiarirvi, andare in terapia insieme, come feci io con Sara …”
Chris rise sconsolato – “Da tua moglie hai divorziato, però”
“Dettagli” – e rise, dando una pacca al partner – “Su andiamo, Tom è al sicuro, ho visto le guardie di Geffen, sembrano due armadi”
“Vassily e Peter, sì, sono brave persone, di famiglia … E forse Tom vorrebbe farne parte, entrando dall’ingresso principale”
“In che modo?”
“Glam, ovvio, hanno già un legame particolare”
“Cosa ti inventi, scemo?!” – sbottò, sapendo bene quanto Tom lo amasse.
Chris stritolò il volante – “Sedurrebbe anche un paracarro quel bastardo …”
“Buon per lui … Ora, però andiamo, ricomincia a piovere. Coraggio Chris”
“Ok … Ma non finisce qui. All’alba ritorno a riprendermi ciò che mi appartiene”
“Dunque sei proprio un coglione!”
“Clever io lo amo da morire!” – esclamò disperato.
“Tom merita la tua fiducia: lo perderai se non gli dimostrerai comprensione e pazienza, sappilo.”


Jude gli baciò la tempia sinistra, sistemandosi meglio tra le gambe di Robert, facendo in modo di non pesargli.
Avrebbe fatto il doppio della fatica, ma non gli importava: era Robert quello che doveva stare bene, che doveva tornare a godere della loro capacità di fare l’amore in maniera unica, in un misto di dolcezza e passione spregiudicate.

Downey si ossigenò, accogliendolo con un sorriso, baciandolo nel collo, mentre le sue mani sfioravano la schiena di Law, scendendo poi ai suoi fianchi, che delicatamente si stavano insinuando tra i suoi.
“Va tutto bene Rob … ti amo tanto …” – gli respirò nella bocca, baciandola poi con la propria, unendola in una fusione caldissima ed intensa.
Il corpo esile di Robert giaceva tra cuscini e lenzuola candide, nella posizione più comoda possibile: il sentore di un gel fresco, dal profumo sconosciuto, lo distrasse da quel bacio prolungato e sconvolgente.
Le dita di Jude iniziarono a lubrificarlo, con metodo, ma anche il logico timore che qualcosa andasse storto.
I timori dell’inglese scomparvero, appena iniziò a spingersi in Robert, ansante, ma di pura lascivia.
Inclinandosi di poco, infilò le mani dietro ai glutei del marito, sollevandoli, per agevolare quella piacevole invasione.
Downey si allacciò a lui, abbandonandosi completamente alla sua esperienza, senza pensare alle fitte ed alle contrazioni, che avrebbero potuto rovinare tutto da un momento all’altro.
Si sbagliava: ne sorrise, prima nella mente, poi sul volto madido e raggiante, nell’ammirare il compagno, che con altrettanta gioia lo stava guardando, ripetendogli quanto lo amasse.
“Jude … io … ti sento così tanto …” – poi un gemito più gutturale, legato al sopravvenire dell’orgasmo, che dilagò da Robert, tra i loro addomi sinergici in un ritmo fluido e perfetto.
Law lo cinturò completamente, facendolo come levitare, sopra al loro giaciglio ormai intriso dei reciproci umori, mentre lo riempiva di sé, al punto di traboccare da Robert, investito da un’esplosione di erotismo totalizzante ed estremo.
Alla fine, fu come planare, tra la terra ed il cielo, in una strana allucinazione, che colorò i sensi di Downey, che pensò di avere sognato quel magnifico amplesso.
I suoi baci, le carezze, il percepirlo uscire da lui lentamente, venendo ancora, mentre lambiva la sua fessura ricettiva e grondante del seme di Jude, il suo Jude.
“Io ti amo Robert” – gli sussurrò emozionato come non mai.

E fu come rivederlo, in una memoria ricorrente, sulla pensilina di quella stazione in mezzo alla campagna inglese, mentre il treno di allontanava, portando Robert lontano da lui, che non l’avrebbe seguito per quelle riprese fuori Londra, mentre si salutavano, sentendosi come perduti, perché già troppo dipendenti, già troppo innamorati, dopo essersi conosciuti solo da pochi giorni.

“Jude  … anima mia …”
“Sono qui … Voglio sposarti di nuovo Robert” – e sporgendosi verso il comodino, prese un cofanetto, che il marito non aveva notato.
“Jude …”
“Quale è la tua risposta affermativa …?” – rise solare.
“Sì”
“Senza neppure vedere l’anello?” – scherzò arrossendo per l’agitazione improvvisa, davanti al candore di Downey.
“Certo, io mi fido di te … e del buon gusto che hai dimostrato scegliendo me” – replicò affabile.
Ancora un bacio e poi il contenuto di quello scrigno si rivelò in tutto il suo splendore.
Due fedi in brillanti, dal taglio quadrato, per tutta la lunghezza di quelle vere, preziose ed uniche, con incisi i loro nomi all’interno ed un per sempre, che palpitò nel cuore di Robert, di un’armonia ritrovata e complice.
“Sono stupende Jude …”
Si guardarono, stringendosi poi, senza indossarle subito: avrebbero atteso la cerimonia, in un progetto ancora da definire, ma che già li coinvolgeva, come una ventata di novità tanto liberatoria, quanto agognata.




Nessun commento:

Posta un commento