giovedì 9 maggio 2013

ZEN - CAPITOLO N. 108


Capitolo n. 108  -  zen


Geffen aprì il cofanetto azzurro, che teneva in cassaforte, tra documenti, contanti ed una pistola, con una lentezza spasmodica.
Seduto alla sua scrivania, nella pace dello studio, al secondo piano della villa in Palm Springs, voleva sviscerare quella malinconia all’osso, per poi riprendersi la propria vita ed andare avanti.
Od almeno provarci.

C’era la triad, c’erano delle foto, poi una video camera, con le riprese di un concerto dei Mars.
L’avvocato stoppò il video su di un fotogramma di Leto, immerso nell’interpretazione di un vecchio brano.
Era bellissimo.
Qualcuno bussò.
Era Tim.

“Ciao Glam … Ti disturbo?” – chiese educato.
“No, affatto, entra pure … Hai bisogno?”
“Vassilly sta preparando la cena e voleva sapere se mangiavi la pasta …”
“Cucinata da un russo?” – rise piano.
“In effetti c’è uno strano odore” – e fece una smorfia buffa.
“Non saprei, Kevin che dice?”
“Non c’è, è andato al centro commerciale, voleva comprare dei vestiti ai bimbi, qualche regalo …”
“Ok …”
“Tu stai bene?”
“Chiedime domani Tim” – e, dopo avere richiuso quello scrigno di ricordi scomodi, si alzò, per scendere insieme a lui.

Un rumore indecifrabile attirò la loro attenzione.
“Che diavolo era Tim?”
“Sembravano vetri rotti … Da sopra”
“Dov’è Lula?”
“E’ in mansarda a giocare con Violet”
La bambina, però, era in giardin: riuscirono a vederla dalle vetrate, mentre salivano velocemente.

Ancora un tonfo, come se qualcuno chiudesse una finestra.
Infine un pianto, come una cantilena.
Era Lula.

“Tesoro che succede?!”
Geffen si precipitò da lui, vedendolo come in trance, nell’angolo più distante dalla porta.
Soldino ciondolava, ripetendo in lacrime delle parole senza senso.

“Papà …”
“Sono qui amore, guardami!” – e lo afferrò per le braccia, ma lui fissava il vuoto.
“Papake … no … NO!!!”

Tim prese il cellulare dalla tasca dei jeans e compose il numero di Kevin tremando.
“Suona … Non … Non risponde …”
Glam prese in braccio Lula, che sembrava come svenuto, chiedendo al giovane di inserire l’altoparlante.
Gli squilli terminarono con l’attivazione della segreteria.
“Riprova!”
“Ok … Ok fatto …”
Un clic sembrò rassicurarli, ma non era la voce di Kevin.

“Sì, pronto, chi è?”
Glam guardò Tim, non riconoscendo quel tono adulto e secco.
“Sono Glam … Glam Geffen, il … Cioè stavo cercando Kevin, con chi sto parlando?!”
“Sono il sergente Chever, della polizia”
Tim crollò su di una poltrona, mentre Lula rinveniva.
“Dov’è il mio papà!!?” – domandò disperato.
“E’ qui … C’è stata … un’aggressione, ecco”
“Un’aggressione … Come sta Kevin?”
“E’ vivo, siamo arrivati in tempo, ora lo stanno visitando, è in ambulanza, credo lo portino in ospedale per delle lastre, è stato percosso”
“Dove lo portano?! Mi dia l’indirizzo, la prego …”


§ Lui ed io amiamo gli stessi prati verdi …
Gli stessi tramonti.
E’ questo il nostro amore, nato tra due millenni e sopravvissuto fino ad oggi.
Sembra un miracolo, ma, se è vero amore, ciò si spiega senza altre parole ed io stringo questa certezza, tra le mie mani, il mio cuore l’ha assorbita, non posso separarmene, così da te Colin …
Nemmeno se lo volessi
Nemmeno se il destino ce lo imponesse
Ti amo, tuo Jared §


Farrell ripiegò il biglietto, allegato al mazzo di orchidee e rose bianche, che il marito gli aveva mandato, poco prima di cena.

“A … a volte noi due non riusciamo a parlare come vorrei”
“Jay …?”
Era lì,  che lo spiava, mentre l’irlandese leggeva assorto, come incantato, quelle poche righe.
“Quindi ho creduto bene di scriverti, come succedeva durante i primi mesi del nostro … travagliato rapporto” – sorrise.
Colin provò ad avvicinarsi, ma Jared gli impose le mani.
“No tesoro, rimani lì, perché l’odore della tua pelle, il calore, che mi trasmetti, mi fa perdere la ragione, lo sai e voglio … Io devo terminare il mio discorso …”
“Ok lo farò” – sorrise anche lui, un po’ tirato.
“Ti ringrazio Cole. Oggi, dal nonno, ti ho detto una cosa assolutamente dettata dalla rabbia e totalmente falsa: non mi sono mai pentito per averti assistito durante la dipendenza o la malattia, in nessun caso, proprio mai: vivevo per ciò che stavo facendo, contro il parere di molti, che ti disprezzavano, ti denigravano. Con questo non voglio definirmi migliore di loro, perché spesso è la paura di chi non si conosce a frenarci … Io, invece, ti conoscevo più di me stesso.”
“Tu ed io siamo stati un unico persona Jay, così tante volte da perderne il conto. So che non hai mai pensato a quello che hai detto, certo ci ho riflettuto e … e mi sono sentito ferito …”
“Ti chiedo scusa e so che anche questo è accaduto così tante volte da suonare … scontato”
“No, questo mai Jared” – protestò, per poi azzerare la distanza ed avvolgerlo, baciandolo, senza più volerlo realmente ascoltare.


L’ufficiale stava registrando il suo rapporto su di un palmare apposito, secondo la procedura standard.
Chris aveva incrociato Geffen e Tim nei corridoi del reparto di traumatologia, scortandoli poi sino ad una saletta, adiacente a quella in cui i colleghi stavano ricostruendo i fatti, per poi trasmetterli telematicamente alla centrale.

“Aspettiamo qui Glam … Il responsabile arriva tra poco.”
“Ok … Come stai?” – disse rivolgendosi a Tim, ammutolitosi durante l’intero tragitto fino a destinazione.
“Non lo so … Io vorrei sapere cosa gli hanno fatto” – replicò angosciato.
“Lo scopriremo presto …”

“Durante la fine turno …” – ridacchiò – “Anziché andarcene a bere un aperitivo da Sharon” – poi riaccese il microfono – “Abbiamo effettuato un ultimo giro nel parcheggio sotterraneo del Gates, sorprendendo i due soggetti mentre …” – spense nuovamente ed il suo partner rise più forte – “Che ti prende Balty?”
“E come posso dire che quel finocchio voleva farsi fare un servizio di bocca dal biondino ridotto in ginocchio dal compare dell’altro?” – sogghignò anche lui.

Geffen fissò Chris, impietrito quanto lui da quel dialogo volgare e cattivo.
Spalancò poi le porte, senza che il tenente riuscisse a fermarlo.
I due sobbalzarono per la sorpresa.

“Ripetilo” – sibilò Glam.
“E lei chi è?!” – esclamò Chever.
Il socio lo riconobbe, al contrario di lui.
“Non lo vedi, è Geffen … Il legale dei divi di Hollywood” – spiegò serio.
“Su avanti, fallo!” – inveii, mentre Chris si frapponeva tra loro.
“Tenente non sapevo che lei fosse qui …”
“Volevi forse dire, quel finocchio del tenente” – ringhiò Chris, sbattendolo al muro.
“Mi lasci!!”
“Se preferisci ti lascio a lui: il biondino, come l’hai definito tu, è il padre del suo bambino, era sposato con il signor Geffen e, credimi, per molto meno, gente più in gamba di te, ha passato un mare di guai, dopo averlo fatto incazzare! Ed ora è incazzato nero, sappilo!”

“Se volete fare a botte, questo non è né il luogo e tanto meno il momento.”
Inaspettatamente vennero interrotti dal dottor Laurie.
“Hugh …”
“Glam se vuoi seguirmi, insieme a Tim, così parliamo un po’, ok?” – propose calmo.
Geffen annuì sconvolto.


“Kevin si trova qui per quattro costole incrinate. Per il resto solo un grosso spavento, visto che quella coppia di coglioni omofobi ha impedito qualsiasi ulteriore abuso. La sua esperienza pregressa, però, non aiuta …”
“Ringrazio Dio … Quei bastardi sono fuggiti?”
“Non lo sai? Sono stati arrestati.”


“Tim vai tu per primo” – disse dolce Geffen.
“No … No, credo sia meglio vada tu” – disse strangolato dalle lacrime.
“Resto qui con Tim e facciamo ancora un minimo di conversazione, ok?” – propose Hugh.
“Sì, preferisco così … Non so cosa dirgli …”
“Gli dovrai stare vicino, Kevin ti adora … Ok, a fra poco.”


Colin gli indicò una stella,  la più luminosa della costellazione.
“Lì andremo noi, Jay”
Erano distesi sul prato, nella zona dei roseti, nel lato nord del parco della End House.
“Come fai a saperlo Cole?” – domandò sereno.
“L’ho sognato … Ed era talmente reale … Adesso baciami” – e ridendo lo stritolò tra i suoi bicipiti muscolosi.
La vibrazione del cellulare li interruppe.
“Odio la tecnologia”
“E come facciamo ad andare lassù senza, me lo dici Colin?” – sorrise, chiedendo chi fosse.
“E’ Jude … Sì, pronto?”
Ne seguì una pausa strana.
“Sì … ho capito” – Farrell balbettò.

“Colin cosa …”
“Si tratta di Kevin” – disse dopo avere riattaccato.


“Daddy …”
“Tesoro sono qui … Perdonami non volevo svegliarti”
Geffen gli spostò le ciocche sudate dal viso arrossato: Kevin cercò immediatamente le sue dita, intrecciandole alle proprie.
Dalle sue iridi scesero due lacrime, che l’uomo si affrettò ad asciugargli.
“Fa … fa tanto male?”
“Quando respiro daddy …”
Ripeteva quel termine come se vi si potesse rifugiare, salvandosi dall’incubo orrendo, che attanagliava la sua anima.
Glam lo raccolse – “Angelo mio … Se solo potessi …”
“Volevano che io …” – singhiozzò.
“Kevin mi è stato detto … Ti renderò giustizia, non avere dubbi”
“Vorrei mandare indietro il tempo daddy … Come può essere accaduto di nuovo … com’è possibile?”
“Ed io vorrei darti le risposte di cui hai bisogno, ma non ne sono in grado … Mi dispiace … Mi dispiace da morire tesoro …”



Nessun commento:

Posta un commento