mercoledì 23 maggio 2012

SUNRISE - CAPITOLO N. 118

Capitolo n. 118 - sunrise


Jared fece strada.
“Accomodati … ah, sono passati per le pulizie, spero non abbiano toccato i miei spartiti Cole.”
Jared sorrise imbarazzato, mentre Farrell si guardava intorno, tra il compiaciuto, per ciò che vedeva, il compagno un po’ impacciato, ed il rammarico per ciò che era successo a Jude, ulteriore aggravante per quel periodo assurdo.
“E’ un appartamento luminoso Jay, ti rispecchia …”
“Grazie”
“Ryan, Thomas ed io volevamo farti un’improvvisata, con il pranzo del take away di Sam, però poi è arrivata la tua chiamata …”
“E’ … è terribile, per Jude, per Robert, per tutti noi ecco … Vuoi bere qualcosa Cole?” – e prese fiato.
“Dell’acqua … e magari ordiniamo qualcosa, al ristorante qui sotto Jared, se ti va.”
“Fai pure … la brochure è sulla mensola in cucina, io vado a farmi una doccia.”
“Sì … certo.” – ed inspirando, Colin andò a piazzarsi sul divano, concentrandosi fintamente su quelle immagini un po’ finte e troppo colorate.
La tentazione di seguire Jared era insopportabile, ma riuscì a dominarsi, perdendo comunque un battito quando il cantante tornò nel living, in accappatoio bianco, tamponandosi le chiome lisce e distribuite sul volto tirato, ma pur sempre bellissimo.
Colin lo stava fissando e Jared sorrise – “Hai scelto?”
“Sì … cioè no” – rise nervoso –“Pollo e patatine, hamburger vegan ed insalata mista, cosa ne pensi Jay?”
“Ok … ora telefono.”
“Posso … potrei asciugarti i capelli, prima che tu possa buscarti un raffreddore Jared?”
“Sì … sì ok, il phon è in camera.”



Le domande di Hopper erano imbarazzanti.
Dean prendeva appunti, sulle risposte possibili e l’atteggiamento sul quale auto convincersi, come un marine una strategia di battaglia.
Quella era una guerra che il giovane si portava addosso da troppi anni e mai se ne sarebbe liberato se non in un unico modo: affrontando il nemico, in mare aperto, con il sostegno di persone fantastiche.
Primeggiava in questa armata protettiva e sicura il suo Sammy, ma anche Cody aveva un ruolo fondamentale e Marc non avrebbe mollato, andando sino in fondo a quella causa, dai contenuti spesso brutali.
“Potresti evitare il racconto di ciò che più ti fa male Dean, con il rischio di compromettere l’azione legale e la relativa condanna per quello Stabler.”
Il tono di Brandon era pacato.
Riuniti al tavolo ovale dello studio Geffen, Sammy stringeva la mano sinistra di Dean, mentre con la destra il broker tormentava la stilografica, con cui scriveva e scarabocchiava, su di un foglio ormai divenuto quasi nero.
“Voglio dire tutto invece … devo farlo … per me stesso, per voi, soprattutto per Sammy … e per i ragazzi che quel maiale ha usato ed … ed abusato!” – ringhiò, con motivazione e sdegno.
Le vicissitudini occorse a Jude, per giunta, sembravano dare un ulteriore stimolo ai loro propositi.


Qualche filo d’argento si illuminava, tra la nuca ed il collo di Jared.
Le dita di Colin massaggiavano lievi i punti dove l’aria calda si insinuava, sollevando anche il profumo dello shampoo al cocco, che Jared usava puntualmente.
L’attore non riuscì a rimandare un gesto usuale, in momenti come quelli: posare un bacio sulla porzione di pelle, tra il collo e la spalla, che Jared aveva scoperto, togliendosi la spugna, restando in boxer.
“Ti amo Jay …” – disse Colin, quasi con la timidezza davanti a qualcosa di eccessivamente fragile, anche se solo sfiorato da parole così sentite e sincere.
Leto si voltò, lentamente, come se si stesse prendendo un attimo esiguo, per decidere.
Unì le loro bocche, in una simbiosi dal sapore immutato.
Colin si sentì letteralmente scoppiare il cuore: era come il loro primo contatto, rimandato per settimane, dopo essersi conosciuti.
Una sequenza di istantanee, che affollarono la mente di entrambi, senza bisogno di parlare.
Erano già sul letto: quasi scivolarono, allungandosi, intrecciati ed in poche movenze, calibrate ed attente, spogliati di quel poco, che volò sul parquet lucido.
Ormai era buio, Jared aveva dimenticato la luce accesa nella sala, dalla quale proveniva un riverbero dorato, per via della tinta alle pareti.

Colin si insinuò tra le gambe di Jared, restando stesi sul fianco, senza sovrastarlo: esitava, nel rinnovato timore di sbagliare, di turbarlo, con il desiderio che lo stava devastando.
Cominciarono ad accarezzarsi, a vicenda, con quell’innocenza, rimasta intrappolata in quel fotogramma del passato, che ancora esaltava i loro sensi ed il reciproco appartenersi.
Si scrutavano, baciandosi appena, tremando, per il piacere crescente, che si propagava, come linfa vitale nei loro inguini.
Colin precipitò sino all’ombelico di Jared, tormentandolo con la lingua, segnandolo superficialmente con morsi appena accennati, preparandolo all’amplesso, che di lì a poco avrebbe preso vita, provocando nei loro corpi una morte dolce, fatta di spasmi ed ansiti crescenti.
Jared, lubrificato generosamente, affondò le labbra nell’incavo del collo di Colin, succhiando e gemendo, ad ogni affondo del marito.
Quel vocabolo sembrò irrompere nel suo cervello, mentre Farrell, ad un istante dal venirgli dentro, gli mormorava intenso “Torna a casa … torna da noi amore” – per poi strozzare un urlo al centro del proprio addome, tra gioia ed estasi pure, dopo un tempo infinitamente doloroso.


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