martedì 15 maggio 2012

SUNRISE - CAPITOLO N. 110

Capitolo n. 110 - sunrise


Nel living, circondato da vetrate, poste a separare quell’ambiente chiuso, dalla piscina all’aperto, era stato preparato un tavolo basso, con svariati piatti a base di pesce e verdura, nelle tonalità accese dell’arancio, del giallo e del rosso.
Il ripiano in ebano, contrastava con le stoviglie bianco latte, tonalità ricorrente, come nei fiori, sistemati in ampolle di vetro soffiato, altrettanto efficaci nel richiamo di purezza, significato imperante per la cerimonia privata, appena conclusasi sulla spiaggia, tra Glam e Jared.
“Accidenti … hai pensato a tutto.”
“Ci ho provato Jay … Ora devi mangiare ciò che ti senti, ma fallo, perché hai un colorito poco distante da quello della tua casacca.” – e nel dirlo, Geffen rise, dandogli un bacio sulla nuca, mentre gli massaggiava le spalle.
“Ok, sediamoci …” – replicò il cantante, con un misto di eccitazione e serenità nel tono.
Andarono a sistemarsi sui futon neri, ma Glam rimase in ginocchio, prendendo una ciotola in acciaio, colma di acqua e ninfee minuscole.
Jared seguiva incuriosito i suoi gesti: Geffen gli prese le mani, lavandogliele con cura, per poi tamponarle e, baciandone i palmi, concluse quel passaggio con un sussurro – “Che tu sia felice, sempre.”


Jude ciondolava nel parco di villa Meliti insieme a Robert, che aveva lasciato Camilla con Pamela e Drake.
“Novità dal fronte?” – chiese improvviso l’inglese.
Downey sorrise, le mani in tasca, come il consorte, che di tanto in tanto prendeva a calci qualche sasso, gettandone alcuni nei laghetti, ricavati in diversi punti di quell’immensa proprietà.
“No Jude, non ho più parlato con Glam e tu?”
“Colin mi ha chiesto di tenere un … profilo basso.” – e sbuffò.
“In che senso?”
“Nel senso che devo farmi gli affari miei Rob!” – disse scocciato, ma senza alzare la voce.
“Hai ricominciato a bersagliare Jared? Perché è l’unica cosa che possa infastidire il tuo Colin.” – ribatté deciso Downey, fermandosi.
“Il mio …? No, senti, non rivanghiamo vecchie stronzate, in compenso da quando sei così complice di Geffen?”
“Siamo diventati buoni amici in ospedale e poi ci conosciamo da secoli, era già il mio legale vent’anni fa o forse più!”
“Ah già … avevo scordato quanto siete … maturi, tu e quel signore …” – sibilò, prendendo una minima distanza.
Downey si alzò sulla punta dei piedi, stizzito, ma composto, le mani spostate ora dietro alla schiena, quasi a stritolarsi per l’irriverenza di Jude.
“Ti auguro di arrivarci come noi a questa famigerata età.” – affermò serafico.
“Se conoscerò lo stesso estetista … o chirurgo plastico … può anche darsi Rob.” – ribatté Jude ad un centimetro dalla sua bocca, ondeggiando leggermente il volto e posizionando le mani nello stesso modo del suo interlocutore.
Downey lo afferrò repentino per le spalle, spingendolo dietro ad un cespuglio, dove i bimbi avevano dimenticato dei plaid e dei giochi.
Ce lo spinse sopra, sovrastandolo con il suo corpo minuto, ma energico e perfettamente tonico – “Vuoi vedere Jude quanto è bravo il mio chirurgo plastico!?” – sembrò ruggire, sfilandosi il pullover aderente, sotto al quale l’americano non indossava nulla, come del resto valeva anche per l’intimo di entrambi.
La manovra fu veloce, anche se complicata dall’intenzione di Robert, atta a bloccare Jude per i polsi e spogliarsi, oltre che spogliarlo.
Law protestò debolmente, soffocato dai baci dell’altro, che non accennava a smettere il suo assalto focoso.
Quando Jude sentì che tra le sue gambe ogni difesa era crollata, la sensazione successiva fu meno gradevole.
Il sesso di Downey era umido e caldo, ma la penetrazione piuttosto frettolosa ed invadente.
“Rob … Robert …” – gemette Jude, la bocca affondata nel collo di Downey, così impegnato a spingersi in lui, da non tenere conto delle sue suppliche, fottutamente sexy.
Il fatto poi che Jude fosse avvinghiato, braccia e gambe a Robert, letteralmente appeso a lui, che nella foga lo sollevava persino mentre lo penetrava, dava al moro la tranquillità di un rapporto consenziente.
La riflessione lo fece sorridere, ma l’estasi che trapelava dagli zigomi di Jude, ormai madidi, come la sua fronte, il suo mento, il suo stesso collo, mandavano in orbita tutti i sensi di Robert: non smetteva di baciarlo e poi di toccarlo, quindi di venirgli dentro, copioso e fluido, come i suoi pozzi di pece liquida, immersi negli specchi cerulei del suo unico, immenso, amore ed amante.
Erano semplicemente perfetti.
“Ti amo da morire Jude” – gli esplose in gola, mentre Law godeva senza freni, tra i loro addomi, allenati ed affascinanti, contro le regole del tempo.


“Quelle ragazze non smettono di scannerizzarti Denny.”
Tomo lo bisbigliò al suo compagno, che era più interessato alla seconda cioccolata calda della giornata, piuttosto che all’apprezzamento di chiunque non fosse il suo chitarrista.
“Figurati …”
“Sì ti stanno mangiando con gli occhi … e ridacchiano pure, forse pensano che io sia uno scherzo della natura accanto a te …”
“Sei impazzito Tomo!?”
“No …” – disse mesto.
Denny si sporse, dandogli un bacio, che non lasciava dubbi ai presenti.
“Io ti amo, stupido croato!”
Tomo sorrise, notando che le tre giovani si stavano avvicinando al loro tavolo, con dei block notes.
“Tu sei Tomo, vero? Dei Mars!” – esclamò la più esuberante.
“Sì …”
“Ecco chi stavano … scannerizzando!” – rise Denny.
“Ma Shannon …?” – chiese timida la seconda fan.
Tomo aggrottò la fronte – “Penso sia con il suo fidanzato, come me del resto.” – replicò convinto.
“Che peccato …” – accennò la terza arrossendo, mentre Denny provò un certo fastidio.
“Tornerete presto a suonare con Jared, vero?” – insistette.
“Lo spero … seguiteci su Twitter, vi terremo aggiornate. Andiamo Denny?”
L’avvocato annuì, allontanandosi con Tomo, piuttosto turbato davanti alla reazione del suo bellissimo ragazzo.
In ascensore lo strinse, ricambiando quel bacio intenso e profondo.
Quando Denny se ne staccò, non riuscì a reprimere il proprio disappunto – “Eravate un’istituzione per il pubblico, giusto?”
“Eravamo: hai coniugato correttamente il verbo Denny. E’ il mio passato, non posso cancellarlo e non voglio, come potrei? Credo di avertelo già spiegato, all’inizio della nostra relazione, speravo di non doverlo ribadire, ma lo farò, ogni volta che tu lo vorrai o ne avrai bisogno. Io ti amo, Denny, ok?”
“Non smettere di ripetere il mio nome, Tomo … suona così bene tra le tue labbra … riesce a farmi vibrare qui …” – ed aprendosi la camicia, posizionò i palmi di Tomo al centro del suo petto scultoreo.
Tomo inspirò – “Tu … tu sei di un fascino sconvolgente Denny Glover … Mi fai innamorare di te in molti modi, sai? … Non so quale preferire, se il tuo corpo magnifico, se la tua voce carezzevole … io ti adoro e non rinuncerò mai a noi.” – e lo baciò nuovamente.
Ormai erano arrivati al piano, ma non scesero.
Qualcuno chiamò la cabina e così ripartirono: era un viaggio lungo e straordinario, cominciato quasi per gioco e poi divenuto tanto serio quanto stupendo.


Jared stava cullando Isotta, con la tacita intenzione di portarla a Palm Springs.
Sapeva che ci sarebbe stato anche Lula ed in qualche modo la cosa avrebbe fatto piacere a Geffen, quanto a lui, che si sentiva grato per ciò che l’uomo era stato capace di donargli incondizionatamente e senza pretendere nulla.
Colin li stava spiando, con un sorriso innamorato e trepidante.
Il cuore gli batteva forte ed aveva pronto un invito a cena, per Jared, in un locale che era uno dei suoi preferiti.
A Farrell sembrò un’ottima idea, ma notando un dettaglio, anzi due, si sentì come sprofondare.
“Ciao Jay …”
“Cole … Ciao, ho quasi finito” – disse, chiedendosi poi mentalmente come mai avesse scelto quel termine.
“Hai … un anello nuovo?”
“Co-cosa?”
Colin lo indicò, poi senza resistere, gli catturò le dita, scrutandolo meglio – “C’è … il tuo nome …”
Infine gli balenò nel cervello un fotogramma: il cassetto del comodino di Geffen, in ospedale e la scoperta di quell’astuccio in velluto, che Colin pensò come un regalo per Kevin.
“Vi siete sposati?!” – domandò brusco, fissando Jared, con stupore.
Leto ritrasse la mano, di scatto – “Ma cosa dici?” – protestò, posizionando Isotta nel trasportino, senza svegliarla, quasi per miracolo.
“E la tua triad?”
“Colin ma che diavolo …” – e nel dirlo, Jared si spostò nella stanza adiacente, lasciando la figlia nella nursery.
“Ti ho fatto una domanda, anzi due Jared!” – sbottò Farrell, inseguendolo e chiudendosi la porta alle spalle.
“Ed io ti ho” – ma si interruppe – “Ascolta, non ci siamo sposati, non è successo un bel niente tra me e Glam, ok?!!”
“Tu stai da lui, TU STAI CON LUI!!”
“NO!! E’ una persona fondamentale, certo, ma non passiamo il nostro tempo a scopare, come invece hai pensato bene di fare tu, mandando all’aria il nostro matrimonio!!”
Colin chiuse i pugni, sbattendoli al muro – “Sei maledettamente ingiusto Jared!” – gridò piano, ma stremato.
“Sì, sarò ingiusto, ma se mi tratti in questo modo io”
“Mentre invece Glam ti tratta come un vaso di porcellana, eh Jared? LUI riesce dove io fallisco da SEMPRE GIUSTO??!!” – e nell’affermarlo, Colin avanzò verso Jared, che indietreggiò, chiudendo le braccia a difesa del volto.
“SMETTILA!!” – urlò esasperato, per poi rannicchiarsi in un angolo – “… smettila ti prego …” – aggiunse flebile, singhiozzando.
Farrell sembrò pietrificarsi, dall’imbarazzo: si piegò, come a pregarlo – “Jared … Jared io … Jay, ma …”


“Basta cartoni soldino di cacio …”
“Ancora uno papà, dai!”
Lula sapeva essere molto convincente.
Geffen brontolò, per circa trenta secondi, massima resistenza verso le richieste del suo piccolo: poi cedette.
Erano nella sua cameretta, sul divano verde mela, tra pop corn e dvd.
Quando Glam avvertì dei rumori dalla sala, sorrise.
“Forse Jared è tornato … aspettaci qui Lula.”
“Okkei!”

Isotta sgambettava tra le poltrone e Jared stava attento che non inciampasse nei tappeti.
“Tesoro … ehi benvenuti!” – li accolse radioso Geffen, ammutolendosi nell’accorgersi immediatamente del disagio di Jared.
“Ciao … ho portato anche la bambina Glam …” – disse, strozzato dal pianto.
Geffen la prese in braccio, avvicinandosi a Jared, per accogliere anche lui sul suo cuore – “Cosa è successo Jay?” – domandò teso.
“Nulla … nulla, davvero Glam …”
“Ora portiamo Isy da Lula, poi parliamo, ok?”
Jared fece un cenno di assenso – “Posso aspettarti qui? … Suono qualcosa …”
“Certo, fai pure.”
Vassily, rimasto in attesa di ordini, sotto al patio, si occupò di Isotta, raggiungendo Lula, che li salutò con gioia.

Geffen tornò da Jared, che a palpebre chiuse eseguiva un vecchio brano della band.
Era talmente immerso in quell’interpretazione, che Glam preferì non interromperlo.

http://www.youtube.com/watch?v=YbGuf_xGyEk




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