lunedì 11 giugno 2012

SUNRISE - CAPITOLO N. 129

Capitolo n. 129 - sunrise


“Colin non hai ancora detto come sei riuscito a trovarmi …”
Il tono di Jared era piacevole e sommesso.
Scott stava dormendo, mentre due infermieri vegliavano sulle bimbe, stese su di una barella speciale.
Avevano sette e nove anni, ma ne dimostravano meno per la malnutrizione.

“E’ stato lui …” – e Farrell indicò il medico.
“In che modo? Una telefonata?” – Jared sorrise.
“No amore vedi …” – Colin esitò – “… Ero da Glam, ci sono andato con i cuccioli, Isy, Amy ed i gemelli … avevo bisogno, nonostante i tuoi sms, di sapere da lui se aveva notizie … o meglio, volevo chiedergli di aiutarmi per rintracciarti Jay.”
Jared schiuse le labbra, leggermente stupito – “E ci sei andato con i bimbi?”
L’attore annuì, timidamente.
“Abbiamo mangiato degli spaghetti scotti e le ciambelle di miss Wong”
“Siete un disastro …” – Jared rise, gli occhi lucidi.
“Glam è affezionato ai nostri figli, c’era anche Lula, dovevi vederlo con Isy ed Amèlie … certo, tu l’hai visto …” – sorrise, abbassando lo sguardo, ma Jared, con una carezza, gli sollevò il volto arrossato.
“Glam è da sempre legato a tutta la ciurma Farrell Leto, anzi li vizia troppo”
“Hai ragione Jared … Poi è arrivata la chiamata di Scott, che ci avvisava di una e-mail e di un video con te. Glam ed io lo abbiamo subito guardato e non ho saputo resistere … Eravamo entrambi disperati”
A Jared sembrò che Colin volesse giustificare Geffen, anche perché precisò “Se non avesse avuto l’udienza il giorno dopo sarebbe venuto con me”
“A te sarebbe andata bene una scelta simile?” – domandò sereno.
Farrell prese fiato – “Lui ti adora … come avrei potuto impedirlo, anche se mi sarei sentito soffocare Jared … Forse Glam sarebbe rimasto a Los Angeles, per non turbare la nostra riconciliazione.”
“Non mi ha mai impedito di tornare da te, anzi … Solo che ero confuso e ferito Cole”
L’irlandese lo interruppe con un bacio, poi ne cosparse altri, ovunque, sussurrandogli – “Jared io so come ti sentivi, eravamo precipitati in un incubo, per colpa mia, quando invece la nostra vita aveva cominciato a correre su binari davvero felici”
“Voglio che sia così Colin, voglio che funzioni tra noi” – disse convinto.
“Ti amo da impazzire, andrà tutto bene, te lo prometto Jared … te lo prometto.”


“Tim …”
“Ciao, bentornato, hai congedato la iena di Chicago?”
Kevin entrò nella loro camera, dopo avere parlato con Pamela al telefono, per sapere di Lula, ospite dal nonno sino all’indomani.
“Sì … Senti per prima”
“Prima cosa?” – chiese il giovane, senza distrarsi da ciò che stava facendo, rollarsi una canna.
Kevin inspirò – “Non dovresti farlo, non qui dove vive mio figlio.”
Tim lo guardò di sottecchi, poi inquadrò Kevin con quei due cieli di acciaio fuso, soprattutto dal disagio per essere stato messo “alla sbarra” dalla Madison.
“Vostro figlio è da Antonio, temo che tu abbia fatto di peggio tra queste mura o mi sbaglio?” – domandò astioso.
“Potrei dirti che non ti riguarda, ma non lo farò Tim, non riuscirai a farmi litigare.”
“Non mi importa un cazzo, cosa potevo aspettarmi” – e si accese lo spinello, incurante dello sguardo di rimprovero dell’altro – “… da una situazione come questa? Mi pongo il ridicolo quesito da ore … dall’inizio, temo.” – e sputò fuori il fumo, senza assaporarlo granché.
Kevin gli strappò dalle dita quella sigaretta allucinogena, dall’odore pungente, schiacciandola poi nel posacenere sul davanzale – “Ora basta con queste stronzate, Tim!” – esplose, ma fu inutile.
Quando Kevin si voltò, Tim era sparito.

Lo vide correre nel parco, verso l’auto, sotto ad una pioggia battente.
Kevin spalancò la finestra, chiamandolo a gran voce, senza risultato.
Vassily aprì il cancello automatico, vedendo che il mezzo vi si avvicinava a velocità sostenuta: immaginò il peggio, per quella coppia senza futuro, almeno secondo lui e Peter, che stava sistemando le pedine sulla scacchiera.
“Scacco al re?”
“Cosa Peter …?”
“Ieri Geffen è caduto o sbaglio?”
Vassily rise – “Si rialzerà, non illuderti del contrario.” – e facendogli l’occhiolino, prese posto di fronte a Peter, per iniziare la solita partita della sera.


“Scotty … tu guarda, non sei un fantasma, entra …!”
“Dio mio Glam … che cosa hai”
“Sssshhh … zitto zitto … ho la nuca, qui … mi pulsa come un martello pneumatico” – e ridacchiando, Geffen barcollò sino al living, per poi crollare sul divano, lasciando cadere la bottiglia di whiskey, quasi scolata interamente.
Scott si precipitò a verificare le sue pulsazioni.
“Ma sei impazzito!!?”
“No … sono … rimasto solo … Guardati intorno mio bel dottore” – e roteò le braccia, come se fossero eliche di un aereo in avaria.
“Vedi forse qualcuno? Ahahah”
“Devi vomitare!”
“No, no … con quel che costa questa roba … anzi” – e si alzò, a fatica, appoggiando le mani ai lati del collo di Scott, massaggiandone la porzione di pelle visibile, sotto la scollatura della t-shirt – “Sai che facciamo Scott? Una … rimpatriata ahhahah … un bel … bordello! Devo … devo avere ancora dei numeri, offro io!” – e con l’ennesima risata biascicata e triste, Glam si diresse verso una cassettiera.
Aprì uno sportello, con aria convinta – “Eppure l’agendina nera l’avevo messa qui” – ed un singulto fece sperare a Scott che Glam desse di stomaco, anche lì, non importava, avrebbe pulito dopo, non sarebbe stata la prima volta per lui.
“No … no cazzo … OK!” – e con un gesto di stizza, Geffen tornò a puntarlo – “Chi se ne frega! Guidi tu e qualche puttana sul boulevard la si trova sempre, non stiamo a sottilizzare!”
“Glam … per favore”
“E che mi sei diventato finocchio?!? Nessun problema, ci saranno delle marchette, andiamo al Dallas! O cerco Kurt, avrà qualche contatto con il suo vecchio giro … A proposito lo sai che …” – strizzò le palpebre, appoggiandosi alla parete, come a cercare le parole.
“Lo sai Scotty che Kevin … ci sta con uno di quelli che battevano con Kurt!? Che bel ragazzino … Tim, povero Tim … mi fa … tenerezza …” – ed iniziò a piangere piano.
“Glam”
“No, non avvicinarti Scott … sono contagioso, sono … immondo … quella stronza di Ellen Madison dice che non sono capace di essere nemmeno un buon padre … sono pericoloso, malato … appestato!” – gridò.
“Glam ti porto in ospedale, mi stai spaventando …” – e gli andò vicino, sostenendolo.
“Io non voglio … andare … le darei ragione …” – disse singhiozzando – “Così potranno togliermi Lula … me lo porteranno via … via …” – e si sfogò più forte.
“Glam non ti porteranno via Lula e passerà anche questa bufera.”
“Figurati … figurati amico mio … non mi chiamo Colin … Sta … Stanno bene, vero?” – e sorrise.
“Sì, lui e Jared hanno fatto pace.”
“Meglio così … è durata poco … avevo ciò che volevo, avevo Jared, con Lula, Isotta, qui, con me … ho provato a dare loro il meglio … non riesco a farlo con tutti, non ci riesco … lo vorrei, ma poi mi … incasino … e questo è il risultato Scott …” – disse smarrito e frustrato – “Ora pago per i miei errori …”
“Andiamo in bagno, ti farò un’iniezione Glam, dammi retta, ti supplico!”
“No … sto … sto bene … se solo riuscissi a … a respirare … non ci riesco” – disse strozzato, per poi accasciarsi.
“Glam!”


Kevin fissava il soffitto del suo studio di registrazione.
Aveva fatto una doccia, dopo avere pensato troppo prima di agire o meno.
Preferì la seconda opzione, anzi, nessun “meno”, non fece un bel niente per recuperare con Tim.
Pensò che dovesse sbollire, che dovesse fare lui un gesto di maturità.
Eppure si sentiva un imbecille.
La Madison gli aveva inviato almeno cinque e-mail, dove prospettava differenti mosse per la successiva udienza contro Geffen.
Kevin le aveva leggiucchiate, provando un disorientamento crescente.
Quando si accorse del cellulare, ormai vibrante da diversi minuti, rispose intontito alla chiamata di Scott.
“Dov’è Lula?”
“Ehi ciao … ma tu non eri in Congo? Cosa vuoi da Lula?” – chiese con aria sfinita.
“Devi portarlo a Palm Springs per favore!”
“Ma è da Pam … no, scusa, cosa succede cazzo!!?”
Scott riattaccò, componendo velocemente il numero di villa Meliti.


Colin e Jared dormirono per l’intero pomeriggio.
Ormai era sera inoltrata ed avevano cenato unicamente a gelato e pop corn.
Si spostarono nella nursery, per controllare i gemelli, ritrovandoli già nel mondo dei sogni.
“Dormono come sassi Jay … li abbraccerai nella notte, se reclameranno una poppata …”
“Lo fanno ancora? Ma dai, non ci credo …” – e rise, sfiorando con un bacio la testolina di Ryan e Thomas.
Isotta ed Amèlie erano già nel lettone, mentre Becky e Violet avevano consumato di abbracci i due papà, dal loro arrivo alla End House, insieme a Yari.
“Ok, a nanna anche noi orso” – mormorò gioioso.


Scott appese la flebo ad un appendiabiti posticcio, ma sembrava funzionare.
Glam aveva recuperato un colorito discreto ed il battito era regolare.
“Ok testa di cavolo … poi non dirmi che non ti salvo ogni due giorni!” – disse Scott soddisfatto, ma ancora impaurito davanti all’ennesima crisi dell’amico.
“Un altro sedativo?”
“No, è per la circolazione e per idratarti, dopo quell’alcol … idiota”
“Piantala Scott” – replicò Geffen sorridendo.
Avvertì poi dei passi leggeri avvicinarsi – “Lula …”
Il bimbo arrivò seguito da Pamela, che si sforzava di non agitarsi.
“Maldido, sempre il solito!” – lo sgridò amorevole lei, dopo avere salutato Scott.
“Papà!!” – esclamò Lula, saltandogli al collo, entusiasta di vederlo.
“Amore mio … bene arrivato …”
“Cosa ti fa lo zio Scott?”
“Mi cura soldino … è stata una pessima giornata. Hai mangiato?”
“Pollo fritto e patatine alla Pam! E tu?”
“Dieta … liquida” – e rise nel dirlo, fulminato dalle occhiate di rimprovero di Scott e Pamela.
“Ti preparo un panino?” – chiese il bimbo, dandogli una delle sue carezze speciali.
“Ottima idea Lula, ne faresti uno anche a zio Scott …?”
“Okkeiii!!”
“Ombre io torno da Drake, sta mettendo i dentini ed ulula nelle orecchie di Phil e Xavier come un pazzo da una settimana ahahaha!”
“Grazie Pam …” – disse mesto Geffen.
“De nada … Ah guarda che ho avvisato Kevin …” – replicò lei incerta.
“Hai fatto bene, deve sempre essere informato, come me, sugli spostamenti di nostro figlio.”
“Ovviamente … Ok, vado … ciao Scott, ci si vede Geffen!” – e dopo un bacio ad entrambi sulla fronte, se ne andò con la proverbiale leggiadria, che contraddistingueva Pamela.


“Non ti lascio solo, dove mi piazzo Glam?”
“Ci sono le stanze di sopra … al mio piano c’è quella di Lula ed accanto quella di … No, non più” – si interruppe, in apnea – “Puoi sistemarti lì Scott.”
“Se era di Jared, meglio di no, ci saranno le sue cose, non ha senso.”
“C’è poco di suo … anzi niente, gli avevo comprato vestiti, biancheria, presumo non sia della tua taglia …” – ed asciugò una lacrima dispettosa – “Dovrei piantarla con questa tragedia, vero Scotty? Sono diventato una mezza calzetta, un piagnisteo perenne …”
“A me piaci così.” – disse ridendo l’amico.
“Io, invece, mi detesto … In aula ho abbassato la guardia, un rammollito.”
“Hai ammesso le tue responsabilità, da ciò che mi hai detto nel tuo messaggio, quindi non vedo di cosa dovresti rimproverarti. La versione del bastardo non ti si addice più, sai?” – osservò scherzoso.
“Trovi? Nel mio ambiente non è salutare perdere una certa grinta Scott, ma qui … tra queste mura, davanti al mare … mi era sembrato più semplice vivere”
“Credo di avertelo già detto Glam, di te e Jared … eravate perfetti.”
“Perfettamente sbagliati insieme, vorrai dire” – e rise amaro.
Scott scrollò le spalle – “C’est la vie …”


Alla fine Scott salì in mansarda a riposarsi.
Glam si allungò, abbracciando il cuscino di Jared, con il suo profumo, la sua impronta o almeno così gli sembrava.
Si accese il mega schermo, posizionato sulla parete opposta a quel giaciglio freddo, scegliendo un file, che adorava vedere e rivedere.

http://www.youtube.com/watch?v=OstFhCizR5g&feature=related

Era una raccolta di foto di Jared, alcune persino buffe, altre così intense da fare male solo a guardarle.
Geffen non vi rinunciò, lasciandosi cullare dalla voce e dalla musica di Leto, premendo il tasto repeat, per restare, in qualche modo, insieme a lui, ancora una volta.

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