venerdì 29 novembre 2013

ZEN - CAPITOLO N. 221

Capitolo n. 221 – zen



I palmi caldi di Glam si posarono tra le sue scapole asciutte e rigide.
Robert fissò la punta delle sue scarpe, mordendosi il labbro inferiore, gli occhi liquidi, profondi.

La voce roca.

“Mi ha esiliato nella stanza accanto la sua … la nostra … Sono comunicanti, le bimbe non hanno capito che non dormiamo insieme, cioè Diamond è troppo piccola, ma Camilla lei no, lei sa tutto di noi …”

Geffen gli prese gli zigomi, costringendo Downey a guardarlo.

Erano seduti sotto il patio, sopra ad un divanetto imbottito in pelle bianca, quello dove Jared di solito riposava, dopo avere composto le canzoni del suo nuovo album.

Un secolo prima.
O poco più.


“Tesoro perché non hai seguito il mio consiglio? Perché diavolo non l’hai fatto?” – chiese pacato.

“In parte sì Glam, l’ho fatto … Non gli ho detto di te e di me, però accadrà, così da legittimare ogni sua ingiuria”

Geffen inspirò, socchiudendo le palpebre stanche – “A volte mi chiedo se la tua sincerità non sia unicamente autolesionismo Rob …”

“Credi mi faccia piacere essere maltrattato da Jude? Insultato e disprezzato?!” – sbottò alzandosi, i pugni chiusi, il fisico tormentato da un tremore incessante.

“Non intendevo questo, mio Dio, non fraintendere ciò che dico, maledizione!” – ringhiò, come esasperato.

Le fitte alla schiena lo stavano tormentando dall’alba.
Così come il sapere che Jared sarebbe passato a trovarlo da lì a poco.

Ignorava che Leto li avesse sorpresi, a lui e Robert, nel giorno di San Valentino, seppure Geffen avesse trovato insolita l’assenza del cantante e del consorte all’inaugurazione del Dark blue.

“Devo sorridere con la morte nel cuore, mentre vesto le nostre figlie, poi le accompagno all’asilo ed a scuola … Torno a casa e Jude non c’è, va agli studi, sta girando dei camei e poi non so bene cosa, non mi dice granché, non torna per pranzo, ma per cena, con le cucciole, le va a riprendere lui, tassativamente … Ed io come un automa apparecchio la tavola, li saluto senza tradire il mio disagio, cucino e lui lava i piatti, sorridendo se Camilla ci osserva, per poi irrigidirsi appena restiamo soli … Si chiude nella sua stanza, chatta con qualcuno di Londra, lo sento persino ridere … Una settimana così, sto impazzendo Glam” – e tornò al suo fianco lasciandosi avvolgere.

“Mi dispiace Rob … Come posso aiutarti?”
“Non esiste un modo, sai? E’ come essere intrappolato in un senso di colpa alienante ed ho il terrore di spezzare questa catena, questo patto, che Jude mi ha imposto senza pietà … Lui dice che è per il benessere delle bimbe, certo, posso capirlo, ma mi sta ammazzando, a poco a poco …”

Pana li interruppe, con il suo sorriso dolce.
“Glam, hai visite … Jared, è nel living”

L’avvocato lo vide, stava parlando con Daniel.

“Vi siete presentati?” – chiese assorto.

“Sì, non sapeva che ci avevi assunti”

“Lo sanno in pochi … Ok, puoi dirgli di aspettarmi cinque minuti?”
“Certo, vado subito” – e si allontanò.

Downey volle congedarsi immediatamente.

“Sono brave persone, so che ti aiuteranno Glam …”
“A dire il vero non mi salveranno affatto, però danno sicurezza e poi piacciono a Lula …”

“Posso salire a salutarlo? Così vedo anche i gemelli …”

“Certo Rob, passa da qui, a meno che tu non voglia incontrare Jared”

“Preferirei di no … Anche se mi ha appena notato” – e gli fece un cenno.

Jared mutò espressione, ma rimase nella sala, deciso ad affrontare Geffen in un modo o nell’altro.


Christopher fu destato dalla telefonata di Rice.
Il gallerista era pimpante e gli propose una gita sulla costa, con relativo invito a pranzo.

“Oggi non posso Owen, devo girare il pilota …”
“Ah quei telefilm, allora non era uno scherzo”

“Figurati se ti racconto balle …”

“Mmmm ok, però non mi arrendo, che ne dici per cena?”
“Non so come andrà la giornata, forse mangerò qualcosa con i produttori, il mio nuovo agente dice che vogliono conoscermi …”

“Messaggio ricevuto, non ne vuoi più sapere di me” – disse tra lo scherzoso ed il convinto.

“Affatto. Semmai ci tengo alla nostra amicizia Owen e pensavo di essere stato chiaro …” – replicò accendendosi una sigaretta.

“Più di così Chris … D’accordo, magari fatti sentire … Sai che per te ci sono sempre”

“Lo farò … promesso. Ciao, ora devo andare, sono in ritardo … Un bacio”

Rice riattaccò sbuffando.

Chris controllò l’ora: si era davvero collassato, guardando film sino all’alba.
Erano quasi le dieci e trenta ed all’una doveva essere sul set.

Si ricordò all’improvviso di un ulteriore impegno, che, puntuale, si presentò alla porta.

Indossando solo i boxer si precipitò ad aprire.

“Ivan ciao … scusa non mi ero dimenticato, solo che …”
“Ciao …” – gli sorrise, felice di ritrovarselo davanti in quel modo.

“Dai entra, preparo un caffè …”
“Se vuoi provvedo io, mentre ti fai una doccia Christopher” – propose gentile.

“Ok … ok, torno immediatamente, così parliamo”

Ivan annuì, recuperando la caffettiera dallo scolapiatti.

Gli piaceva quel loft, era silenzioso e pieno di luce.
Sarebbe stato bello viverci e moriva dalla curiosità di sapere come mai il leader dei Red Close lo avesse convocato a sorpresa, dopo giorni di silenzio assoluto.

Stava per scoprirlo e l’impazienza sembrava divorarlo.


Pana cambiò il pannolino ad Alexander, coadiuvato da Lula.

Downey li spiò per qualche istante, poi soldino reclamò la sua presenza nella nursery improvvisata in mansarda.

“Zio Rob vieni! Lo sai che Pana ha quattro fratelli e … cinque sorelle? No, il contrario … ops” – e rise contagioso.

“Salve … mi passa il talco signor Downey?”
“Chiamami Robert …” – disse mesto, porgendogli il flacone profumato.

Lula li stava osservando, curioso e vivace.

“Ok Robert … Ora pensiamo a Sebastian … Come sono belli, vero?”
“Stupendi …” – mormorò emozionato.

“Come il mio papà!” – esclamò Lula – “E zia Pam!”

Gli adulti risero.


I gabbiani facevano da spettatori, al loro incedere verso la caletta, restando immobili sopra gli scogli, tra i quali, una notte lontana, Glam e Jared avevano fatto l’amore.

Erano ovunque, come impressi o cristallizzati in una rimembranza perpetua ed incancellabile.

“Hai scelto degli ottimi baby sitter” – esordì il cantante.

“Daniel e Pana sono stati una sorpresa, del resto pensavo ad ingaggiare un infermiere, ma loro due sono molto più di questo”

Leto lo guardò fermandosi.

“Era mia intenzione accudirti, ma non me lo hai permesso. Forse ho sbagliato il tipo di approccio” – rise nervoso.

“No Jay … Loro lo fanno per lavoro, senza pietismi, anche se sono sensibili … Per te sarei divenuto un peso, molto presto, quindi ti ho risparmiato giorni terribili. Di tutte le cose che ho voluto condividere insieme a te, questa proprio non la meritavi” – e sorridendo gli diede una carezza dalla nuca al mento.

Jared fece un passo indietro.

Geffen ci rimase male.

“Credevo anche di conoscerti, arrivati a questo punto della vita, Glam, invece sei stato capace di stupirmi ancora”

“Ti riferisci a Robert, vero? Ci hai … visti?” – chiese interdetto.

Leto gli diede le spalle, l’aria disperatamente divertita.

“Sei incredibile ed anche in una botte di ferro, non potrei mai rimproverarti nulla, tanto meno a Robert, dopo tutto quello che io ho combinato ai danni di Colin ed anche ai tuoi, ammettiamolo!” – ed allargò le braccia, come ad accogliere il vento, che gli stava spettinando i lunghi capelli.
Geffen lo attirò a sé, con una mossa repentina e decisa.
Jared chiuse gli occhi, sentendo il calore ed il profumo di quell’uomo, che non riusciva a smettere di amare.

Il busto di Glam, incollato al dorso di Jared, le ali dell’uomo a cinturare quell’insieme di carne, ossa e pelle, esile, ma modellato da esperienze, che pochi avrebbero superato indenni, com’era accaduto all’artista.


“Falla finita Jay … Perché non serve, non guarirò, non torneremo indietro, non usciremo da questo tunnel, non questo giro” – e la sua voce si spezzò.

“Glam …”
“Sei tutto ciò che amo, anche oggi, anche in questo preciso momento, sei stato il primo e nessuno potrà sostituirti, anche se Robert riesce a completarmi, a farmi sentire migliore e non posso scusarmi per”
“La vostra ultima volta?” – lo interruppe brusco, voltandosi per fissarlo, come se lo inchiodasse a chissà quale, gravosa, responsabilità.

Geffen aggrottò la fronte spaziosa – “Sarebbe stato più semplice prenderci in giro, Jared, barricandoci nella casa, che avevo comprato per te, per me, Lula ed Isotta, vero? E garantirti un’agonia peggiore di quella che mi avrebbe consumato, giorno dopo giorno, ma avresti sopportato tutto, pur di alimentare la nostra illusione … Tu ne sei capace, non ho dubbi, ma è come un quadro caduto in terra, il vetro è andato in frantumi, la foto di noi quattro si è rigata e non sarà più come prima … E quel prima non è mai esistito davvero: la beffa della mia intera esistenza … Non raccoglierò i cocci, le mie mani sono già piene di tagli e non smetteranno di sanguinare … Non possono” – e lo strinse, senza più dire niente.









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