lunedì 4 novembre 2013

ZEN - CAPITOLO N. 207

Capitolo n. 207 – zen


Ivan non lo aveva mai fatto.

Baciarlo così, ad occhi aperti, mentre gli viveva dentro, come un ruggito, spezzato a metà.

Chris riprese fiato, per gli spasmi ancora troppo intensi, ma non senza cogliere un dettaglio, che gli provocò una certa inquietudine.

“Perché non hai goduto …?” – balbettò ansimante, spostandosi di lato, come faceva sempre, per cercare una sigaretta sopra al comodino, anche se in quell’attimo sembrò esitare, sentendosi osservato.

“Non importa …” – e lo strinse forte, avendolo ancora a portata di braccia, di quelle ali così robuste, all’apparenza invincibili, mentre il suo respiro si faceva fragile, nelle iridi di Christopher, dove andava a riflettersi anche la sua di angoscia.

“Lascialo”

Il cantante tremò.

“Non … No, non posso, abbiamo una figlia …”

Si sentì perduto, anche se la risposta nacque spontanea, ma solo dal suo cervello.

Dopo, non dissero più nulla.


Louis lo aveva vegliato sino all’ora di pranzo.

Alle funivie, quando lo aveva stretto di nuovo a sé, non sapeva se piangere o ridere per la gioia di vederlo in buone condizioni, nonostante avesse corso un pericolo non indifferente: Harry gli spiegò l’accaduto, lodando Vincent, che mai aveva smesso di guardare entrambi.

Un qualcosa che infastidì un po’ Lou, sempre al centro dell’attenzione di quell’uomo così generoso e paterno.

Mentre avvolgeva Haz, le sue dita della mano sinistra si intrecciavano a quelle di Lux, con gratitudine.

Scott diede un lieve sedativo ad Harry, dopo averlo visitato.
Doveva rilassarsi, nulla di più.

Era tenero nelle sue espressioni arruffate, mentre stritolava il cuscino, non trovando più Boo allacciato a sé: non si era svegliato, ma gli mancava e le sopracciglia si corrucciavano, così le labbra morbide, dove il fidanzato avrebbe sparso miriadi di baci, il prima possibile.

Bussarono piano.

Louis chiuse le ante scorrevoli della zona notte ed attraversò il salottino della suite in punta di piedi, per andare ad aprire.

“Vincent … Ciao entra, Haz è in letargo” – lo salutò, con uno di quei sorrisi da fermare il tempo, colorandolo di gioia.

Lux lo abbracciò, con tenerezza – “Come stai mon petit?” – gli sussurrò, quasi lo avesse trascurato.

Louis per un soffio non si mise a piangere, sovraccaricato di troppe emozioni – “Ora bene … Sì … e lo sai” – replicò pulito, aggrappandosi a lui.

Lux gli diede un bacio sulla tempia destra, incastrando i loro volti arrossati – “Ti voglio bene cucciolo … Ora vado da Glam …”
“A fare cosa?”
“Mangiamo insieme …” – e sciolse il loro vincolo, senza fretta.

“Ok … vi raggiungiamo per il dolce: per il resto ho ordinato qui, in camera …”
“Hai fatto bene mon petit … Non saltate i pasti, mi raccomando” – ancora una carezza, ancora uno dei suoi sorrisi adoranti, poi se ne andò, come faceva ormai puntuale.

Inesorabile.


Boydon dava le spalle alla soglia, seduto rigido in poltrona, davanti alle vetrate della camera del compagno.

Appena varcata, Chris perse un battito, lasciando socchiusa la porta.

“Ciao …”

C’era stupore nel suo tono ed imbarazzo.

Steven si sollevò lento, girandosi a fissarlo.

“Dove sei stato? E dov’è soprattutto la bambina?”

“Clarissa è con gli altri …” – spiegò avvicinandosi, ma con una cautela, che condannava quell’accoglienza al peggiore degli sviluppi.

Steven strinse i pugni, come se volesse reprimere un lungo discorso, che si portava nella testa da tempo, corroso nell’animo dal sospetto.

“Non hai risposto alla prima domanda, Christopher” – insistette, severo.

“Ero … ero in giro ...”
“Con chi esattamente?”

“Che ti importa??!” – esplose.


Pamela rise, aggiustandosi il poncho.

“Madre de Dios … sto diventando una balena!”
“Naaa!” – rise anche Lula, passandole la cuffia.

“Ehi nino, come sta tuo padre?” – chiese dolce.
“Insomma … dorme poco” – soldino storse la bocca, grattandosi i riccioli, mentre rimaneva seduto sopra al divano.

Pam scosse la testa – “Sai, mi chiedevo …”
“Cosa?” – chiese curioso.

“Tu sei così speciale … Non potresti risolvere questa situazione?”
“Faccio il possibile zia Pam, però … Non è semplice” – replicò mesto.

“Soffrirà molto, vero …?”
“Sì”

I carboni di Lula divennero più scuri e profondi, innescando un’ansia inevitabile nella donna, che si sfiorò la pancia prominente, sentendo i gemelli muoversi.

L’ambiente, un istante prima piuttosto luminoso, divenne grigio.

Si girò verso le finestre, accorgendosi che stava nevicando, il cielo plumbeo all’improvviso, gli alberi agitati dal vento.

“Lula …” – e si voltò di colpo verso di lui, ma era sparito.

Un raggio di luce sembrò scaldarle la schiena: la giornata era limpida e lei ebbe la certezza di non essersi immaginata nulla, anche se aveva come la sensazione di avere fatto solo un brutto sogno.


Il soffitto tremava e la stoffa del cuscino, gli era rimasta appiccicata alla nuca.

“Lula …”

Fu quasi un rantolo.

“Sono qui papà!”

Il suo sorriso riusciva ancora a dargli sollievo.

Geffen si sollevò a fatica – “Miseria non ho sentito il telefono … avevo messo”
“Devi fare qualcosa?” – chiese passandogli un asciugamano.

“Vedere zio Vincent, amore …” – gli sorrise, tamponandosi il petto sotto il pigiama marcio.

“Prima devi incontrare zio Jay!” – esclamò, precipitandosi ad accogliere il leader dei Mars, ancora prima che suonasse il campanello.

“Lula ciao …”
“Ciao, vieni, papi ha bisogno di te!” – ed afferrandolo per un polso, trascinò Jared da Glam, che quasi si vergognò per lo stato, in cui si presentava alla persona, che amava di più al mondo, dopo il figlio adottato ad Haiti.

“Ehi tutto bene?” – domandò preoccupato.

“Ciao Jared … devo essermi fatto la doccia, senza neppure alzarmi dal letto” – tentò di essere spiritoso, ma le stilettate alla schiena lo stavano tormentando di nuovo.

“Vuoi che chiami Preston? O Scott?”
“No … rimani qui, basti tu … e l’antidolorifico”


“Se solo ti degnassi di interessarti a quello che faccio, per me, per noi!!”

La voce di Christopher si avvertiva sino in fondo al corridoio: non c’erano barriere tra ciò che stava succedendo con Steven ed il mondo esterno, abitato dagli sguardi di Jude e Robert in transito, da soli, verso gli ascensori, che non avrebbero preso.

Restavano immobili, Downey attonito davanti a quella furia, che stava prendendo forma e parole, in rivelazioni inattese.

“Io vivo per te, per voi Chris!”
“NO! Tu vivi per accumulare successi nel tuo stramaledetto lavoro, per collezionare specializzazioni, perché devi essere sempre il più bravo, per la tua famiglia, le tue sorelle, tutte quelle persone che non mi hanno mai accettato, MAI STEVEN!!”

Il medico si prese la testa tra le mani – “Cosa stai dicendo … COSA CAZZO TI STAI INVENTANDO CHRIS PER GIUSTIFICARE LA TUA RELAZIONE CON QUELL’IDIOTA SENZA CERVELLO!!??”

“IVAN E’ UN’OTTIMA PERSONA!!”

Era vero, scopavano, ma quell’uomo venuto dal freddo, con le mani grandi, con i sorrisi sempre a metà, per non disturbare, lo faceva stare bene anche con un semplice sorriso, con una carezza, prima di salutarlo.

Chris si comportava sempre male con lui, faceva quasi il superiore, perché non poteva permettersi altro.

Se solo i suoi “suoceri” avessero saputo una cosa del genere, lo avrebbero distrutto più che con i loro silenzi.

Lo avevano guardato spesso come un alieno: troppo bello, quasi finto, accanto al loro Steven, all’orgoglio personificato di quel nucleo, dove Clarissa era la figlia del diagnosta e non di entrambi, perdonandogli persino di essere gay.

Che gente di merda, pensò anche in quel preciso frangente il leader dei Red Close ed avrebbe voluto vomitargliela addosso quell’amara considerazione.

Lo fece.

Boydon, in risposta, gli diede un ceffone, così devastante, da fare intervenire Robert, trattenuto ormai a stento da Law, che vide con la coda dell’occhio arrivare anche Ivan.

“NON TOCCARLO, LASCIALO STARE!!” – gli urlò l’attore, strattonandolo.

Le iridi di Steven non erano concentrate su di lui, bensì su di un’ombra massiccia, che sembrò inghiottire Downey, spostandolo da parte.

Boydon era ben piazzato ed incavolato quanto bastava per affrontare quell’ammasso di muscoli senza cervello.

Il cuore di Ivan, in compenso stava per esplodere, come il suo livore.

“Io ti ammazzo se lo tocchi di nuovo” – disse freddo, immobile.

“No … No, sono io che ammazzerò te se lo sfiorerai ancora, pezzo di stronzo che non sei altro” – e gli sferrò un pugno.
Inutilmente.

Ivan lo schivò con un guizzo, poi catturò i polsi di Steven, pronto a frantumarli, se solo gli occhi di Christopher, non lo stessero implorando di non farlo, perché Boydon serviva tutto intero ai pazienti che salvava quotidianamente.


Lo spinse così contro la parete, raccogliendo Chris ancora piegato sopra al tappeto.

Law era cristallizzato dal lato opposto, mentre Robert non riusciva a smettere di guardare Christopher, incapace comunque di confortarlo, perché frenato da ciò che l’inglese stava di certo pensando.


“Andiamo via” – disse perentorio, ma il giovane si divincolò, non senza irruenza e disperazione.

“Lasciatemi in pace … fatelo, una buona volta … tutti.” – e fuggì.


“Mi sento meglio”
Geffen sbuffò, tornando in poltrona.

“Mangi qualcosa?”
“No Jay, voi andate pure, io aspetto qui Vincent, poi ve lo mando” – replicò stanco, rannicchiandosi meglio sotto la coperta “come un vecchietto …” – aggiunse a tono basso.

Leto sorrise, aggiustandogli quella coltre.
Glam gli diede una carezza tra i capelli lunghi e sciolti.

“In fondo Jared …”
“Cosa …?”

“In fondo non chiedevo molto …”
“Sì …?” – vibrò.

L’avvocato sembrava parlare a qualcuno di immaginario, neppure a lui direttamente.

“Tornare a casa, prendere sul petto i nostri figli … e tu accovacciato accanto alle mie gambe, come ora, così che potessi sfiorare i tuoi pensieri, con … con le mie mani, mentre raccontavi la tua rocambolesca giornata di artista … facendoci divertire e sognare … sognare tanto …”

Geffen chiuse le palpebre, senza smettere di sfiorare le ciocche di Jared, ormai sparse sulle sue ginocchia malate, come il resto.

“Glam …”
“E non avresti mai pianto … come ora amore …” – sussurrò triste e più doloroso di quelle odiose fitte alle ossa.

“Io ti amo Glam …”

“Lo so …” – sorrise – “Ce lo saremmo ripetuti prima di dormire ed ad ogni alba, ad ogni pianto di mezzanotte, quando avremmo deciso a chi toccava cambiare la nostra Isy o preparare del latte per il nostro Lula … o magari … per altri, per ogni angelo avesse abitato la nostra casa … come suona bene, nostra, nostro, nostri …” e si assopì, mentre Jared singhiozzava, tappandosi la bocca per non infrangere quel silenzio improvviso tra di loro, quel freddo, che sembrava non dovesse più finire.







Gerard Butler, il nostro STEVEN BOYDON, da sempre gay friendly, in questa immagine dà un bacio di "protesta" per sensibilizzare l'opinione pubblica verso i diritti LGBT 

Nessun commento:

Posta un commento