sabato 23 novembre 2013

ZEN - CAPITOLO N. 218

Capitolo n. 218 – zen



Jared si affossò nella poltroncina davanti la scrivania, sulla quale aveva aperto il pc, per scaricare la posta elettronica.

Colin entrò nella loro camera, senza fare rumore.

“Tesoro come stai?” – chiese con una sorta di circospezione.
Mai come in quell’istante aveva il timore di perderlo.

Era una situazione assurda, aveva ragione Jude, così come il gravitare intorno al destino di Geffen, schiacciati dalla sua condanna a morte, così prematura e crudele.

“Ehi … sono un po’ stanco … e demotivato” – rispose tendendogli la mano, dopo a avere roteato la seggiola nella direzione del marito, che si avvicinò, come rincuorato dal suo sorriso.

Farrell, però, scorse un arrossamento sul collo esile di Jared, che inarcò un sopracciglio, vedendogli mutare espressione.

“Che succede Cole?”
“Niente … No, niente” – e si bloccò, traendo conclusioni sbagliate.

Isotta aveva semplicemente giocato con una bambola, urtando la pelle delicatissima del padre, che si era pure lamentato, senza comunque rimproverarla.

Leto si massaggiò il punto incriminato, ridendo nervoso – “Cosa credi, che sia andato da Glam per scopare e prendermi gioco di te, Colin?!” – sbottò esagerato, quanto l’atteggiamento del compagno.

“No, io non credo più a niente, da quando ci è capitata questa disgrazia Jay” – ribattè asciutto, restandosene impalato, quando invece Jared sperava in un abbraccio.

Detestavano entrambi quella tensione, quel rimanere sospesi ed impotenti, ma, soprattutto fragili al pensiero di dipendere così tanto da Glam, dalla sua presenza, senza la quale, forse, la loro coppia si sarebbe disgregata senza appello.

Geffen rappresentava un collante.
Assurdo, ma autentico nel suo decidere per le sorti altrui, sacrificando la propria felicità, per la quale, in maniera dissennata, Farrell voleva fare qualcosa in extremis.

Era tardi per tutto.


“Colin non voglio litigare”
“Nessuno lo vuole, ma finiamo sempre per farlo quando si tratta di lui”

“Forse dovevi andarci tu, da Glam! Forse era quello che volevi, che non hai il coraggio di ammettere! Ed io sto impazzendo, perché LUI ha reagito con fastidio, mentre TU, ora, ti stai pentendo per avermi spinto ad assisterlo, ad essere presente, come se ci facessi un favore!” – inveii, perdendo il controllo, sentendo estranea la propria voce, che sputava sentenze velenose ed inopportune.

Farrell lo artigliò per le spalle, scuotendolo veemente – “Dove vuoi andare a parare con questo discorso del cazzo!!? Potrei saperlo??!”



Il profilo di Louis, stagliato contro l’oceano increspato dal sole, fece perdere un battito ad Harry, che lo raggiunse per quell’appuntamento fuori programma.

Avrebbero dovuto pranzare a casa, prima di recarsi al locale di Brent, in prospettiva della serata inaugurale, già tutta esaurita nelle prenotazioni.

“Ehi … ciao Boo, tutto bene?”

Lo avvolse, sedendosi sulla panchina, per poi dargli un bacio intenso, senza curarsi del mondo circostante.

C’era un’aria di festa, con tante persone innamorate per strada, a tenersi per mano, consumando zucchero filato e pop corn, mentre dei saltimbanchi divertivano i nugoli di bimbi, a spasso sul lungo mare, con i genitori altrettanto spensierati.


Lo sguardo di Louis era commosso ed imbarazzato.

“Harry senti … Non so da dove cominciare”
“Dal principio” – rise poco disinvolto.

“Già … Avrei voluto realizzare i tuoi sogni, vederti sereno, senza più preoccuparsi di come riempire il frigorifero o pagare l’affitto …”
“L’hai fatto Boo, anche se spero di avere partecipato anch’io a questo … successo” – provò a scherzare.

“E’ l’aspetto materiale, quello meno importante, ma per me contava più di qualsiasi altro fattore, era un’ossessione, sai?”
“Certo, ne abbiamo parlato spesso …”
“Diciamo anche discusso, per i miei metodi poco ortodossi, Harry” – rise impacciato.

“Dio, non torniamo sui certe questioni Boo, è acqua passata, non credi?” – bissò fermo.

“No è … è ciò che sono io, che ero almeno … Ciò che sono diventato per colpa di mio padre, non ci sono alternative, non possono esserci, perché altrimenti mi detesterei … Usare il mio corpo, per ottenere quanto indispensabile a sopravvivere e poi … poi sporcare la mia vita, la nostra vita, per raggiungere un traguardo negli studi, sfruttando scorciatoie di ogni tipo, non mi fa onore” – affermò serio, scrutando l’orizzonte.


“Hai fatto ciò che credevi giusto Louis, hai preso delle decisioni, probabilmente avventate e rischiose, ma poi, alla fine … tu hai scelto me … hai scelto noi” – e gli accarezzò le guance arrossate.

“Sì … e la mia intenzione di sposarti era sincera … Solo che poi … Quella lettera … Ho cominciato a riflettere, a soppesare le mie reazioni … Sono in guerra con me stesso, con l’odio ed il rancore, che mio padre ha fatto germogliare in me, rifiutandomi, vomitando le sue verità, il suo disprezzo ...”

“Volevi il matrimonio per prenderti una rivincita su di lui? Per dimostrargli qualcosa, di cui, invece, non sei affatto persuaso?”

“Non arrabbiarti Haz …” – mormorò, tamponandosi il viso sfigurato da un dolore crescente.

Avrebbero dovuto essere leggeri, come le bolle di sapone sparate ovunque dai giocolieri, erano giovani, avevano tutta una vita davanti, che adesso, appariva ad entrambi colma di ostacoli e di cose non dette.

“Io non mi sto arrabbiando! Cerco solo di capirti Louis! Di decifrare i tuoi enigmi!” – e senza neppure rendersene conto, Harry si stava tormentando la vera del loro fidanzamento.

Louis se ne accorse.

“Ti amo Haz …” – respirò a fatica, afferrandogli i polsi.
“Allora cosa sta succedendo Lou?? Non è neppure per le nozze, sai cosa mi frega di andare davanti ad un pastore, che legittima la nostra unione!” – esplose livido, gli occhi pieni di lacrime.

Gli importava da impazzire.


Jared schiuse le labbra, in un moto di stupore.
Di senso dell’inconcepibile.

E dell’inaccettabile.

Equivoci non ce ne potevano essere: i loro corpi, intrecciati e madidi, le espressioni appagate e felici, anche se stavano dormendo profondamente, ogni dettaglio trasudava amore, appartenenza, intesa.

Robert e Glam, apparvero a Leto come un quadro di Caravaggio, tra le lenzuola porpora, i soprammobili a contorno rossi e viola, gli sprazzi di oro, rimandati dalla luce, che andava ad infrangersi su ripiani e quadri preziosi, in un insieme statico e perfetto.

Così perfetto da fargli male ad ogni centimetro di pelle, di nervo, scoperto da quella brutale scoperta, come se fosse una lama, con cui un essere invisibile stava infierendo sulle sue carni, ma mai quanto sulla sua anima, esposta ad un ludibrio impietoso.

Il leader dei Mars fece un passo indietro, poi uno successivo, finché raggiunse la scala, che percorse senza neppure rendersene conto, ritrovandosi sull’auto, dove si barricò, scalciando ed imprecando.

Era fuggito da Colin, per andare da Glam e qui era stato come cacciato dal regno.

Senza patria, senza dimora alcuna, per la sua piccola, inutile vita.

Aveva girato e rigirato intorno a sbagli, ad addii e ritorni, rimescolato nei sensi e soppiantato dall’inquietudine, che nessuna droga e nessun legame, erano stati in grado di sedare e sconfiggere.

Il suo baratro camminava con lui, non lo abbandonava mai.

Forse gli era più fedele di chiunque uomo, Jared avesse amato.

Una constatazione tanto sconsolata, quanto nitida.


Rice passò a prenderlo puntuale.
Christopher aveva accettato il suo passaggio al Dark blue con un entusiasmo pacato, ma anche sereno.

“Ehi splendore …”
“Ciao Owen, come stai?” – lo salutò, abbracciandolo appena salito sull’ultimo modello sportivo di Rolls-Royce acquistato dal gallerista.

“In forma, ma tu non sei da meno … Allora andiamo? Non mi aspettavo di ricevere l’invito: un San Valentino fuori programma direi …”
“Già, peraltro credevo avessi una fidanzata …”

“E’ incinta, utero in affitto, non crederai mica che io mi sia innamorato di una donna?” – rise un po’ cinico.

“Diventerai papà, Owen?!”
“Julie voleva una sorellina ed io l’ho accontentata”

“E Shan, che ne pensa?” – chiese perplesso.
“Non lo sa … Glielo dico stasera, ammesso che ci sia”
“Credo di sì, Tomo me l’ha confermato”

Rice aggrottò la fronte – “Lo frequenti di nuovo …?”
“Solo amici, come tu ed io, intesi bell’uomo?” – rise.
“Intesi, intesi … Anche se faticherò un minimo” – ed ammiccando, arrivò nel parcheggio del ristorante di Brent e Louis.

Contemporaneamente ad Ivan, che appena li notò, sembrò gelarsi.

Christopher gli fece un cenno, ma il body guard non gli diede retta, dirigendosi spedito verso l’ingresso.
Amos non si era aggregato, per quanto detestava la ricorrenza in sé.

Ivan non aveva voglia di ammuffire davanti alla solita partita di basket, che il socio preferiva a qualsiasi altro svago, da quando erano a Los Angeles; certo era scontato ritrovarsi davanti l’ex di Steven, ma scoprirlo in coppia con il miliardario, che un tempo Chris doveva pure sposare, fu la prima doccia fredda della serata.


Jude passò a prendere Colin.

“E Rob?”
“E Jared?” – gli fece una smorfia l’inglese.

“Ok, lasciamo perdere, muoviamoci dai …”
“Siamo già incazzati irish buddy?” – domandò avviando il suv, dopo avere lasciato le bimbe alle cure dei Wong.

“Tu cosa dici? Jared è passato da casa ed abbiamo discusso … Senza risolvere un tubo”
“E cosa c’era da risolvere, accidenti?”

“Le mie insicurezze Jude, mescolate al suo disappunto per come Geffen ha accolto la nostra brillante idea!” – spiegò contratto.

“Nessun ponte d’oro od altarino votivo a Jared?” – rise sguaiato.
Il suo alito non mentiva.

“Cazzo Jude, ma hai bevuto??”
“Nulla che non possa reggere, Cole!” – gli sussurrò alticcio.

“Fermati! Non voglio avere guai, né scandali! C’è un sacco di polizia in giro!”
“Ok … Non sono ubriaco … ci vuole ben altro”

“Lo so che sei un osso duro, che reggi litri di alcolici, ma dobbiamo mettere un freno a questo stillicidio!”

“Ok … chiama un taxi intanto … Io provo a telefonare a Robert … Non so nemmeno dove sia …”
“Ma dai i numeri?? Come non sai dov’è??!”



Lux sventagliò i dvd sul tavolino del soggiorno, sbuffando indeciso su cosa scegliere.

“Romantico … no … film di fantascienza? Mmmm mai uoi” – sospirò annoiato.

Il campanello lo fece sobbalzare: non aspettava nessuno.

Tranne Harry.

“Ciao Vincent … è un brutto momento? Sei solo o …?”
“Cosa ci fai tu qui? Stasera poi …” – gli sorrise, lasciandolo avanzare, le mani in tasca del soprabito scuro, elegantissimo, come ogni cosa del giovane.

“Devo parlarti …”
“D’accordo … Bevi qualcosa? Hai mangiato?”

Haz sorrise, per l’innato senso paterno, che il francese dimostrava ad ogni occasione.

Era chiaro come mai Louis lo adorasse.

“Sono a digiuno ed a secco … Magari una tonica, grazie”

“Eccola … Bièn, di che si tratta?”

“Di ciò che più conta, per me, da quando sono al mondo Vincent … E tu sai di chi sto parlando … Giusto?”









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