giovedì 27 settembre 2012

SUNRISE - CAPITOLO N. 204



Capitolo n. 204  -  sunrise


Jared sembrava accarezzare i tasti del pianoforte, durante la registrazione di un inedito, all’interno dello studio creato nel loft di Malibu, dove si era riunito con Shannon, Tomo, Chris e Kevin.
Jimmy monitorava il loro lavoro, supportato da una parte storica dello staff dei Mars, concentrati su quella melodia struggente.
Leto rimase ad occhi chiusi per quasi tutta la durata del pezzo, contraendosi verso la fine, sul ritornello “… you are killing my heart … killing my heart”
Tutti pensarono a Geffen, con il quale né lui e né Kevin avevano ripreso ancora un contatto di presenza.
Jared aveva inviato sms ed e-mail, ma soltanto ad una l’avvocato rispose con un laconico – “Prendi un appuntamento con Flora: quando torno devo parlarti di una questione importante, grazie”
Un saluto frettoloso, senza sfumature affettuose, neppure latenti.

“So che si sente con Robert …” – disse timidamente Chris, come se stesse tradendo la fiducia del suo padre in affitto, come lo chiamava scherzosamente il leader dei Red Close, da poco ricostituitisi per l’occasione.
“Cosa sai di loro?” – chiese brusco Jared, da subito sedato nei propri ardori fuori luogo da Shan, che lo stava coccolando dal suo arrivo.
“Niente … accidenti calmati, lo sai che Robert e Glam sono molto uniti, però la loro relazione si è interrotta sul nascere in pratica, per il bene di Camilla … e di Jude, dopo l’incidente, mi pare ovvio” – replicò con fermezza.
“Scusami Chris …”
“Ok … Ok, ma che cavolo Jared, prova a parlare con Geffen e risolvete le vostre divergenze” – aggiunse più calmo.
“Fai bene a chiamarlo Geffen, dovremo farlo anche noi d’ora in poi, visto che a me ha chiesto di non usare più la parola daddy, sapete?”
Jared si rannicchiò tra le braccia del fratello, tenendosi vicino anche Tomo, che non aveva mai smesso di confortarlo ed incoraggiarlo nell’incisione dei brani, per il nuovo album.
Lui si sentiva a casa, in quel tepore familiare, fatto di risate e piccoli scherzi, nonostante il suo volto fosse pervaso, quanto la sua voce, di una tristezza, che solo una persona avrebbe potuto dissolvere.


Jude vinse l’ennesimo solitario al computer.
Camilla dormiva sul divano, accanto a lui, mentre Robert preparava il pranzo.
Il suo cellulare squillò e, con fare tranquillo, l’americano si trasferì in terrazza, sorridendo.
Law pensò fosse Glam e non sbagliava.
Quando Downey rientrò, lui, comunque,  non gli chiese nulla.
Per poco.

Camilla fece i capricci a tavola, ma poi Robert, con i suoi stratagemmi esilaranti, riuscì a farle mangiare il necessario, per affrontare il pomeriggio alla End House con i cuginetti.
“Ti adoro Rob”
“Tesoro …” – gli sorrise, perdendo un battito.
Combattere con i sensi di colpa, stemperati dal desiderio di rivalsa su di un’esistenza fatta di devozione e fedeltà assolute, spesso non riconosciute, provocava nell’attore sentimenti contrastanti.
Voleva sviscerarli con Glam, però erano gli occhi di Jude, che lo stavano esplorando adesso e quel confronto non poteva essere rimandato oltre.

“So che pensi a lui … che ti manca” – gli disse Law, fissandolo, senza alcun livore.
Downey inspirò, accomodandosi davanti al marito.
“Con Glam ho condiviso un periodo delicato e lui mi ha dimostrato rispetto Jude, anche per te, ma specialmente per la nostra Camilla”
“So che sa essere un buon amico, una persona di cui fidarsi: chi meglio di me può dirlo? Gli chiesi di custodire un segreto gravissimo”
“Non ti ho mai chiesto come mai scegliesti lui …”
“Forse perché Geffen trasmette sicurezza o forse perché avevo anche bisogno di un medico, come Scott …” – spiegò imbarazzato.
“Ok …” – Downey gli sorrise, dandogli una carezza sulla guancia destra, che Jude colse al volo, baciando il palmo di quella mano calda ed rassicurante.
“Rob sei sempre stato sincero con me ed io non l’ho meritato, quindi non so fino a che punto potremo realmente ricostruire il nostro matrimonio … Rammenti quando ci siamo sposati?” – chiese emozionato.
“Sì Jude … il giorno più bello della mia vita, insieme a quello in cui abbiamo adottato Camilla” – replicò spontaneo e rapito dai ricordi.
Jude aveva questo potere di rimescolargli i sensi, tra passato e presente, dove non dimostrava pretese, non lo tormentava con scenate di gelosia, però non mancava di dimostrare a Downey quanto fosse determinato a riaverlo nei propri giorni al cento per cento.
“Ora riesco a vederla Rob …”
“Cosa …?”
“La luce nei tuoi occhi, quella che accompagnava le nostre scelte, le gioie, gli attimi migliori di una storia, che nessuno dei due pensava potesse finire mai” – affermò netto.
“E non è finita Jude, se noi siamo qui”
“Però è cambiata” – ribatté risentito.
“Credo sia un processo normale Jude, inevitabile, per molte ragioni …”
“Una prevale, sempre, l’innamorarsi di un’altra persona, al di fuori del rapporto … Se è successo, insomma … se, al contrario, fosse una sbandata … Vorrei saperlo” – ed abbassò lo sguardo, in carenza di ossigeno.
Downey gli porse una bibita, affiancandolo – “Non affaticarti Jude …”
“E’ una semplice domanda …” – disse spezzato nel tono.
“Non è stato un colpo di testa. Per entrambi.”
“Quindi vi amate …”
“Jude ascolta … Ho fatto soffrire Glam, anche se lui non ce l’ha con me. Io ho agito, per una volta, anche se in buona fede, con estremo egoismo, portando il nostro rapporto ad un livello superiore, sebbene fossimo già estremamente complici nella nostra amicizia: ho sbagliato.”
“La causa, però, sono io, quindi perché ti dici di essere in torto? Ti ho spinto nel suo letto e da lì ti ho strappato Robert” – disse scrutandolo.
“Non era sesso … Forse tu vorresti fosse solo questo, ma ti mentirei. E’ il suo cuore, il luogo dove tu mi hai spinto e da cui mi hai strappato Jude … E per come Glam è stato generoso con me, ero io che dovevo impedirlo, credimi”


Flora fu come al solito gentile con Jared.
“Il grande capo è di buon umore? Sai mica di cosa si tratta …?” – domandò esitante, mentre sostava nella sala d’aspetto dello studio legale.
“E’ elegante, è già stato in tribunale, ma poi è rientrato presto per il vostro appuntamento, dopo una colazione di lavoro noiosa, così mi ha detto” – bisbigliò sorridente.
Il cicalino li interruppe.
“Fai accomodare, grazie”
“Accidenti è troppo professionale …” – provò a scherzare il leader dei Mars, ma il suo cuore gli stava scoppiando nell’esile cassa toracica.
“In effetti, prego, la strada la conosci …”

C’era un plico di fogli, fascicolati in un cartoncino azzurro, di quelli usati per i contratti.
Spiccava sulla scrivania praticamente vuota da altre pratiche.
Glam era al telefono con un collega e con un cenno fece accomodare Jared.
Con un’occhiata veloce, lui scorse l’indirizzo di Palm Springs, i suoi dati anagrafici, quelli di Geffen e poi la dicitura “… cessione del diritto di usufrutto, con atto di prelazione a favore del signor Jared Joseph Leto …”.
Inarcò un sopracciglio, non accorgendosi nemmeno che Geffen aveva terminato la sua conversazione.
“Buongiorno Jared”
Leto sussultò sulla poltroncina in pelle nera trapuntata.
“Glam … ciao, bentornato” – ed arrise ai suoi occhi gelidi.
Deglutì a vuoto, poi si grattò la nuca.
“Perdonami, ma io non ho molta dimestichezza con questi termini e”
“Te li spiego io” – lo interruppe brusco, esponendo velocemente il motivo di quell’incontro – “Rinuncio al mio diritto di abitare nella villa di Palm Springs con effetto immediato, quindi ne cedo l’usufrutto: per legge devi essere tu il primo compratore di quest’ultimo, senza obblighi, è chiaro. Se rinunci, allora ho facoltà di vendere lo stesso a terzi, senza che tu possa, nonostante abbia la proprietà dell’immobile, contestare gli eventuali nuovi acquirenti. Il prezzo simbolico, per te, è di un dollaro”
Jared non aveva mai smesso di tenere le proprie iridi, ormai tremolanti, sul volto di Geffen, a dire poco granitico.
“A … a Lula ed Isotta piaceva quel posto e”
“Puoi portarci chi vuoi, se firmi dove ci sono le crocette rosse Jared, possibilmente senza frignarci sopra, altrimenti dovrò fare stampare altre copie e non ho tempo da perdere” – e si alzò, prendendo la giacca dall’attaccapanni.
“Sì, ho capito … Dove stai andando?” – domandò smarrito, restando immobile, come paralizzato da quel suo atteggiamento al limite del cinismo e dell’indifferenza più caustica.
“Ho degli appuntamenti, non ti serve la balia per scrivere il tuo nome: quando hai finito passa il plico a Flora. Qui ci sono le chiavi: nel garage grande ho accatastato dei cartoni con la mia roba: verso sera una ditta di mia fiducia passerà a prenderli.”
Jared si sollevò lento.
“Per portarli dove?”
Geffen allargò le braccia – “A te cosa importa? Ora vado.”
“Glam!” – urlò piano alla sua schiena, ma fu inutile.
Geffen era già andato via.
Da un pezzo.

Jared prese il bberry e compose un numero.
“Shan … per favore, ho bisogno di te, sono nell’ufficio di Glam … Puoi accompagnarmi a Palm Springs? Ti prego …”
“Tesoro certo … arrivo immediatamente.”








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