giovedì 20 settembre 2012

SUNRISE - CAPITOLO N. 200



Capitolo n. 200  -  sunrise


La strada scendeva verso una piazzetta, illuminata da fiaccole ed occupata dai tavolini di un ristorante.
Glam controllò il nome della via, ma non corrispondeva alle indicazioni riportate su quel biglietto: alzò lo sguardo e notò un vicolo, lastricato di ciottoli.
“Ah eccoti qui …”
Lo percorse in salita per una trentina di metri, finché un muretto in pietra ne segnò il termine: era arrivato.
Su due colonne spiccavano delle ciotole in cristallo, colme d’acqua, sulla quale galleggiavano candele bianche e ninfee.
Nell’aria un profumo di magnolia vivace, che gli inebriò i sensi.
Il suo cuore cominciò ad agitarsi, ma ormai non poteva o voleva tornare indietro, anche perché esisteva un’unica speranza nel suo animo debilitato da troppi fallimenti.

La tavola era apparecchiata per due, al centro di un giardino, posto su di una terrazza naturale.
“Era la nostra cena … scusami per il ritardo Glam”
Robert aveva accorciato i suoi capelli brizzolati, con un taglio elegante, era rasato, vestito in maniera semplice, con una casacca cenere su comodi pantaloni neri, calzava delle infradito, che lasciavano liberi i suoi bellissimi piedi, così li definiva sempre Glam … il suo Glam.

Sarebbe stato “dopo” e soltanto “dopo”, il momento di pensare alle bugie, che di certo Robert aveva raccontato a Jude, per essere lì, così come “dopo”, Glam gli avrebbe spiegato di come non potesse funzionare, tra loro, in quella maniera.
Diventare dei clandestini, non esisteva, lui voleva amarlo alla luce del sole, in un percorso pulito, Glam voleva sposarlo, voleva dei figli con lui, voleva un mare di cose, ma questo “prima”, quando, inesorabilmente, lui aveva capito che non ci sarebbe mai stato un “dopo”.
Per quanto lo avesse agognato, per quanto potesse combattere, Glam Geffen aveva deposto le armi, piegandosi o meglio onorando le scelte fatte da Robert, perché così doveva essere e non esistevano alternative.

Una carambola di pensieri, che si affacciò alla sua mente, mentre il suo corpo si riuniva a quello di Downey, che avrebbe potuto anche morire di quei baci, che adesso Glam gli stava spargendo ovunque, toccandolo, sentendolo, riappropriandosi di ciò che poteva essere suo.
Robert che gemeva, contro il muro fatto di sassi e calcina, impastati da mani grandi, come quelle di Glam, che lui stava aprendo e baciando, portandosele poi sotto alla camicia, che Geffen quasi strappò, ritrovando il suo busto magro e compatto, dove la sua bocca si nutrì avida di ogni millimetro, di quella pelle ambrata e liscia.
Robert era così giovane, così attento e l’unica spina, che per un paio di secondi tormentò dispettosa la vanità di Geffen, fu il dedurre che l’attore aveva fatto tanti sacrifici per Jude e non per lui.

Glam lo sollevò, spostandosi all’interno di quel cottage, fatto di un living e di un soppalco, dove un letto matrimoniale era stato sistemato sotto ad una grande finestra a mezza luna.
Chiuse la porta con un calcio, premendo inavvertitamente un interruttore con il gomito: il lampadario centrale si spense, lasciando l’ambiente in un riverbero violaceo, rimandato da un abat jour, rimasta accesa proprio sul comodino, nella zona notte.
“Glam …”
“Sì … sono qui …” – e lo baciò di nuovo, senza mai averlo lasciato scendere.
Downey era leggero e malleabile, cosi fu semplice lasciarsi avvolgere dalle sue gambe e dalle sue braccia, come se fosse un bambino impaurito.
Lo fu altrettanto spogliarsi completamente, in quel breve tragitto, all’apice del quale, un copriletto dai toni provenzali accolse il loro atterraggio morbido e sorridente.

Quella burrasca di movimenti, sembrò calmarsi, improvvisamente.
Glam gli spostò le ciocche ai lati della fronte spaziosa, baciandola con tenerezza, segnando le sopracciglia di Robert con i pollici, mentre i suoi palmi circondavano il viso dell’attore, tempestato da quei suoi occhi scuri, in cui sembrava essersi disciolta un’infinita amarezza.
Le loro erezioni erano turgide, le gambe di Glam, calde e massicce, eppure tremanti, tra le sue più esili, evocavano un giusto epilogo carnale, ma qualcosa sembrava volerlo rimandare.
Glam desiderava guardarlo, memorizzarlo forse, di certo imprimerlo, in ogni sua espressione – “Io ti amo Robert” – e poi voleva baciarlo nuovamente, senza fermarsi nelle proprie carezze, fino a cercare le sue dita, per intersecarle alle sue, portando entrambe oltre le spalle di Downey, ansante, innamorato quanto lui di quell’intimità unica e meravigliosa tra loro.

La posizione si capovolse con naturalezza: Glam si appoggiò allo schienale imbottito, mentre Robert si mise seduto, puntandosi sulle ginocchia e brandendo il membro dell’altro, con emozione.
Scivolò quanto bastava per poterlo inghiottire, fino in gola, usando solo la propria bocca, per dargli piacere, mentre le sue mani premevano sull’addome di Glam, spasmodicamente reattivo a quell’iniziativa lussuriosa.
“Rob-Robert …” – gli raccoglieva le guance, compiacendosi di come riusciva a riempirle e saziarle.
Sarebbe potuto essere così, per sempre, tra loro.
Glam provò un’angoscia tale, da riuscire a sedarla esclusivamente portando le labbra di Robert alle proprie, per un bacio devastato dalla disperazione.
Lo riportò sotto di sé, spingendosi in lui, calibrando una foga, che non sopportava liberare nel suo amore più grande.
Pensò a Lula, a come definì l’arrivo di Jay Jay, di cosa rappresentasse per sé stesso, a quel punto del cammino.
Jared lo aveva perduto o meglio, non l’aveva ed avrebbe avuto mai.
I suoi occhi, trasposti come in un incantesimo in quelli del figlio appena nato, erano un messaggio quasi soprannaturale.

Robert si appese al suo collo, come intimorito da quello sguardo fisso su di lui, che lo stava possedendo ben oltre l’atto sessuale.
“Glam …”
Nessuna risposta, ma un divenire copioso investì le sue membra, esasperate da un orgasmo perpetuo, dall’istante in cui si erano ricongiunti.
Glam era in ogni sua cellula, in ciò che vedeva od avvertiva, come se le reciproche solitudini avessero raggiunto una destinazione insperata, ma da quel treno Robert era sceso, mentre il suo destino aveva proseguito.
Il suo destino …
Jude lo stava ancora salutando dal marciapiede, nascondendo la commozione nel bavero del cappotto di scena, senza riuscirvi, almeno alla sua vista accorta e compromessa da un sentimento lacerante: quel ricordo lo investì come una saetta, ma adesso lo feriva.

Tornò a baciare Glam e quel male gli sembrò scomparire.


“Il prossimo lo offro io”
Il sorriso di Owen era solare.
Jude strizzò le palpebre, abbagliato da una lampada, sul fondo del pub, oltre l’orecchio destro di Rice, ormai seduto al bancone, accanto a lui.
“Ciao … cosa ci fai tu a Londra?” – chiese svogliato l’attore.
“Ho portato July dai nonni e tu?” – replicò, facendo un cenno al barista di versargli lo stesso drink, che stava bevendo Law.
“Visita mensile ai miei figli …”
“Ah, capisco”
“Devo andare”
“Così presto Jude? Robert ti sta aspettando?”
“No … no, lui è in Francia per quel film che abbiamo girato mesi fa … Per il doppiaggio” – spiegò triste.
“Come vanno le cose?”
“Di merda, grazie” – ed inspirando provò ad alzarsi, ma tutto girava.
“Cazzo …” – masticò, risedendosi con riluttanza.
Owen gli cinse le spalle – “La Francia va parecchio di moda, vedo” – e sorrise.
“Sei uno stronzo Rice …”
“Ma Jude …”
“No, guarda, tu ed io non ci conosciamo abbastanza, ma so perfettamente cosa stai pensando: Geffen è in Provenza e quindi Rob è corso da lui! Ed avrai pure ragione, ma che si fottano, ok??! Tanto lo staranno facendo …” – e passandosi il palmo sinistro sugli occhi, si piegò sulla lastra in marmo, facendo cadere il bicchiere nel lavello sottostante.
Fuori pioveva a dirotto.
“Posso aiutarti …?”
“A fare cosa? Ad aprire gli occhi? A farmene una ragione, eh??!”
“Non alzare la voce Jude … Ti accompagno”
“E dove?! Nel mio alloggio, in quello che ho acquistato con Robert, perché diventasse il nostro spicchio di paradiso??!” – inveii, scoppiando a piangere.
Owen, temendo qualche paparazzata, lo coprì con il soprabito, scortandolo all’uscita di sicurezza.
Diede una lauta mangia al gestore e lo salutò frettolosamente.

“Dai, la mia auto è nel parcheggio … Siamo quasi in salvo Jude” – e rise, sperando che l’altro facesse altrettanto.
“Lasciami in pace … chiamo un taxi”
“Ma figurati, ci mettiamo un niente ad arrivare, ora calmati accidenti …”


“E’ dai ragazzi, quelli avuti con l’ex moglie Sadie …”
La spiegazione era semplice, così come l’occasione per espletare l’impegno lavorativo – “Per quello mi aspettano a Parigi domani Glam”
Geffen era disteso alle sue spalle, lo custodiva, come il più prezioso dei tesori.
“E Camilla …?”
“E’ con Pamela … Mia figlia adora la tua ex” – e sorrise, tirando su dal naso.
Quindi si girò, per guardarlo, mentre gli parlava.
“Forse con lei, con Cami intendo, funzionerebbe se noi …” – accennò, tremandogli sul petto.
Glam lo strinse – “Vorrei poterlo credere Rob, almeno quanto lo vorresti tu”
“Con Jude io non riesco a”
Geffen quasi gli impose il proprio sguardo, seppure esprimesse la massima dolcezza.
“Non c’è un minuto, durante le mie giornate e le mie notti Robert, in cui non penso a cosa potesse essere di noi … Di quello che saremmo riusciti a costruire, in armonia, con i nostri caratteri, con il rispetto, che anteponiamo anche alla migliore simbiosi, che ci ha legati indissolubilmente … Perché io ti amerò ancora, anche se non sarai con me … io non riuscirò più a considerarti un semplice, anche se fantastico amico o confidente … Sarà un lavoro penoso e logorante, imparare a non toccarti, a non baciarti, quando ci ritroveremo ad una festa di famiglia oppure in un qualunque angolo di Los Angeles …”
“Allora fai in modo che non sia così … Rendi possibile l’impossibile … amore” – sembrò una supplica, bagnata dal suo pianto, suffragata dalle sue carezze e dai baci, in cui Downey non si risparmiò.
Glam spense anche l’ultima lampada, rannicchiandosi sotto il lenzuolo con Robert, stringendolo ed avvinghiandosi a lui, come una matassa febbrile, fatta di respiri e parole, densi di malinconia.
Entrambi sapevano che non sarebbe cambiato nulla, ma prima dell’alba avrebbero colto ogni sfumatura di quell’incontro, che, almeno nelle intenzioni di Geffen, non doveva ripetersi.
Mai più.



Nessun commento:

Posta un commento