martedì 18 settembre 2012

SUNRISE - CAPITOLO N. 198

Capitolo n. 198 - sunrise Downey chiuse la blindata, appoggiandosi al pannello serigrafato con la schiena, ancora sudata per la corsa fatta sulla spiaggia, dopo che l’attore aveva parlato con Glam. Abbassò le palpebre, poi le riaprì a fatica. Tutto era in ordine ed un profumo gradevole proveniva dalla cucina. Jude aveva di certo cucinato uno dei suoi piatti preferiti. Peccato che in quel momento, gli desse unicamente la nausea. “La bambina ha già mangiato?” – chiese incolore, palesandosi nella sala. “Rob … Bentornato” Law andò ad abbracciarlo, con un sorriso raggiante. “Ciao … sì, sono qui” – e lo spostò, senza alcuna irruenza. Law deglutì, fissandolo e mantenendo quella gioia, che improvvisamente sentì forzata. “Cami ha cenato sul divano, davanti ai cartoni … spero che” “No, va bene, tranquillo …” – e si diresse al frigo, per prendere una tonica. “Ne vuoi Jude?” “No … grazie” – e scrollando le spalle, scelse un paio di rose bianche da una corbeille, inserendole in un’ampolla di cristallo – “Ho apparecchiato in terrazza … è una serata bellissima …” – disse allontanandosi, con le lacrime agli occhi. Il rumore dei cocci, richiamò l’attenzione di Downey, assorto in altri pensieri, distanti da quel loro amore, che non riusciva a rianimarsi. Era un fantasma, vacuo ed irritante, almeno per Robert. Law stava raccogliendo i frammenti, nervosamente. “Mi dispiace …” “Jude, ti sei tagliato?” – e nel domandarlo, si inginocchiò, per aiutarlo. “No … no, sono altre le mie ferite, ma tu non le vuoi vedere eppure ci sono, sai Rob?” – singhiozzò, rialzandosi veloce, per gettare tutto nella pattumiera. “Ti sembra giusto?” – esclamò secco l’americano. Jude non replicò, dandogli la schiena. “Ti sembra giusto, rispondimi!” – e nell’intimarglielo, Robert gli afferrò un braccio, voltandolo a sé. Jude stava tremando, sconvolto ed arrabbiato. “Tu … tu mi hai cancellato dalla tua vita Robert … Questo non mi sembra giusto, sei soddisfatto?” – sibilò, liberandosi con uno strattone. “Non è semplice perdonarti” “E per cosa, sentiamo??! Per avere nutrito dei sentimenti per Colin? Per avere avuto un debole, un’amicizia intima con lui?? Tu hai fatto altrettanto con Chris e non dirmi che il dettaglio di non averci scopato, ha reso la tua debolezza migliore della mia!! E per inciso nemmeno Colin ed io abbiamo scopato, è chiaro!!??” – gli urlò, incurante del fatto di essere all’esterno. “Insomma devo incassare anche questo insulto e restarmene zitto, eh Jude? Scopare la tua ex, invece, cos’era stato? Ah, aspetta, un gesto caritatevole o cosa cazzo ti eri inventato, per prendermi nuovamente per il culo??!” Jude sgranò le iridi, contornate da capillari arrossati e pulsanti. “Noi … noi avevamo chiarito … ti avevo chiesto scusa pubblicamente …” – ribatté sommesso. “Una tua specialità Jude, lo riconosco!” – ringhiò ormai completamente alterato dai ricordi, che gli pesavano più che mai. “Sputerai su ogni mio gesto Robert? Per farmi espiare la colpa di averti separato da Glam Geffen?? Lo ami a questo punto??!” “Io non voglio parlare di lui, con te Jude” – affermò rigido. “Sei qui per Camilla, quindi, sei qui per non farla soffrire, è evidente, sei qui perché Foster ti ha fatto tornare con la coda tra le gambe, mentre invece avresti preferito infilarci qualcosa di più interessante e farti sbattere da quel fottuto bastardo che ti ha portato via DA ME!!” Downey gli rispose con un ceffone, netto, bruciante, esaustivo più di qualsiasi altra obiezione verbale. Fu talmente irruento, da spostare Jude contro il muro, dove, ansante, l’inglese si appoggiò con i palmi aperti, le falangi come ramificate, le braccia abbandonate lungo il fisico magro ed elegante, nei suoi pantaloni di lino colore sabbia e la camicia aderente bianca, una combinazione scelta con metodo, prima che Downey rientrasse, per piacergli: abbronzato e madido, Law era a dire poco affascinante. Robert non aggiunse altro. Passò dai fornelli, spegnendoli, senza salvare le pietanze, ormai bruciate. Buttò padelle e pentole nel lavello, avviandosi poi verso la camera per gli ospiti. Avrebbe dormito lì. Gli scatti metallici, che fece la chiave girando nella serratura, erano destinati a diventare un suono, a cui Jude avrebbe dovuto abituarsi: se ne convinse immediatamente, prima di crollare sul parquet, raccolto in una posizione fetale, che nessuno era più disposto a proteggere. Glam girovagava per il giardino, alla ricerca di un po’ di calma. Sbirciava il cellulare ogni venti secondi, sperando di ricevere almeno un sms da Robert, dopo avergli inviato un’e-mail, dove raccontava gli sviluppi della sua vacanza, completamente scombussolata da Colin, Jared oltre a quel nutrito esercito di scalmanati. Lui era da sempre lo zio preferito, quello che riusciva a realizzare i sogni più disparati ed anche dopo cena, i cuccioli lo sommersero, aspettando raccontasse loro una favola oppure una delle sue avventure rocambolesche. Jared dormiva spesso, dimenticandosi di mangiare e di indossare i vestiti: con una naturalezza disarmante, girava per casa, magari cercando le scarpe per uscire, quando neppure aveva addosso i boxer. Colin lo rincorreva, provando a rendere comici quegli inconvenienti, ma nei suoi pozzi di pece Glam leggeva un’angoscia crescente. Ed era soltanto il primo giorno. Downey lesse la cronaca delle premesse di quell’estate francese, sorridendo per gli scatti ai furgoni multicolore ed un breve video dell’arrivo alla villa, seguito da una seconda clip sullo stato in cui versavano le camere dei bambini, dopo il loro passaggio. La voce di Glam era calda e gli entrava dentro, attraverso le cuffie, collegate al pc, dove Robert stava leggendo la posta elettronica. “E questa è la mia … tragica situazione Rob” – rise indolente –“Domani si va in spiaggia e faremo un pic nic, ci sono dei bagni attrezzati anche per i gemelli … sono simpaticissimi, sai …?” L’inquadratura si spostò verso uno specchio e finalmente Robert lo vide. “Glam …” Il suono del suo nome, gli giunse ovattato e divorato da un singulto. Downey sfilò leggermente gli auricolari, sfiorando lo schermo con i polpastrelli bagnati dalle proprie lacrime. “Eccomi qui amore … Approfitto di questi dieci minuti per farti un saluto … Non so quanto potrò resistere, prima di esplodere e magari sgridarli tutti …” – ma qualcosa lo interruppe. Una manina spuntò sul bordo della scrivania ed un istante dopo Geffen prese in braccio Isotta. “Papà Glam con chi palli??” “Con … con zio Robert, tesoro …” – e le diede un bacio tra i capelli, con una tenerezza, che emozionò Downey nel profondo. “Ciao tiooo!!” – esordì lei, mandando dei baci buffi e colorati dalla sua risata. “Credevo fossero dieci minuti …” – sospirò l’avvocato. Robert rise – “Ti voglio bene Glam …” – disse istintivo. “Ti voglio bene Robert” – fu casuale, ma perfetta quanto incredibilmente simultanea, la sua replica. Downey compose immediato il numero di Geffen, ma sull’ultima cifra, sentì Camilla reclamarlo, attraverso il baby control. Si precipitò da lei, notando la sagoma di Jude riversa sul letto della loro stanza. La boccetta dei sonniferi era colma di pasticche, quindi non trasse conclusioni drammatiche, pur rendendosi conto che il marito le assumeva regolarmente per riuscire a prendere sonno. “Ho sete papà …” “Sì, ti preparo il latte … torno subito angelo mio” – disse, abbracciandola con dolcezza, facendo sentire a Camilla il calore del suo smisurato affetto. “Grazie papà …” – e gli diede un bacio sulla guancia, ancora umida di pianto. “Tai piangendo …?” “No, no principessa … è un moscerino, come quella volta nel parco, ricordi?” Camilla annuì, arridendo a quella rassicurazione. Downey le sfiorò la testolina con l’ennesimo bacio, per poi sussurrarle – “Ti adoro Cami …” “Un’ora di spinning, un’altra di pesi … Vuoi forse partecipare alle prossime Olimpiadi, Denny?” Lo sguardo sornione di Tomo, sembrava quello di un gatto pigro e rilassato. Il chitarrista se ne stava disteso sul divano, a pancia in giù, abbarbicato ad un cuscino, mentre Denny faticava e sudava a breve distanza da lui. “Non tutti sono magri come chiodi, quanto te, mio bel croato!” – sbottò il giovane, passando al tapis roulant. “Oddio adesso corre pure” – bofonchiò Tomo, stiracchiandosi – “Ok io ho voglia di patatine e birra messicana!” – e ridendo volò verso la penisola, dove la friggitrice era sempre pronta all’uso. “Oh no, ti prego!! Così le mie fatiche sono vane!” – urlò Denny, stringendo i pugni. “Considerala una prova di … resistenza!” – sogghignò l’altro, nell’immergere i bastoncini giallastri nel cestello. “Ok, ok smetto …” – e spense l’attrezzo. “Sì, ma queste ce le mangiamo lo stesso … e poi non dovresti preoccuparti della linea Denny e semmai evita di affaticarti … se lo vogliamo davvero questo bambino” – e lo cinse da dietro, premendogli gli addominali scolpiti. “Questa tua proiezione è … semplicemente assurda!” – e si divincolò, con rabbia. Tomo ci rimase male. “Stavo … stavo solo scherzando Denny …” – disse mortificato. “Io invece su certi argomenti non voglio fare battute, di pessimo gusto per giunta! Come se io potessi concepire e …” Quell’attacco, peraltro esagerato e fuori luogo, gli morì in gola, davanti allo sguardo di Tomo. “Io non scherzavo, quando ti ho chiesto di avere un bambino, Denny” – disse serio, ritrovando la compostezza della propria età, ben superiore a quella del consorte, che si sentì oltremodo spiazzato. “Tomo … ecco …” “Non posso di certo obbligarti, anzi, sarebbe un errore madornale, però il mio era un intento d’amore sincero, tutto qui.” – e se ne andò in terrazza. Denny andò a farsi una doccia, pensando a come quel progetto fosse stato realizzato da Tomo e Shannon, senza di certo avere i problemi, che ora l’uomo stava incontrando con lui. Salì in accappatoio al solarium, trovando Tomo appoggiato alla ringhiera, con una sigaretta, che dalle dita tremanti arrivava alle sue labbra carnose, per un paio di tiri. La spense subito, sapendo quanto il fumo infastidisse Denny. “Devo darti dimostrazione dei miei sentimenti, Tomo?” – gli domandò mesto. “No” – rispose senza girarsi. “Guardami” Tomo lo fece. “Sei tutto ciò che amo, Denny” “Speravo di bastarti” Tomo prese fiato. “Vedendoti con Josh … e non solo con lui … Eri incantevole, come padre intendo” “So cosa intendi, mentre tu sai come è stata la mia infanzia e poi l’adolescenza, il mestiere di padre non è semplice ed io non vorrei fallire o scappare, come hanno fatto in progressione, inesorabilmente, i … fidanzati di mia madre.” “Tu sei mio marito, Denny, hai legittimato la nostra unione, ci hai creduto, altro che fughe” – e gli prese i polsi, con delicatezza. “Noi siamo adulti … so gestire questa metà del cielo” Tomo sorrise – “E non vuoi conoscere cosa c’è oltre le nuvole?” “Se non mi interessasse, verrei cacciato dal regno, dove ogni coppia sembra affannarsi per adottare od avere un figlio ad ogni costo?” “Spero che … spero che il tuo regno, sia il mio cuore … E che le scelte di chi ci circonda non possano inficiare le nostre, Denny. Io voglio stare con te, ti amo così tanto e non permetterò mai a nessuno di crearti un disagio o criticarti, se non vuoi dei figli” “Ma … ma io li voglio … e li voglio insieme a te, ma non mi sento pronto” – il suo tono si incrinò. “Ehi …” – Tomo lo strinse forte, baciandolo senza ulteriori esitazioni. Si addormentarono sotto le stelle, senza più dirsi niente.

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